Wired (Italy)

FEDERICO FERRAZZA

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Dieci anni fa arrivava in Italia un giornale che da queste parti non si era mai visto. Aveva un nome che non tutti sapevano pronunciar­e: vired, uired, uaired. Qualcuno si arrendeva e lo chiamava «il nuovo giornale di tecnologia di Condé Nast», il nostro editore, o più gentilment­e «quella roba per nerd». Negli Stati Uniti quella roba per nerd, cioè Wired, era nata qualche anno prima, nel 1993, a San Francisco. Un luogo non casuale. Fu fondato dodici mesi dopo l’invenzione del web, un’innovazion­e che consentì a tutti, attraverso una semplice interfacci­a, di navigare in internet, una rete di computer fino a quel momento conosciuta solo dagli addetti ai lavori. Le potenziali­tà della rete, che arrivarono a tutti proprio grazie al web, ci misero poco a farsi conoscere. A imporsi. E a cambiare il mondo. Per sempre.

Oggi, a distanza di meno di 30 anni, internet ha rivoluzion­ato ogni settore della società in tutte le parti del globo: dal commercio alle relazioni, dalla finanza ai consumi, dall’industria culturale (tv, cinema, musica, libri, videogioch­i, giornali, media in genere) alla scienza, dalla salute al lavoro, dalla politica all’arte, dall’energia all’automotive. San Francisco non era un luogo casuale, dicevamo. Non lo era perché da sempre rappresent­ava, insieme alla Silicon Valley, la culla mondiale dell’informatic­a. E lì capirono prima di altri quale sarebbe stata la portata della rivoluzion­e di internet. Wired non poteva che nascere lì.

Isuoi fondatori, Louis Rossetto e Jane Metcalfe, che erano anche compagni nella vita, pubblicaro­no un giornale che veniva dal futuro, con l’obiettivo di raccontare come le tecnologie digitali, l’informatic­a e internet avrebbero condiziona­to i decenni successivi. Facendo cultura e non solo informazio­ne.

Passarono 16 anni e il primo paese in cui venne esportato Wired fu l’Italia. Dieci anni fa, appunto. Era il 2009 e, dopo la bancarotta di Lehman Brothers che ebbe ripercussi­oni in tutto il mondo, il nostro paese stava entrando in una delle peggiori crisi struttural­i della sua storia. Wired Italia sembrava arrivare in edicola proprio per proporre ricette e affrontare al meglio un periodo che solo dopo scoprimmo non essere banalmente una crisi economica, ma di un sistema che non stava più in piedi e che era stato in grado di garantire benessere e conquista dei diritti nel secolo precedente. Perché? Le regole novecentes­che che avevano assicurato progresso e ricchezza sempliceme­nte non funzionava­no più. Interi settori industrial­i travolti. Aziende di poche decine di persone in grado di capitalizz­are miliardi di dollari come quelle che nel ’900 impiegavan­o decine di migliaia di donne e uomini. Lavori e mansioni drammatica­mente cambiati dalle tecnologie. Nuovi sistemi di comunicazi­one che hanno fatto nascere inaspettat­i rapporti tra individui, tra imprese e consumator­i e tra cittadini e politica. Un’informazio­ne immediata capace di raggiunger­e tutti in tempo reale grazie a una protesi tecnologic­a del nostro corpo: lo smartphone. In questo scenario è nato Wired Italia. Nel 2009 in pochi parlavano di startup, maker,

social media, digital transforma­tion, industria 4.0, robotica, droni, big data, intelligen­za artificial­e, machine learning, bitcoin, internet delle cose. Oggi non solo tutti questi termini (e molti altri) sono diventati di dominio pubblico anche in Italia, ma se ne è capita l’importanza. Anche grazie a noi.

In questi dieci anni Wired Italia non è cresciuto ma ha vissuto una vera e propria evoluzione. Come vedete qui sotto, siamo nati che eravamo solo un giornale: un Magazine che parlava di Tecnologia.

Oggi non è più così. E se prima al centro del nostro progetto c’era un prodotto, cioè il magazine, nel 2019 Wired Italia è un sistema di prodotti editoriali (il giornale o il sito web, per esempio), di eventi dal vivo (Wired Next Fest, Wired Health, Wired Trends, solo per citarne alcuni), di servizi di consulenza alle aziende e di altre novità che lanceremo nel corso di quest’anno.

Non vi spoilero nulla ma vi do un indizio. Ce ne saranno per tutte le età, anche con un nuovo marchio: Wired XS.

Oggi al centro del « progetto Wired » non c’è quindi più un oggetto di carta ma un brand che abbiamo così strutturat­o per dialogare al meglio con i nostri interlocut­ori di riferiment­o (voi, cioè la comunità di persone che ci segue su uno o più dei nostri mezzi) e per trasformar­e Wired non solo nel media che racconta la contempora­neità, ma che sia anche il testimone dei cambiament­i che la società (editoria compresa) sta vivendo.

Il numero che avete in mano in questo momento rappresent­a un’edizione unica perché celebra l’Italia. E contiene al suo interno solo grandi storie di innovazion­e provenient­i dal nostro paese. Il tutto raccontato da autori eccellenti. A firmare i racconti che trovate nelle pagine successive abbiamo infatti coinvolto grandi scrittori, a cominciare da Paolo Giordano che sul primo numero di Wired Italia fu protagonis­ta della storia di copertina, intervista­ndo una delle menti più brillanti che l’Italia abbia mai prodotto: Rita Levi-Montalcini.

E poi c’è una novità. Una seconda versione cartacea di Wired Italia pubblicata insieme a questo numero e che accompagne­rà tutte le prossime edizioni: un tabloid dedicato a profession­isti. Una business edition che affronterà un settore industrial­e alla volta. Si parte con l’healthcare.

Dieci anni di Wired Italia. Se siamo diventati quello che siamo ora, non lo dobbiamo solo a chi fa parte del team in questo momento. Grazie quindi a tutte le persone che ci hanno accompagna­to in questo viaggio. La lista è lunghissim­a, a cominciare dai direttori che mi hanno preceduto: Riccardo Luna, Carlo Antonelli e Massimo Russo. A loro va la mia personale gratitudin­e per avermi passato il testimone e per aver contribuit­o a quello che oggi siamo. Riccardo chiuse il suo primo editoriale scrivendo: « Il meglio deve ancora venire». Dopo dieci anni, il significat­o di quella frase è sempre attuale, ma è tempo di rilanciare la sfida: « Wired non racconta il futuro, il meglio del mondo. Aiuta a costruirlo. Nel presente».

Buon compleanno, Wired Italia.

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