ProPublica
n. proprio ( avv. + sost. latino) – Il fenomeno giornalistico Usa, nato per rispondere all’«interesse del pubblico», rappresenta un modello di business nuovo. Dove la credibilità è il valore in gioco. E gli strumenti usati per comunicare – Twitter, per esempio – devono garantire un servizio accessibile al lettore.
Ho scoperto il giornale online ProPublica circa due anni fa e sono subito stato attratto dalla sua mission: denunciare gli abusi di potere e il tradimento della fiducia del pubblico da parte di governi, imprese e altre istituzioni, utilizzando la forza morale del giornalismo d’inchiesta. È una realtà non profit indipendente, non ha condizionamenti politici ed è sostenuta principalmente attraverso risorse filantropiche. Il successo di
ProPublica dipende dalla capacità dei suoi giornalisti di avviare davvero – attraverso le proprie inchieste – processi di cambiamento nel mondo reale. Non mi ero mai soffermato ad analizzare questo nuovo modo di fare impresa. L’inchiesta di ProPublica che ultimamente mi ha più colpito è stata quella sulla registrazione degli audio dei bambini messicani immigrati illegalmente negli Stati Uniti, e tenuti lontani dai loro genitori in una struttura della Us Customs and Border Protection. Altre inchieste si sono invece concentrate su casi di persone detenute ingiustamente, stimolando la riapertura dei casi.
Ho osservato come i reporter di ProPublica utilizzano Twitter. Il superpotere di questo strumento sta nella conversazione, nella sua capacità di amplificarla. In genere, i giornalisti scrivono pochi caratteri e twittano un link al loro articolo, e tutto finisce lì. ProPublica invece cuce insieme gli elementi chiave di un articolo, producendo un thread lungo dieci tweet. Abbiamo chiesto ai responsabili del giornale la ragione di questa tecnica, e ci hanno risposto: «L’obiettivo è raggiungere le persone lì dove si trovano. Chi sceglie Twitter cerca un servizio incentrato sulla brevità: il nostro compito è tradurre le nostre storie nel formato che il lettore si aspetta». È un uso creativo di una tecnologia che d’istinto non sembra adatta al giornalismo tradizionale. È senza dubbio un sistema rischioso se la tua attività si basa sulla pubblicità, o sul portare gente al tuo sito. Ma ProPublica lo fa da più di dieci anni. E io credo che ci sia molto da imparare per noi in termini di che cosa questo significa per i media. Un mezzo d’informazione che vive di donazioni può sembrare azzardato, ma oggi sperimentare è importante. E questo è un esperimento che sta riuscendo piuttosto bene.