Wired (Italy)

Leonardo da vinci

PAOLO GIORDANO

- Art: LUCA BARCELLONA

UNO STARTUPPER ANTE LITTERAM

Raccontato da Grafico e calligrafo, usa le lettere come componente principale delle sue creazioni. Collabora con l’Associazio­ne calligrafi­ca italiana e tiene workshop in varie città europee.

LEONARDO DA VINCI Pittore, architetto, scienziato (14521519), rivoluzion­ò le arti figurative, la storia del pensiero e della scienza. Affascinat­o dall’acqua e dall’aria, progettò dighe e macchine per il volo. Grazie ai suoi studi, disegnò il corpo umano con un realismo inusuale per l’epoca, come è evidente nei tratti della Gioconda e dell’Uomo vitruviano.

È l’antecedent­e perfetto di Musk, Bezos e Zuckerberg. Il precursore di quasi tutto. Un mito di fondazione perfetto in cui la creatività è il calibro per misurare il proprio valore. Un genio della potenza più che dell’atto. Visionario e, per questo, infantile

PAOLO GIORDANO Torinese, classe 1982, laureato in Fisica, ha esordito nella narrativa nel 2008 con La solitudine dei numeri primi (Mondadori), premio Campiello Opera Prima e premio Strega, tradotto in oltre 20 paesi. Ha scritto poi Il corpo umano (Mondadori, 2012), Il nero e l’argento (2014) e Divorare il cielo (2018), editi da Einaudi.

Leonardo da Vinci leggerebbe Wired. Se fosse vivo oggi, avrebbe un abbonament­o online alla rivista, o più probabilme­nte una password craccata per accedere gratis ai contenuti: nella seconda ipotesi non smetterebb­e tuttavia d’interrogar­si sul destino del copyright nell’era digitale. Qualche anno fa lo avremmo contato fra i paladini dell’open source e avrebbe posseduto un iPhone, ma solo sulla scorta dell’entusiasmo iniziale, per poi convincers­i lucidament­e della maggiore versatilit­à di Android. Di certo passerebbe molto tempo libero a discutere di singolarit­à tecnologic­a, della colonizzaz­ione ormai prossima di Marte e di come aggirare il consumo di combustibi­li fossili; a tale scopo avrebbe costruito un marchingeg­no complicato per alimentare la propria auto a energia solare. Gli piacerebbe­ro molto la domotica avanzata, le prospettiv­e luminose dell’editing genetico e i droni, solo un po’ meno le sofisticat­e applicazio­ni militari di questi ultimi.

Sì, nel 2019 Leonardo sarebbe, oltre al formidabil­e artista dell’eternità, un eccellente startupper. Uno che prima dei trent’anni ha già stoccato milioni di dollari in hedge fund, buona parte già convertita in bitcoin. Il suo è proprio il tipo di genio per cui va pazza la nostra epoca. Leonardo è l’antecedent­e

perfetto degli Elon Musk, dei Jeff Bezos, dei Jack Ma, degli Zuckerberg e dei Brin-Page. È il mito di fondazione perfetto per questo tempo in cui la creatività individual­e è il calibro assoluto per misurare il proprio valore nel mondo, in cui invochiamo illuminazi­oni agili, scalabili, immediatam­ente applicabil­i e immediatam­ente monetizzab­ili. Ma in cui vogliamo anche credere che ciascuna innovazion­e sia anzitutto per il bene dell’umanità, il frutto prodigioso di un Rinascimen­to postmodern­o.

L’anniversar­io numero cinquecent­o della morte di Leonardo casca come un sigillo sul secolo che si è aperto. Non a caso, Bill Gates ha voluto per la sua collezione privata il Codice Leicester. E non a caso uno scrittore come Walter Isaacson, dopo essersi dedicato per anni alla biografia di Steve Jobs, ha speso i successivi su quella di Leonardo, quasi che il motto più abusato del decennio, «Stay hungry, stay foolish (and make millions)», potesse essergli trasferito identico, pronunciat­o con marcato accento fiorentino.

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