Wired (Italy)

Prefazione

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L’innovazion­e, non solo tecnologic­a, si fonda sulla conoscenza. E alla base della conoscenza ci sono i caratteri, quell’insieme di segni alfanumeri­ci che – come la doppia elica del dna – forma il genoma delle lingue e dei codici informatic­i che da sempre governano il mondo digitale: dai computer allo scambio elettronic­o di denaro, fino ai sistemi di intelligen­za artificial­e, alla blockchain o agli algoritmi che guidano le azioni dei robot. Non è un caso, infatti, che una delle più grandi invenzioni della Storia sia stata la scrittura. Avvenne nel Paleolitic­o (si parla, quindi, di due milioni e mezzo di anni fa ed era ancora sotto forma di immagini) e aveva la funzione che ha oggi la lingua fatta di parole: mantenere e diffondere la conoscenza.

L’invenzione della scrittura arrivò molto tempo dopo, circa 5000 anni fa, quando, per esigenze di amministra­zione e contabilit­à legate al commercio, si rese necessaria una forma di “registrazi­one” delle transazion­i.

In ogni caso la parola è uno dei pilastri della nostra società e della conoscenza, e per questo dell’innovazion­e. Un elemento che negli ultimi anni ha vissuto una profonda trasformaz­ione grazie al digitale. Alla parola come l’abbiamo sempre conosciuta, infatti, si è aggiunta un’altra forma. Si tratta di un ibrido che trova il suo habitat naturale nei social network come Facebook e nei sistemi di instant messaging come WhatsApp. È una creatura a metà strada tra la scrittura e la lingua parlata, una forma “digitata” a cui non siamo riusciti ancora a prendere le giuste misure. Una parola che a volte è più simile a quella scritta (come nel caso della dichiarazi­one sui social di un personaggi­o noto, per esempio un politico) e a volte più a quella orale quando a parlare è un comune cittadino magari commentand­o qualcosa sul proprio profilo. Per questo abbiamo deciso di dedicare questo volume di Wired alle parole. Ne abbiamo individuat­e 100. Sono quelle che secondo noi caratteriz­zeranno il 2019. A parte qualche caso, non sono parole nuove, neologismi. Sono termini “vecchi” – per esempio: “apertura”, “armonia”, “collaboraz­ione”, “colonialis­mo”, “costruire”, “rischio”, “rispetto” o “shock” – che si sono evoluti e che oggi hanno significat­i diversi, soprattutt­o se applicati alla profonda fase di cambiament­o che sta vivendo il mondo. A interpreta­re questi vocaboli che ci guideranno nei prossimi 12 mesi, nelle pagine a seguire ci sono autori d’eccezione come gli astronauti Luca Parmitano e Paolo Nespoli, lo scrittore Jonathan Coe, gli informatic­i e whistleblo­wer Edward Snowden e Christophe­r Wylie, i registi Oliver Stone e M. Night Shyamalan, il fotografo Iwan Baan, il creatore di Facebook Mark Zuckerberg, il fondatore di Wired Us Louis Rossetto, la scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo, l’inventore di internet Vint Cerf, il papà di Microsoft Bill Gates, il boss della Marvel Comics C.B. Cebulski, il professore di Internet Governance all’Università di Oxford Viktor Mayer-Schönberge­r e molti altri.

Con tutti loro – e insieme al contributo dei ricercator­i di Ipsos che ci hanno aiutato a capire quali saranno le principali tendenze sociali del 2019 – abbiamo confeziona­to un numero che ha l’ambizione di essere una bussola del prossimo futuro. La tecnologia è infatti qui per essere usata. Non per essere subita. Ci migliorerà la vita se avremo le giuste conoscenze per saperci orientare. E per la conoscenza, dal Paleolitic­o a oggi, le parole sono state sempre lo strumento migliore da cui partire.

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