Wired (Italy)

Internet 2

- (A.D.)

sost. + num. ( sing. f. ingl.) – Tim Berners-Lee, inventore del “www”, sta lavorando a una nuova piattaform­a, Solid, basata sulla net neutrality, che aiuta gli utenti a gestire i propri dati.

Fare un’altra internet. Questa volta più democratic­a. Per la precisione, rifare il web. A lanciare la sfida è Tim Berners-Lee, colui che nel 1989 propose il suo progetto sulla gestione degli ipertesti, meglio noto come

world wide web. Ovvero internet. Adesso, però, il papà del web è scontento della strada che la rete ha preso: quella che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere uno strumento di libertà e democrazia diffusa si è trasformat­a in un gigantesco centro commercial­e per le distrazion­i social e gli acquisti online, nelle mani di poche megacorpor­azioni che mettono a rischio il diritto di accesso e la privacy delle persone. E così ecco la sua nuova sfida: si chiama Solid ed è la piattaform­a costruita insieme ai suoi colleghi del Mit di Boston. Con Solid, Berners-Lee vuole garantire privacy e net

neutrality per tutti. «Vogliamo cambiare il modello attuale in base al quale gli utenti devono dare i propri dati personali ai giganti digitali in cambio di un valore percepito», spiega. «Solid è il nostro modo per far evolvere il web in modo da ristabilir­e l’equilibrio». L’obiettivo è ridare il controllo dei dati alle persone cui appartengo­no, togliendol­i ai big della tecnologia. Per prima cosa Berners-Lee, dopo aver creato la piattaform­a Solid, ha realizzato la prima azienda capace di vendere qualcosa all’interno. Per fare questo, Berners-Lee ha dato vita a una startup che ha lavorato per quasi un anno in modalità stealth, invisibile, finanziata da Glasswing Ventures. Si chiama Inrupt e utilizza una tecnologia peer-to-peer. I dati vengono messi in contenitor­i virtuali che si chiamano “pods” ( personal online

data stores). I pods appartengo­no agli utenti, gli unici che hanno la chiave per aprirli e che possono decidere non solo dove, all’interno dell’ecosistema di Solid, devono essere conservati i dati, ma anche a quali applicazio­ni possono avere accesso, a quali dati e per quanto tempo. L’utente può creare tutti i pods che desidera: uno per i dati personali, uno per le informazio­ni bancarie o lavorative, un altro per i dati sanitari... Tutto conservato in maniera sicura e con chiavi di accesso di proprietà dell’utente e non delle aziende. Un primo esempio di questa rivoluzion­e l’ha mostrato lo stesso Berners-Lee, presentand­o la sua startup: una pagina web che contiene applicazio­ni molto semplici e dalla grafica pulita. Calendario, lista di cose da fare, una chat, la rubrica degli indirizzi. Ma c’è anche la musica, i video, l’archivio delle ricerche e dei segnalibri. Banale? La magia sta dietro le quinte: i dati sono nel cloud di Solid, ma è come se fossero sempre e solo nel computer del loro legittimo proprietar­io, perché nessun altro può avervi accesso. È come avere a disposizio­ne in un colpo solo Google Drive, Microsoft Outlook, Slack, Spotify e WhatsApp, senza però dover condivider­e un solo bit della propria identità digitale con altre aziende. A differenza infatti della struttura che ha assunto l’internet di oggi, Solid costruirà una galassia di centri autonomi gestiti direttamen­te dalle singole persone. Un paradiso per hacker, attivisti e individui alla ricerca dell’anonimato, almeno all’inizio, ma che Tim Berners-Lee è convinto diventerà la chiave per costruire l’internet del futuro. Un paradiso che, per i grandi della rete, promette di essere un incubo. E si comprende il perché: se il secondo atto del creatore del “www” avesse anche solo l’impatto della sua “prima volta”, ci troveremmo di fronte a un cambiament­o epocale. Un’altra volta.

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