QUANTO INQUINA UN DATA CENTER?
Il consumo energetico dei server è un problema anzitutto europeo, che l’arrivo di 5G, intelligenza artificiale e guida autonoma non farà che peggiorare. Accanto agli sforzi legislativi dell’unione europea, i principali player continentali del settore hanno sottoscritto un « patto per la neutralità climatica » che mira a rendere la nuvola sostenibile entro il 2030
La nuvola inquina. Poter accedere da qualsiasi apparecchio a programmi pesanti e avere a portata di mano file archiviati da anni in server lontani costa energia. Il prezzo della bolletta a fine mese resta stabile, ma nemmeno nell’ecosistema cloud nulla evapora: uno studio dell’unione europea dimostra che nel 2018 i data center sul suo territorio hanno consumato 76,8 terawattora (TWH), il 2,7% della domanda di elettricità e lo 0,5% di emissioni di gas serra di tutto il continente. Se non si cambia rotta entro il 2030, il conto rischia di subire un’accelerazione del 28%: 98,52 TWH drenati, il 3,21% della domanda di energia elettrica. «Uno dei principali fattori dell’aumento del consumo energetico dei server è la costruzione di cloud data center sempre più grandi», si legge nello studio europeo. Anche se la domanda di TWH continua ad aumentare, dal 2010 sono stati fatti passi da gigante nel miglioramento energetico delle infrastrutture tecnologiche. Ma potrebbero non bastare: l’esplosione del 5G, la crescita dell’intelligenza artificiale e lo sviluppo della guida autonoma rischiano di far andare fuori controllo l’approvvigionamento dei data center. Per ora, calcola l’unione europea, la power usage effectiveness (Pue), l’indice che misura l’efficienza energetica delle infrastrutture di calcolo, è scesa da 2,03 del 2010 a 1,75 del 2018. Numeri migliori per i paesi del Nord-europa (1,71 in media), contro le nazioni del Sud (Italia, Spagna e Grecia tra le altre) ultime della classe con un Pue pari a 2. L’europa, ha sottolineato il commissario al Mercato interno Thierry Breton, vuole essere «l’epicentro della tecnologia verde. Ecco perché promuoviamo infrastrutture adeguate per servizi cloud efficienti e rispettosi dell’ambiente». Alle soluzioni tecniche, come sistemi di raffreddamento più efficienti, sfruttamento delle energie rinnovabili e costruzione dei data center nelle regioni fredde, si affiancano policy strategiche che l’unione punta a mettere in campo, come il ricorso ad appalti pubblici verdi e all’acquisto di servizi rispettosi dell’ambiente. In cantiere c’è la definizione di requisiti di trasparenza minimi, oltre alla promozione di indicatori uniformi per i livelli di risparmio energetico e all’utilizzo della leva fiscale per velocizzare la svolta green delle imprese tecnologiche. Senza però un’imposta ad hoc. «Una tassa generica sulle emissioni di CO2», si legge tra le conclusioni del report, «viene vista come lo strumento di market policy più importante per regolare le esternalità negative e migliorare l’efficienza energetica».
Le imprese però corrono più veloci del legislatore e nel 2021 i principali player europei dell’industria del cloud hanno sottoscritto un « patto per la neutralità climatica » per rendere i data center più sostenibili entro il 2030. Il codice di autoregolamentazione impegna i firmatari – 25 aziende e 17 associazioni di categoria – a « provare l’efficienza energetica con obiettivi misurabili; acquistare energia al 100% priva di carbonio; dare priorità alla conservazione dell’acqua; riutilizzare e riparare server; cercare modi per riciclare il calore». A testare il rispetto del piano sarà la Commissione europea, che farà un check-up due volte all’anno. I grandi attori scommettono sulla riduzione della loro impronta ambientale. «Grazie a sistemi di pannelli solari fotovoltaici e centrali idroelettriche di nostra proprietà, stiamo già producendo più energia verde di quanta ne avremmo effettivamente bisogno nei nostri data center», ha rivendicato Stefano Cecconi, amministratore delegato di Aruba. Aws, la società del gruppo Amazon che si occupa di data center e cloud, ha rassicurato che « più del 50% dell’energia consumata nel 2018 da Aws proviene da fonti rinnovabili» e l’obiettivo «a lungo termine» è arrivare al 100% di energia green per alimentare la nuvola. Google non è da meno: nel mondo guida le classifiche per acquisto di elettricità da fonti rinnovabili con 6mila megawatt comprati nel 2020 e si è impegnata a decarbonizzare la fornitura entro il 2030. In Italia il data center Supernap di Siziano, a 20 chilometri da Milano, utilizza totalmente energia rinnovabile e vanta un indice Pue tra 1,3 e 1,4, che è al di sotto della media. Costruito sugli standard dei data center Switch di Las Vegas, il Supernap Italia è stato realizzato con un sistema di raffreddamento che prevede l’isolamento del corridoio caldo e permette di tenere separati i flussi di aria fredda e aria calda.