DIO NON È MORTO
OGGI POSSIAMO AMMETTERE CHE NIETZSCHE SI ERA SBAGLIATO. LA RELIGIONE NON SOLO NON SI È ESTINTA, MA STA BENONE. È PERVASIVA POLITICAMENTE, SOCIALMENTE E ANCHE ECONOMICAMENTE
Il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern, cresciuta mormona e diventata agnostica sulla soglia dei quarant’anni, a marzo 2019 ha indossato il velo islamico per rendere omaggio alle vittime degli attentati nelle due moschee di Christchurch in cui hanno perso la vita 50 persone e ne sono rimaste ferite altrettante. È stato un segno politico e sociale, un modo per dire: in questa occasione io divento come voi e ve lo dimostro indossando i vostri simboli religiosi. Il gesto ha avuto un impatto talmente forte sulla comunità musulmana internazionale che la fotografia della Ardern velata, che abbraccia una delle vittime, è stata proiettata sulla torre più alta del mondo, la Burj Khalifa a Dubai, come simbolo di pace globale.
Veli islamici, burkini, crocifissi, digiuni, meditazioni, preghiere collettive (come in occasione dell’incendio di Notre-Dame), monasteri online, festività, ma anche discriminazione, attacchi terroristici per il credo religioso, per oltraggio alla religione, per rivendicazione religiosa. Tutto questo e molto altro è, ancora oggi, il nostro pane quotidiano. La religione è pervasiva politicamente, socialmente e anche economicamente. È nell’aria. Lo so che chi ha fatto il liceo e ha studiato i filosofi tedeschi è cresciuto con la quasi certezza che essa sarebbe progressivamente scomparsa dalla scena pubblica, dalla politica, dal mercato. Ma ormai è arrivato il momento di ammettere che Nietzsche (e con lui chi ha stilato il programma di filosofia per i licei) si era sbagliato. E di molto.
NIETZSCHE, CHE DICE?
Però non è solo colpa di Nietzsche se un po’ tutti abbiamo pensato che, a un certo punto della storia, la religione o le religioni del mondo sarebbero svanite nel nulla, come in fondo dal nulla erano apparse, nella notte dei tempi. Certo, Nietzsche lo si ricorda con affetto per aver decretato la fine di Dio scrivendolo a caratteri cubitali: “Dio è morto”. Frase che peraltro in tedesco suonava ancora più sinistra, con tutte quelle t: Gott ist tot, quasi a provocare un brivido lungo la schiena. Ma Nietzsche non era un isolato visionario, anzi. Come ciascuno di noi, egli fu uomo del suo tempo, dunque portavoce di un pensiero intellettuale che era andato diffondendosi molto prima che il nostro baffuto filosofo nascesse.
Già dal 1600 questa frase sulla morte di Dio riecheggiava negli inni popolari tedeschi, come presagio di quello che sarebbe avvenuto da lì a qualche secolo. L’Europa, ormai illuminata sia energeticamente sia intellettualmente, con Nietzsche come suo portavoce, aveva dunque vissuto un processo che la portò a dire: basta, di Dio non ce ne facciamo più nulla, perché tanto abbiamo l’uomo e la macchina. Allora la macchina era ancora a vapore, si sa, ma era già indiscutibilmente affascinante. E se ci affascinava il vapore allora, figuriamoci quanto ci affascina il digitale oggi e che effetto ha su di noi e sul nostro orizzonte di senso religioso...
PICTURES OF YOU
Eppure, la religione non solo non è morta, ma sta anche benone. Se volessimo scattare una foto, un’istantanea delle religioni nel mondo in questo preciso istante, ecco cosa vedremmo: al centro e in primo piano ci sarebbe il cristianesimo, la religione maggioritaria a livello globale, con oltre due miliardi e 600 milioni di fedeli. A rappresentarla ci sarebbe una donna dalla pelle chiara, di circa 30 anni, probabilmente istruita. Alla sua destra troveremmo l’islam, la seconda fede al mondo, con un miliardo e mezzo di fedeli. Sarebbe rappresentata da un ragazzo di 23 anni, dai tratti orientali, appena uscito dal lavoro: farebbe un lavoro manuale, tipo il muratore o il panettiere. Alla sinistra della donna cristiana, ci sarebbe l’induismo, la terza in classifica, con un miliardo e 100 milioni di fedeli. Sarebbe rappresentato da una giovane donna indiana di 26 anni, vestita con abiti tradizionali.
Dietro di lei, con una mano appoggiata alla sua spalla, noteremmo la rappresentante del buddhismo (400 milioni di fedeli), una donna con gli occhi a mandorla e un po’ più vecchia, di circa 34 anni. Anche lei sembrerebbe aver appena
Le religioni sono specchio dello status economico, sociale e biografico dei credenti. Sono legate alle caratteristiche
terminato un lavoro manuale, agricolo. L’ebraismo lo potreste scorgere invece un po’ più indietro: sarebbe un uomo di 36 anni, un americano, in giacca e cravatta, che lavora a Wall Street. Vicino a lui, sempre sullo sfondo, trovereste almeno altre decine di persone a rappresentare i culti tradizionali o locali, che raccolgono complessivamente 400 milioni di fedeli al mondo: il sikhismo, il baha’ismo, il jainismo per ricordarne alcune, e infine i nuovi, come il pastafarianesimo. Tra queste variegate persone, in un angolino della foto, sullo sfondo a sinistra, ci sarebbe una persona un po’ in disparte, che però ha lo sguardo di chi tra tutti sa il fatto suo: è un uomo di mezza età, il più vecchio del gruppo; ha la carnagione bianca, è un europeo. Lui rappresenterebbe l’agnosticismo e i non affiliati, gli atei e gli spirituali senza appartenenza. Sono circa un miliardo di persone nel mondo, concentrati soprattutto in Nord America e in Europa.
La foto che abbiamo scattato per finta è un esercizio di immaginazione, che però racchiude in sé alcune verità sulle religioni contemporanee. La prima verità è che non esiste paese al mondo in cui sono più gli uomini credenti delle donne. Le religioni sono femmine. L’unica eccezione è rappresentata dall’islam e dall’ebraismo, che hanno una maggiore partecipazione maschile alle liturgie, ma non una maggiore affiliazione maschile. La seconda verità è che le religioni sono giovani. I fedeli hanno in media 28 anni, con l’islam giovanissimo (con una media di 23 anni) e l’ebraismo tra i più anziani (36 anni). La terza verità è che esse sono persone, non entità astratte. In quanto persone, le religioni sono anche specchio dello status economico, sociale, biografico dei credenti. Sono legate alle caratteristiche fisiche e geografiche dei territori, alle possibilità professionali, di accesso alle risorse, di istruzione. Al credo corrispondono, insomma, anche le classi sociali. A oggi, per esempio, la maggior parte dei lavoratori di fede musulmana nel mondo svolge lavori umili, così come anche i buddhisti, i sikh e gli induisti, mentre il cristianesimo e l’ebraismo rimangono le religioni dell’élite globale. Infine, l’ultima verità è che se volessimo rifare questo gioco tra 50 anni, dovremmo ripensare totalmente la foto.
BACK TO THE FUTURE
Nel 2070 non ci sarebbe più la ragazza cristiana in primo piano, ma islam e cristianesimo insieme, che raggiungeranno praticamente la parità numerica già entro il 2050. La ragazza dalla pelle chiara che avreste visto nella foto di oggi, tra 50 anni avrà la pelle scura e vivrà in Africa, dove la comunità cristiana è quella in crescita, in contrasto con quella europea, che sta invece diminuendo. Di contro, il ragazzo musulmano avrà circa 40 anni, tratti europei e ricoprirà ruoli professionali più elevati. La donna buddhista si sposterà in un angolo della foto, perché nel frattempo verranno in primo piano l’uomo ebreo e la donna induista, che sarà diventata in carriera e avrà smesso gli abiti tradizionali.
Tutti quelli che erano sullo sfondo oggi, perché rappresentanti di culti minoritari e locali, verranno in primo piano, quasi ad affiancare l’islam e il cristianesimo, perché nel frattempo si saranno fatti portavoce della sostenibilità ambientale e dell’equilibrio tra cultura e natura, conquistando nuovi fedeli attraverso la conversione o il ritorno alla religione degli antenati. L’uomo di mezza età che rappresentava l’agnosticismo, l’ateismo o altre forme di non appartenenza, sarà
fisiche e geografiche dei territori, alle possibilità professionali, di accesso alle risorse e di istruzione.
diventato vecchissimo e ormai démodé. Al posto suo, invece, appariranno i transumanisti, un gruppo di giovani donne e uomini, per lo più europei, altamente specializzati e istruiti, che faranno della scienza e delle tecnologie una religione. Questi sono, di fatto, gli eredi di Nietzsche.
PIÙ UMANO DELL’UMANO
Nietzsche pensava che il superuomo fosse il risultato di un processo di liberazione dalla schiavitù imposta da forze esterne all’uomo, come Dio o la Natura; i transumanisti in fondo pensano la stessa cosa, ma aggiungono che il superuomo non è soltanto un uomo che diventa superiore: è, piuttosto, un uomo che non è più solo un uomo. In altre parole, il transumanesimo decreta la fine dell’homo sapiens e l’inizio di una specie nuova, nata dal miscuglio tra sangue e fluidi artificiali, carne e silicone, biologia e tecnologia. Finché non diventeremo del tutto postumani, saremo transumani.
Volete sapere se siete già transumani anche voi? Se avete impianti artificiali all’interno del vostro corpo, come il silicone per le protesi, il pacemaker, l’apparecchio per l’udito, il sensore che legge i livelli di glucosio, allora sì, siete transumani. Nick Bostrom, filosofo e fondatore dell’istituto Future of Humanity di Oxford è uno dei riferimenti intellettuali più importanti per il transumanesimo. Bostrom ha riconcettualizzato alcune delle sfide, distopie e possibilità future per la nostra specie, per esempio ipotizzando che si potrà rimandare a tempo indeterminato la morte, facendo l’upload della coscienza individuale in un computer oppure allungando la vita fino a 400 anni. È la scienza, bellezza! In realtà, è la fiducia nel fatto che l’intelligenza umana, supportata da quella artificiale, svelerà progressivamente tutti i segreti non solo dell’universo, ma della vita stessa, tanto da poterla replicare, estendere, controllare, clonare e plasmare a piacimento. Una scienza che si fa religione. O una religione che si fa scienza?
In ogni caso, una cosa è certa. Finché la conoscenza e la scienza saranno per pochi, allora non avremo una nuova specie postumana, ma soltanto nuove forme di ingiustizie del tutto umane. E allora serviranno ancora, e forse sempre di più, le religioni tradizionali, da sempre generatrici di significato per le nostre azioni e di prospettiva per quello che rimarrà della vita, della morte e dell’amore, quando il tempo di agire sarà scaduto.