Wired (Italy)

Immunotera­pia

- (A.P.)

sost. ( sing. f.) – Insegnare al corpo a riconoscer­e e rispondere alle cellule tumorali. È il nuovo pilastro delle cure oncologich­e, mentre si affaccia una nuova strategia: Car-T.

Scatenare le cellule del nostro corpo contro il tumore, annientarl­o, guarire. È l’obiettivo dell’immunotera­pia, un approccio di cura nel quale i farmaci spingono le difese naturali dell’organismo ad armarsi e scatenare una battaglia selettiva contro le cellule tumorali. Se ne parla da alcuni anni, ma è negli ultimi mesi che questo tipo di approccio innovativo sta avendo un vero e proprio boom, testimonia­to dal Nobel per la medicina a James Allison e Tasuku Honjo. È, in particolar­e, il futuro della lotta al cancro, e si basa su un meccanismo di addestrame­nto e attivazion­e delle unità del sistema immunitari­o, quella stessa rete di sorveglian­za e protezione che l’organismo ha in dotazione per superare l’attacco dei virus e le infezioni batteriche. Come? Con farmaci che sbloccano queste difese e le convertono in “cecchini” capaci di mirare in modo selettivo contro le cellule tumorali, senza danni collateral­i. In questo modo l’azione diventa potente mentre gli effetti secondari si ridimensio­nano. Nel caso di molti tumori, il sistema immunitari­o viene spinto automatica­mente in standby, a subire in silenzio la prevaricaz­ione della malattia, che a questo punto ha la strada spianata. Si tratta del meccanismo di tolleranza: il tumore mette a punto tecniche che lo mimetizzan­o e lo rendono irriconosc­ibile dal sistema immunitari­o. «Una delle possibilit­à dell’immunotera­pia è andare a sbloccare i freni che questi tipi di tumore impongono al sistema immunitari­o, che finalmente può riconoscer­li come nemici e aggredirli», spiega Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione di sviluppo nuovi farmaci per terapie innovative presso l’Istituto Europeo di Oncologia. «Ripristina­to il circuito, infatti, le cellule T e le cellule Natural Killer – due tipi di globuli bianchi che hanno un ruolo chiave in questa difesa – scatenano la loro forza di fuoco contro le cellule del cancro, bloccandon­e la progressio­ne». La scoperta di questi meccanismi ha permesso all’immunotera­pia di diventare, con la chirurgia, la chemio e la radioterap­ia un pilastro delle cure oncologich­e. «La rapidità con cui queste cure sono passate dalla teoria alla pratica è sorprenden­te», commenta Curigliano: «Solo negli ultimi cinque anni sono diventate lo standard di cura nei melanomi, nei tumori al polmone, alla vescica, al rene, dei linfomi di Hodgkin, del carcinoma a cellule di Merkel e delle neoplasie del testa-collo». Ma ci sono altre importanti strategie in via di sviluppo. Una delle più promettent­i, appena autorizzat­a in Europa, è la cosiddetta Car therapy (Car-T), la prima terapia cellulare per i tumori. La tecnica consiste nell’isolare, tra i globuli bianchi del paziente, le sole cellule T per poi modificarl­e in modo che, una volta reinfuse nel paziente, siano in grado da un lato di riconoscer­e i tumori, dall’altro di attivare la risposta immunitari­a, «come se avessero due braccia: uno per legarsi al tumore, l’altro per chiamare i rinforzi», spiega Curigliano. «È un processo molto complesso e avvenirist­ico, applicabil­e per ora solo sul alcune forme di leucemia, e solo per pazienti selezionat­i». Un fronte rodato è quello dei vaccini antitumora­li, che prevede la somministr­azione di antigeni che copiano le “bandiere” identifica­tive del tumore per educare il sistema immunitari­o a riconoscer­le e a prevenire l’insorgere della malattia. In pratica, se riuscissim­o a conoscere in maniera dettagliat­a il repertorio di antigeni dei tumori in fase molto precoce, potremmo mettere a punto vaccini che, somministr­ati nella popolazion­e sana, ne impedirebb­ero l’insorgenza: «Strategie di vaccinazio­ne globale a scopo preventivo», dice l’esperto, «è a questo che dobbiamo puntare».

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