QUALE FUTURO PER I NOSTRI DATI?
Il cloud aumenta esponenzialmente il numero di informazioni personali sensibili che si accumulano dentro grandi server di proprietà di pochi colossi del settore. È urgente una regolamentazione, perché non può essere un’azienda a decidere sulla nostra privacy
Oggi il cloud non è più un hype, ma è una tendenza strutturale. Non solo esistono interi comparti aziendali di acquisto e vendita dedicati a servizi che materialmente non vediamo, ma è la fruizione quotidiana sempre più allargata di questi a renderlo un argomento centrale per ogni azienda, tradizionale o digitale che sia. Un indicatore evidente è che nemmeno si ragiona più sull’opportunità di spostare parte del business sul cloud in termini di pura convenienza di prezzo, ma lo si fa guardando alla praticità e alla semplicità di queste soluzioni dal lato degli utilizzatori finali. D’altra parte, come è possibile misurare oggettivamente un criterio come la flessibilità? L’effetto moltiplicatore che il go to cloud sta avendo sulle startup di tutto il mondo è un altro indice del cambiamento: un numero altissimo di imprese innovative nasce in risposta all’esigenza di “democratizzare” la gestione di macchine virtuali sparse per il globo e di software non più installati sui singoli pc ma attivabili su richiesta – as a service – per permetterne l’uso a impiegati che quotidianamente si interfacciano con infrastrutture complesse senza una formazione specifica alle spalle (e spesso senza nemmeno rendersene conto).
Le questioni fondamentali alle quali dovremo dare risposta negli anni a venire, quindi, non riguarderanno tanto la scelta tra il vecchio data center nel seminterrato e il cloud, quanto la governance dei dati che accumuliamo quotidianamente in un’ottica di cloud ibrido e la formazione di nuove competenze specifiche.
Il primo è un problema politico, già piuttosto evidente all’orizzonte, relativo al controllo dell’enorme mole di informazioni che vengono generate automaticamente. Tutti i sistemi di tracciamento personale, dai dispositivi dell’internet delle cose (IOT) ai sistemi per il riconoscimento vocale o delle immagini che sono sempre più parte del nostro quotidiano, vanno ad accumularsi in data center sempre più grandi di proprietà di pochi colossi del settore. Proprio questo aspetto ha portato alla recente costituzione del consorzio pan-europeo Gaia-x. Pensiamo a dati sensibili come quelli legati alla salute, che monitoriamo con i nostri dispositivi connessi o che scambiamo in formato digitale con il perso
Ogni nuova tecnologia porta con sé nuovi termini e significati. Non fa eccezione il cloud, che si propone di riscrivere il nostro immaginario fatto di cristalli di ghiaccio e vapore acqueo con chip, reti, dischi e lunghi cavi. Per completare alcune definizioni, abbiamo utilizzato le risorse di Techopedia, Red Hat, Zerouno
API
Acronimo di Application Programming Interface, ovvero interfaccia di programmazione delle applicazioni, sono set di definizioni e protocolli con i quali vengono realizzati e integrati i software applicativi.
BIG DATA
Termine di uso comune per definire enormi archivi di dati, la cui elaborazione e consultazione richiede generalmente l’impiego di software e grandi capacità di calcolo. Su tali archivi si fonda anche il machine learning – l’apprendimento automatico di un sistema informatico – grazie al quale è possibile “insegnare” a un software a riconoscere la foto di un gattino o a individuare la migliore composizione molecolare per contrastare un virus.
CLOUD IBRIDO
Integra le funzioni dell’infrastruttura “on-premise”, in sede, con quelle di un’infrastruttura cloud fornita da un provider. Questa soluzione permette di mettere in condivisione alcuni servizi e dati, mantenendone altri in azienda.
CLOUD PRIVATO
L’intera infrastruttura cloud è fornita, nella sede del provider o dello stesso cliente, in modo esclusivo. Questa architettura prevede generalmente che il provider metta a disposizione l’infrastruttura di rete ed è volta a garantire maggiore affidabilità e flessibilità.
CLOUD PUBBLICO
L’intera infrastruttura si trova nel data center del provider ed è accessibile via internet ai clienti che, da remoto, utilizzano le risorse messe a disposizione in modo ottimizzato per ridurre i consumi e massimizzare lo sfruttamento delle prestazioni dei server.
CDN
La Content Delivery Network è una piattaforma di server altamente distribuiti che permette di minimizzare il ritardo nell’erogazione di informazioni, dal momento che riduce la distanza fisica tra utente e server. Sono spesso utilizzate per velocizzare il caricamento di siti web e portali.
DATA CENTER
Sono strutture spesso create appositamente per ospitare la parte hardware del cloud e devono rispondere a precise esigenze in termini di gestione delle temperature e del consumo. Uno dei principali vantaggi del cloud è proprio nella diminuzione delle risorse consumate (e dell’inquinamento), derivante dall’avere tutti i servizi ospitati da una struttura ad hoc e ottimizzata.
MANAGED HOSTING
Tipo di hosting dedicato in cui l’apparato si trova presso centri fisici del provider, che ne gestisce l’infrastruttura (hardware, software e sistemi operativi). Il cliente generalmente ha accesso all’ambiente di hosting tramite interfacce web-based.
SERVIZI DAAS, IAAS, PAAS E SAAS
Il cloud può essere erogato in quattro diverse modalità: Iaas (Infrastructure as a service), Paas (Platform as a service), Saas (Software as a service) e Daas (Desktop as a service). Nel primo caso, il fornitore consente agli utenti l’accesso da remoto alle risorse di calcolo (come server, storage e connessione di rete). Nel caso del Saas, al contrario, l’utente ha accesso in modalità remota al software erogato (come nel caso delle web mail). Il
Paas è invece una via di mezzo tra i precedenti: soluzione preferita per gli sviluppatori, consente di accedere all’infrastruttura e a una serie di software pre-installati. Resta infine l’eccezione del Daas (Desktop as a service): soluzione molto utilizzata durante l’epidemia di Covid-19, per permettere soprattutto ai dipendenti pubblici di lavorare da casa, questa modalità prevede l’accesso a un vero e proprio computer da remoto, garantendo continuità con l’ambiente di lavoro che si è abituati a usare.
VENDOR LOCK-IN
Termine che definisce il rischio di diventare eccessivamente dipendenti da una soluzione adottata (“lock-in” in inglese significa letteralmente “chiuso dentro”), senza possibilità di trasferire facilmente gli asset presso altri fornitori.
VERTICAL CLOUD
Si tratta di infrastrutture cloud pensate per servire un determinato settore, quindi ottimizzate per rispondere alle sue esigenze, come nel caso di quelle progettate per l’area sanitaria o bancaria.
(Testi di Raffaele Angius)