GRANDI IMPRESE, GRANDI NOVITÀ
La pandemia ha accelerato la trasformazione digitale delle aziende e sempre più persone lavoreranno da casa, in remoto, anche una volta terminata l’emergenza. Come rendere strutturale un cambiamento nato in modo un po’ disordinato? La risposta è ancora il cloud
C’è chi è convinto che dopo la pandemia di Covid-19, che da più di un anno tiene sotto scacco l’intero pianeta, tutto tornerà come prima. E poi ci sono studi e ricerche, secondo i quali almeno il mondo del lavoro uscirà da questa situazione profondamente rinnovato, nel bene o nel male. Secondo l’osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che dal 2012 studia e anticipa i trend del lavoro agile, durante l’emergenza sanitaria circa 6,58 milioni di lavoratori sono stati costretti ad adottare misure di lavoro in remoto (nel 2019 erano 570mila), e l’81% di essi continuerà – almeno in parte – a lavorare da casa. Un esercito di 5,3 milioni di persone, nella sola Italia, impiegato nell’industria, nelle pmi e nella pubblica amministrazione, che ha bisogno di strumenti digitali, applicativi, accessi remoti e infrastrutture sicure. «Sono convinto che la risposta sia nel multi-cloud, e nella capacità di accorpare le domande del cliente in poche risposte efficaci e immediatamente operative», ha spiegato a Wired Alfredo Nulli, responsabile del portfolio e del Centro di eccellenza di Noovle, nuova azienda interamente controllata da Tim che si propone sul mercato come polo italiano per il cloud e l’edge computing. «È vero ed evidente che il Covid-19 abbia accelerato la trasformazione digitale delle aziende, ma il processo è stato finora disordinato e dettato dall’emergenza, più che da un piano di controllo coerente con le esigenze di lungo termine», osserva Nulli: «Oggi la sfida dell’impresa sarà quella di riprendere il controllo di tutti gli asset digitali garantendo livelli di servizio adeguati e affidabilità al cento per cento: aspetti che con l’emergenza sanitaria non si sono risolti» e sui quali le aziende devono predisporre una strategia di consolidamento valida.
Lontani dagli anni nei quali il cloud era sinonimo di upload di fotografie in archivi più o meno condivisi, oggi l’offerta si catalizza verso le tre macro-configurazioni della nuvola: infrastructure, platform o software as a service (Iaas, Paas, Saas). Architetture diverse, che permettono soluzioni diverse. « Ma non sta all’azienda individuare la soluzione migliore per le sue richieste: la transizione dovrebbe essere quanto più semplice possibile, con il cliente che sa dove vuole arrivare e gli esperti e i tecnici del cloud provider che progettano il modo migliore per ottenere il risultato», chiosa Nulli.
Non resta che orientarsi e ragionare in termini di investimenti e strategie di riorganizzazione, che si confermano come decisive nel 93% dei casi, secondo uno studio dell’osservatorio cloud transformation, nel quale si evidenzia il ruolo di tale tecnologia nel permettere alle aziende di reimmaginarsi grazie alle tecnologie digitali. Tra gli indici utilizzati dall’osservatorio, il cloud è preponderante, anche rispetto alla cybersecurity (rilevante o molto rilevante nel 74% dei casi), all’utilizzo dei big data (68%) e del 5G (41%). « Ma la chiave della trasformazione è nei professional manager esperti di cloud, ovvero persone cloud native che ragionano per progettare tutti i sistemi di cui l’azienda ha bisogno», precisa Nulli. Sistema paghe, applicazioni di sportello, strumenti di trading, caselle di posta elettronica: la smaterializzazione dei servizi per le aziende non è solo la risposta all’emergenza sanitaria, ma anche un mercato che solo in Italia vale 3,3 miliardi e che nel 2020 è cresciuto del 21% rispetto all’anno precedente. Cifre che galvanizzano la corsa europea all’adozione del cloud, con in parallelo il progetto Gaia-x che si propone, attraverso la collaborazione di aziende e organizzazioni di tutta Europa, di mettere a sistema l’evoluzione sulla nuvola, favorendo l’interoperabilità e l’interconnessione tra i paesi del Vecchio continente. Si punta a favorire un raddoppio dei posti di lavoro in ambito cloud, da 5,7 a 10,9 milioni, entro il 2025, secondo il quadro stimato dalla Commissione europea. E l’italia non ha intenzione di rimanere indietro nella corsa europea.