UN GIOCO A TRE
Stati Uniti e Cina hanno da tempo aperto una lunga battaglia per il dominio del cloud, fondamentale per affermare la propria supremazia tecnologica. Ora l’europa prova a farsi spazio opponendo alla politica dei colossi quella delle piccole realtà
Stati Uniti, Cina ed Europa: sull’assetto di queste tre potenze si gioca la corsa al cloud e al dominio di una tecnologia che, in termini di possibilità infrastrutturali e mercificazione del dato, è destinata a essere centrale negli anni a venire. «Oggi il dominio degli Stati Uniti è saldo, ma tutti e tre i blocchi stanno cercando il loro modo di posizionarsi su un mercato in assoluta e netta espansione», afferma Samuele Dominioni, ricercatore associato dell’istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e cultore della materia in Cyber-diplomacy (Lumsa). «Sarà interessante osservare in che modo i tre blocchi costruiranno la corsa al dato, che oggi più che mai produce risvolti geopolitici estremamente rilevanti ».
Qual è, di preciso, la situazione attuale?
«Secondo i dati dell’ultimo trimestre, in termini di infrastrutture cloud globali, aziende statunitensi quali Amazon Web Services, Microsoft Azure e Google Cloud detengono rispettivamente il 31%, il 20% e il 6% delle infrastrutture cloud mondiali. Il primo “colosso” non americano è Alibaba Cloud, azienda cinese che ne possiede il 5%».
Quali sono le differenze tra questi mercati?
«Oltre che di ordine quantitativo, le differenze sono soprattutto politiche e rispecchiano approcci divergenti che da sempre si “incontrano/scontrano” nella definizione di che cosa sia la digital governance. Da un lato, abbiamo il laissez faire tipico di Washington in molti settori, fatto di colossi che costruiscono il proprio business su un mix di elementi tipicamente liberali che vanno dai principi cardine del web – interoperabilità e accesso universale alla rete senza confini – alle nuove tecniche di capitalismo della sorveglianza. Ma qualcosa sta cambiando e le autorità pubbliche americane hanno cominciato a mettere in discussione le storture di questo oligopolio assodato. In Cina il panorama è profondamente diverso: il loro approccio alla sovranità tecnologica si rifà ai principi della tradizione confuciana, tra i quali in particolare un’attenzione pedissequa alle regole e una ricerca spasmodica dell’armonia basata su un codice di condotta sociale gerarchico. Qui il mercato è molto regolamentato e dal 2016 c’è stata una stretta governativa su ciò che era consentito caricare in cloud, che ha portato alla chiusura di tante aziende».
Quali limitazioni ci sono, per esempio?
« In Cina il governo è particolarmente severo nel proibire la condivisione e il caricamento di contenuti pornografici e illegali. Inoltre, le piattaforme cloud occidentali qui non possono operare, o possono farlo solo accettando severe e invasive limitazioni ».
E in Europa che cosa succede?
« L’europa è molto indietro e sconta un panorama frammentato e dipendente dalle piattaforme cloud americane. Tuttavia, qualcosa si sta muovendo. Spinti dall’enfasi posta dalla Commissione von der Leyen sulla sovranità tecnologica, gli attori pubblici e privati europei hanno lanciato progetti di successo variabile anche per quanto riguarda le piattaforme cloud ».
Un esempio è Gaia-x.
« Esatto. La cordata europea nata in Germania è la più interessante e infatti gode del sostegno del governo francese e di molte aziende private in tutta Europa. L’idea di mettere insieme tante piccole realtà per compensare la mancanza di colossi tecnologici è strategica e può essere una base valida per favorire l’interoperabilità e l’innalzamento degli standard per la protezione dei dati ».
Una missione nella quale l’italia sta mostrando un certo entusiasmo.
«Vero, ci sono dentro anche Leonardo, Enel e Confindustria Digitale. Ma il successo del progetto dipenderà dal numero di organizzazioni, compagnie, istituti e istituzioni che vorranno aderirvi. È una sfida aperta che, in mancanza di big player, si basa su un sistema di piccole realtà ».
In che modo il dato è da considerarsi strategico?
«Come si è ripetuto all’infinito, i dati sono il petrolio dell’economia e delle società digitalizzate. Tuttavia, la grande differenza con il greggio – forse non adeguatamente sottolineata – è che non si tratta di una risorsa finita, bensì in continua creazione e rigenerazione. Pertanto, la filiera produttiva del dato costituisce un assetto strategico per le sfide geopolitiche attuali e future. La partita che si sta giocando nel settore del cloud, ma non solo – si pensi al 5G – è una delle tante sfaccettature dell’attuale corsa alla supremazia tecnologica. Stati Uniti e Cina sono i due attori principali che si stanno sfidando su tantissimi fronti rispetto allo sviluppo del digitale e alla gestione della “cosa tecnologica”. L’unione europea si sta facendo strada forte del suo potere normativo e del suo mercato digitale interno, e non ci sta a fare il vaso di coccio tra i vasi di ferro. Come insegnano alcune delle teorie di relazioni internazionali, l’ascesa e la caduta degli “imperi” si basa sulla capacità di avere economie fiorenti, sviluppo tecnologico e capacità organizzative (di governance, diremmo oggi). E il dato è una base comune di tutte queste tre variabili ».