Una cura per i malati immaginari
Le patologie psicosomatiche sono spesso derubricate alla voce “inspiegabili” e trascurate. Nonostante colpiscano migliaia di persone e possano portare a gravi disabilità, come cecità, crisi epilettiche, paralisi, coma. Una neurologa sta cercando di cambiare le cose
Ogni medico si trova quasi quotidianamente a visitare pazienti con sintomi e dolori inspiegabili. Per i dermatologi si tratta di rush cutanei che appaiono senza una ragione e scompaiono altrettanto misteriosamente, per gli oculisti di persone che lamentano offuscamenti alla vista di cui non è possibile stabilire la causa organica, stesso discorso per gli otorinolaringoiatri alle prese con “strani” problemi di udito.
«In Inghilterra, il 50% dei pazienti degli ambulatori di medicina generale lamenta sintomi clinicamente inspiegabili», dice la neurologa irlandese Suzanne O’sullivan. «Siamo convinti che avere un atteggiamento positivo nei confronti delle patologie ci aiuti a guarire. Ed è molto probabile che sia così. Ma non ci rendiamo conto di quanto crederci inconsciamente malati possa farci stare male».
Da anni O’sullivan lavora nel campo delle malattie psicosomatiche: disabilità anche gravissime, come cecità, paralisi, crisi epilettiche, coma, che hanno in comune il fatto di non essere originate da un problema biologico. « Mentre per tutte le altre patologie, anche per quelle di cui non conosciamo le cause, prima o poi si scoprono evidenze anatomiche, questo tipo di disturbi non è riconducibile a danni fisici», spiega. Alle malattie psicosomatiche ha dedicato due libri: È tutto nella tua testa (pubblicato in Italia da Mondadori) e The Sleeping Beauties: and Other Stories of Mystery Illness, che esce ad aprile in Gran Bretagna.
Quali sono le cause di questi disturbi?
«Possono essere sia di natura psicologica, per esempio il modo in cui ci rapportiamo alle malattie o l’attenzione che poniamo al funzionamento del nostro corpo, sia di ordine socio-culturale. In quest’ultimo caso i disturbi possono essere determinati da tutta una serie di influenze esterne che vanno da quello che leggiamo sui giornali o su internet a ciò che si dice in famiglia o nella nostra rete di amici, alle politiche del governo in tema di salute pubblica. Troppo spesso la medicina si rapporta alle malattie come se le persone vivessero in una bolla, come se la società e l’ambiente in cui si trovano non contasse nulla. Ma è un errore».
Da dove nasce questo suo interesse?
«Nel tempo, mi è capitato spesso di occuparmi di pazienti che presentavano gravi disturbi neurologici anche se il loro sistema nervoso era perfettamente normale e non c’era nessun tipo di patologia cerebrale. Sono un medico, il mio primo compito è cercare una malattia dell’organismo, ma se non la trovo allora devo cominciare a pensare che le cause siano altre. Ho sempre creduto che esistesse un fattore che influenza i pazienti e sul quale noi medici non abbiamo nessun genere di controllo, ovvero le informazioni che vengono veicolate dai media, il tipo di istruzione che ognuno di noi ha ricevuto, e così via. Se un paziente soffre di vertigini, tenderà a spiegare il sintomo in base a quello che ha sentito dire o che ha letto, oppure in rapporto al livello di ansia sociale. In tanti arrivano da me con la diagnosi già in tasca e, da quando è scoppiata la pandemia, molti tendono a spiegare ogni genere di problema con il contagio da Covid-19».
Quindi la pandemia sta provocando un aumento dei disturbi psicosomatici?
« Assolutamente sì. In parecchi hanno cominciato a concentrarsi molto più di prima sui segnali che ricevono dal proprio corpo e cercano di scoprire se un malessere di cui soffrono può essere causato dal virus. Il problema è che online c’è una lista di 172 sintomi, tutti riconducibili a esso, il che significa che quasi qualunque disturbo potrebbe
essere spiegato con l’infezione da Covid-19. Forse, quando l’emergenza sarà finita, si tornerà alla normalità, ma è ancora troppo presto per dirlo».
Quanto erano già diffuse queste malattie?
« I disturbi gravi dovuti a patologie psicosomatiche colpivano già l’ 1% della popolazione, e quelli lievi o transitori molti di più. Secondo uno studio del 1997 condotto dall’organizzazione mondiale della sanità, il 20% dei pazienti che si rivolge al medico soffre di almeno sei sintomi inspiegabili, con effetti pesanti sulla qualità della vita ».
Perché queste persone stanno male per davvero, come lei ha ribadito più volte.
« I pazienti affetti da queste patologie non fingono. La loro sofferenza è assolutamente reale, i sintomi pure. Non mi stancherò mai di ripeterlo, perché persino molti medici con i quali ho lavorato, di fronte a pazienti che cascano a terra incoscienti, cercano di trovare le prove di una messa in scena. Anche per questo, è difficile comunicare una diagnosi di malattia psicosomatica. Se dici: “Penso che lei stia soffrendo perché è preoccupato dalle decisioni del governo” o cose del genere, le persone si sentono colpevolizzate e stigmatizzate. È come se tu stessi dicendo loro che sono responsabili dei loro sintomi. Il problema è che facciamo fatica ad accettare reazioni inconsce del genere, perché siamo convinti di esercitare un controllo sul nostro corpo e sulla nostra mente molto maggiore di quanto avvenga nella realtà ».
Che cosa fa sì che di fronte allo stesso tipo di influenza esterna alcuni si ammalino e altri no?
« In passato, i medici erano convinti che queste malattie fossero legate a traumi psicologici. Ma oggi sappiamo che nella maggior parte dei casi non è così. Semmai l’origine sta nel modo in cui ciascuno reagisce ai cambiamenti del corpo. Quando stiamo bene, la maggior parte di noi non
fa caso al funzionamento del proprio organismo, non si focalizza su una singola parte: le gambe, l’intestino o altro. Invece, di fronte a una malattia ognuno risponde in maniera diversa. Alcuni cominceranno a prestare più attenzione nei confronti del proprio organismo e del proprio stato di salute. Cerco di spiegarmi meglio con un esempio: quasi tutti siamo in grado di camminare su una sottile linea retta tracciata per terra, eppure se ci chiedono di fare lo stesso a venti metri dal suolo involontariamente ci muoviamo in modo diverso. La nostra percezione modifica il comportamento del corpo. Molti di questi disturbi psicosomatici vengono scatenati da una malattia che ha cause organiche, prima di evolvere in qualcos’altro».
Nel suo nuovo libro racconta casi di “malattie inspiegabili” che hanno colpito centinaia, a volte migliaia di persone contemporaneamente. Com’è possibile?
« Intanto, sono patologie considerate erroneamente misteriose. La spiegazione, infatti, esiste e consiste nel verificarsi di circostanze esterne che influiscono sui meccanismi del cervello tanto da creare sintomi precisi. L’idea di occuparmene mi è venuta il giorno in cui ho letto un articolo su una malattia “inspiegabile”, appunto, che in Svezia aveva provocato uno stato di coma della durata di mesi, o persino di anni, in centinaia di bambini. Tutti appartenevano a famiglie richiedenti asilo e provenienti da paesi dell’ex Unione Sovietica o dell’ex Jugoslavia, e tutti erano entrati in coma di fronte al rischio di essere espulsi. Influenze esterne, circostanze e ambiente erano identici. Eppure, i medici cercavano una spiegazione nei loro cervelli».
Perché?
«Quando ne parlai con una delle dottoresse che li aveva in cura, mi disse: “Se vogliamo che ci si occupi seriamente di questi bambini, dobbiamo parlare di biologia”. Sollevare la questione delle richieste d’asilo rifiutate avrebbe significato scaricare le colpe sul governo, sulle famiglie o sugli stessi bambini. Per trovare una soluzione a casi come questi, però, bisognerebbe cominciare a domandarsi in che modo la società influisca sulla biologia. La gente pensa che si tratti di fenomeni rari, in realtà parliamo di milioni di persone nel mondo».
Insomma, si tratta di un cambio di approccio culturale?
«Vogliamo credere che, in medicina, il dualismo mente-corpo sia superato: in realtà non è esattamente così. In Gran Bretagna, per esempio, spesso il reparto di neurologia e quello di psichiatria non si trovano nello stesso ospedale. Ma, soprattutto, il problema sta in una visione gerarchica delle patologie, che mette all’ultimo posto quelle psicosomatiche. Di fronte a una diagnosi di tumore, le terapie iniziano nell’arco di un paio di settimane, chi soffre di una malattia psicosomatica potrebbe dover aspettare un anno o anche due prima di essere preso in cura dal sistema sanitario».
Come si curano questi disturbi?
«Questo è un altro grosso problema. Le crisi epilettiche non psicosomatiche, per esempio, rispondono piuttosto bene ai trattamenti e, nel 70% dei casi, i pazienti migliorano, cosa che non si verifica se l’origine delle crisi è psicosomatica. Per fare passi avanti, dobbiamo prendere sul serio queste malattie e cercare terapie adeguate. Un altro ostacolo è l’atteggiamento dei medici che, spesso, sono ossessionati dall’idea di trovare a tutti i costi una causa organica, anche per paura delle conseguenze legali. Lo capisco, da neurologa non posso permettermi di non accorgermi che il mio paziente ha un tumore al cervello. Una soluzione, secondo me, potrebbe essere menzionare la possibilità di una malattia psicosomatica fin dall’inizio, prima di iniziare a investigare ogni altra causa possibile. Se dici a una persona: “Lei non ha nessun problema fisico” dopo che ha dovuto affrontare anni di sofferenze, analisi e test di ogni tipo, è normale che faccia fatica ad accettarlo, che pensi che sia il medico a non essere stato in grado di trovare una spiegazione e che stia cercando di scaricare sul paziente la responsabilità dei suoi sintomi ».