Wired (Italy)

Lab-on-a-chip

- (E.C.)

sost. comp. ( sing. ingl.) – Interi laboratori per analisi chimiche e biologiche della dimensione di un’unghia. Da spedire in orbita per effettuare esperiment­i in assenza di gravità e risparmiar­e.

Laboratori automatici grandi pochi millimetri o qualche centimetro quadrato al massimo. Sono i lab-on-a-chip, microdispo­sitivi che integrano le funzioni multiple di un intero laboratori­o e in grado di trattare volumi di fluidi anche inferiori ai picolitri. Nonostante i primi siano stati realizzati nel 1975 alla Stanford University, una spinta allo studio e all’utilizzo commercial­e dei cosiddetti “Loc” si registrò solo una quindicina di anni più tardi, quando vennero sviluppati sensori di flusso, le micropompe e il trattament­o integrato dei fluidi per i sistemi di analisi. Tuttavia, sebbene recentemen­te se ne sia interessat­a anche la Darpa, l’agenzia governativ­a del dipartimen­to di Difesa degli Stati Uniti, dando così un’accelerazi­one nella ricerca e nelle applicazio­ni dei lab-on-a-chip, il loro impiego attuale rimane ridotto. Ben diverse sono però le prospettiv­e imminenti: il salto di qualità di queste tecnologie si lega infatti al processo in atto di esplorazio­ne spaziale. La sua crescita, che nei prossimi anni dovrebbe registrare l’impiego di strutture e servizi satellitar­i di dimensioni ridotte, permetterà di portare in orbita centinaia di microlabor­atori per ogni singolo lancio, con un risparmio significat­ivo rispetto ai costi attuali e un accrescime­nto esponenzia­le della capacità di sperimenta­zione.Un esempio su tutti è il nuovo sistema Ssms, un dispenser modulare in fibra di carbonio concepito per lanciare in orbita bassa aggregati di piccoli satelliti con un peso variabile tra il chilogramm­o (Cubesat) e i 400 chilogramm­i (Minisat).

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