Futuro (da) remoto
Le reti 5G promettono, entro una decina d’anni, telemedicina, monitoraggio dei pazienti 24 ore su 24 e operazioni a distanza.
Ovvero, più efficienza e un maggiore risparmio dei costi medici e sociali. Ecco a che punto siamo
Matteo Trimarchi, chirurgo otorinolaringoiatra dell’ospedale San Raffaele di Milano, è seduto a un tavolo. Guarda dentro a un visore e impugna nella mano destra una penna, che muove su un tablet, e nella sinistra un joystick libero di spostarsi in tutte e tre le dimensioni dello spazio. Di fronte a lui, un pubblico attento (è l’8 ottobre 2019, non ci sono ancora limitazioni) e dall’altra parte dei suoi strumenti, a 14 chilometri di distanza, un tavolo operatorio. Il visore gli riporta le immagini di una telecamera endoscopica, la penna è collegata a un bisturi laser, il joystick guida un braccio meccanico dentro al corpo del paziente. Ok, il paziente in questo caso è un modello sintetico di laringe, perché quella che il professor Trimarchi sta eseguendo è un’operazione dimostrativa di telechirugia in 5G, riuscita però alla perfezione: «La qualità del taglio era superiore, più lineare e precisa. E il ritardo impercettibile: i movimenti avvenivano in tempo reale», dirà alla fine.
L’operazione, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Annals of Internal Medicine, rientrava nelle sperimentazioni del 5G, la quinta generazione delle reti mobili: più veloce, affidabile e potente delle precedenti, al punto da permettere di svolgere da remoto persino un compito tanto delicato quanto un intervento chirurgico. Proprio la sanità è uno dei settori che il 5G promette di rivoluzionare. Secondo uno studio di Ericsson, entro il 2030 questo settore assorbirà il 21% dei 700 miliardi di dollari che genereranno i servizi connessi alle nuove reti, crescendo con un tasso annuo del 75%. Mckinsey stima invece che, sempre in dieci anni, il 5G genererà un impatto tra i 250 e i 420 miliardi a livello di Pil globale per i soli investimenti nell’ambito della salute.
Abbattere le barriere tra ospedale e territorio e azzerare le distanze tra medico e paziente, rendendo possibile un monitoraggio 24 ore su 24, sono le promesse che il 5G affida ai suoi quattro super poteri: capacità di trasferire velocemente grandi masse di dati, fino a 10 gigabit al secondo; bassa latenza, cioè il tempo che intercorre tra l’invio di un’informazione e la sua risposta, sotto i 10 millisecondi; possibiltà di connettere fino a 1 milione di dispositivi per chilometro quadrato; network slicing, ossia l’abilità di creare “fettine” di rete virtuale in maniera automatica per dare priorità ai servizi in base all’importanza delle applicazioni e alle richieste degli utenti. L’emergenza Covid-19 ha reso ancor più urgenti alcuni di questi cambiamenti. Già oggi la telemedicina ha compensato in parte il blocco delle visite negli ospedali riconvertiti per la pandemia, e sono partiti progetti pilota come quello dell’azienda socio-sanitaria di Mantova che, come spiega Michele Gamberini di Tim, «ha usato la nostra piattaforma di telemedicina per mettere in contatto strutture ospedaliere, medici di base e pazienti in domiciliazione forzata, in modo da controllarne i parametri e garantire l’assistenza da remoto». A Milano, l’humanitas ha fatto ricorso al 5G per accelerare lo scambio di dati tra la sede centrale di Rozzano e gli ambulatori della San Pio X, dal lato opposto della città. « Abbiamo messo in campo una soluzione di teleconsulto dedicato al mondo della radiologia, che ha consentito a medici specialisti e tecnici di poter collaborare a distanza durante e subito dopo l’esecuzione degli esami radiologici, minimizzando gli spostamenti di operatori e pazienti, accelerando i tempi e garantendo la qualità delle immagini», racconta Sabrina Baggioni, a capo del programma 5G di Vodafone Italia, che ha seguito il progetto.
Oggi la sanità è suddivisa in tempi e luoghi precisi, che il 5G rimescolerà in un continuum. Prendiamo la gestione di un’emergenza. Adesso il 118 arriva sul posto, soccorre il paziente, lo trasporta in ospedale, lo affida ai medici. Con le ambulanze connesse in 5G, sperimentate da Vodafone e San Raffaele, la sequenza diventa un tutt’uno: «Il medico del pronto soccorso interviene in telepresenza mentre l’ambulanza arriva, ottiene i parametri diagnostici e comportamentali del paziente in sincrono e consiglia il team a bordo», spiega Alberto Sanna, direttore del centro di tecnologie avanzate per la salute e il benessere del nosocomio. «L’ambulanza diventa un dipartimento virtuale, permette di svolgere più funzioni e di chiudere il divario tra ospedale e territorio, quando ogni istante conta». Non solo: in città la vettura potrà interagire con i sensori del traffico per farsi indicare la strada più veloce e trovarla sgombra.
Molti pazienti cronici hanno dispositivi a casa che ne monitorano i parametri, ma i dati devono poi essere consegnati con periodicità al medico. Di nuovo, il 5G abbatte spazi e tempi, perché sarà possibile trasferire la potenza di calcolo sul territorio. Avremo « un’assistenza domiciliare e una cura da remoto dei pazienti più efficace e tempestiva, tramite lo scambio in tempo reale delle informazioni diagnostiche acquisite da nuovi dispositivi connessi, che permettono un monitoraggio costante e generano avvisi se si superano determinate soglie d’allarme», spiega Baggioni. Con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, questi dispositivi permetteranno di fare medicina predittiva, anticipando scompensi e malattie e facendoci risparmiare sui costi sociali della sanità.
Una delle promesse globali del 5G è proprio democratizzare la medicina: « I pazienti non si dovranno più muovere perché le cure non sono adeguate, ma si potranno mettere in contatto con specialisti e centri di eccellenza », prefigura Laura Gillio Meina di Boston Scientific. « Al contempo, gli ospedali potranno gestire più pazienti e liberare posti letto, ottimizzando la loro capacità ». I medici potranno chiamare in sala operatoria un collega a chilometri di distanza per un teleconsulto.
Tim lo ha sperimentato nel 2019, con il professor Giorgio Palazzini della Sapienza di Roma spedito virtualmente al Santa Maria di Terni per seguire un intervento laparoscopico. Ancora acerba, invece, è la chirurgia da remoto. Non tanto dal punto di vista tecnologico, quanto regolatorio. Se l’operazione di Matteo Trimarchi si fosse svolta per davvero, ci sarebbe voluto un chirurgo anche sul posto, per risolvere eventuali complicanze. « In un certo senso, significherebbe fare una distinzione tra chirurghi di serie A, che guidano il robot, e chirurghi di serie B», osserva lo stesso Trimarchi. « Ma se è presto per pensare che qualcuno si faccia operare in Italia da uno specialista di fama dall’altra parte del mondo, non lo è per fare formazione, specie a distanza come in questo periodo, o per portare a termine operazioni d’urgenza in aree di guerra ».
Infine, il 5G riorganizzerà il dietro le quinte della sanità. Per esempio: la logistica del farmaco, dal magazzino al letto del paziente, con l’internet delle cose potrà essere automatizzata. « Al San Raffaele stiamo aspettando il 5G per portare a regime progetti già sviluppati in passato, ma finora impossibili da realizzare, come carrelli, armadi intelligenti e robot cognitivi », racconta Sanna; mentre all’ospedale oncologico di Bari Fastweb ha usato il 5G per sperimentare sistemi automatici che associavano sacche chemioterapiche ai pazienti e monitoravano il viaggio delle strumentazioni tra i reparti. L’altra frontiera è quella dei «droni per consegnare più velocemente medicinali e sangue», aggiunge Gamberini. Lo scorso dicembre è decollato Flying Forward 2020, un progetto triennale di ricerca a livello europeo per sperimentare l’uso dei droni nei servizi urbani, che vede tra i partner coinvolti anche il San Raffaele.
La pandemia ha rallentato lo sviluppo delle reti 5G, specie in Europa, e ha costretto a mettere in standby alcuni test: Trimarchi, per esempio, avrebbe dovuto replicare la chirurgia da remoto tra Milano e Lisbona. Eppure, già quest’anno Tim calcola di lanciare le prime offerte commerciali per la teleassistenza, mentre nel 2022 quelle basate su realtà aumentata e virtuale. In generale, secondo Ericsson, anche le applicazioni più critiche saranno già realtà entro il 2023. Gli investimenti non mancano. Vodafone ha finanziato con un milione di euro Artiness, startup del Politecnico di Milano che trasforma le immagini mediche in modelli 3D, che si possono visualizzare come ologrammi in realtà aumentata e permetteranno a tecnici e specialisti di interagire in tempo reale sia in fase di preparazione sia durante l’esecuzione di un intervento chirurgico. In generale, in Italia c’è fermento. Il robot usato da Trimarchi è farina dell’istituto italiano di tecnologia. Tim ha sperimentato robot all’accoglienza del Regina Margherita di Torino.
La strada insomma è aperta, ma non è ancora in discesa. Servono le reti, che in Italia non mancano, ma negli ospedali sono spesso obsolete. Serve una maggiore diffusione di apparecchi medici indossabili e connessi. Serve garanzia di sicurezza, che in un ambito come questo deve esserci a priori. Servono nuove competenze e c’è bisogno di « progettare i nuovi servizi coinvolgendo sanitari e utenti, per renderli consapevoli e vincere la paura e la fatica del nuovo», sottolinea Sanna. E servono regole chiare. Il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri dello scorso 17 dicembre riconosce la telemedicina e il teleconsulto, anche per servizi di emergenza, come spesa per il Servizio sanitario nazionale. Un semaforo verde atteso, ma non ancora sufficiente. «C’è un tema di rimborsabilità di questi servizi », osserva Michele Perrino, presidente e amministratore delegato di Medtronic Italia. «Tanto il rimborso sosterrà queste tecnologie, tanto saremo in grado di fornire un servizio più smart ».
Infine, le risorse. La sfida del 5G è geopolitica. La Cina, culla di due dei più grandi operatori delle nuove reti, Huawei e Zte, sta macinando test su test, tallonata dagli Stati Uniti. Taiwan e Gran Bretagna stanno investendo sul sistema sanitario. Secondo Alessandro Gropelli, vicedirettore di Etno, l’associazione europea delle compagnie telefoniche, i governi europei «devono usare il Recovery Fund per digitalizzare i sistemi sanitari nazionali. Questa ambizione va esplicitata con precisi target di digitalizzazione che indichino la strada a tutto il sistema ». Le promesse di sviluppo sono troppo importanti per esitare. Il 5G, dice Sanna, realizzerà « l’ubiquità della salute». Ancor prima che un obiettivo tecnologico, un impegno verso l’antico giuramento di Ippocrate: « In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati ».