L’ETÀ D’ORO DELLE STARTUP
Negli ultimi cinque anni sono stati investiti 55 miliardi di dollari in nuove imprese che operano nel cloud, e nei prossimi due ci si aspetta un’ulteriore crescita del 30%. È così che debuttano idee come quella dell’italiana Cubbit, che ha creato una nuvola “diffusa” tra i suoi utenti
Venture capitalist, aziende e fondi sovrani guardano al cloud con grande ottimismo. I soldi non mancano, la nuvola è pervasiva e per gli investitori è facile subirne il fascino: «Ormai cloud è quasi un sinonimo di informatica, un termine che comprende una marea di cose anche molto diverse tra loro», dice con sano realismo Stephane Klecha, banchiere d’affari e conoscitore delle dinamiche hi-tech, fondatore e managing partner di Klecha & Co. Secondo i dati raccolti da Crunchbase, la piattaforma che monitora i round d’investimento in tutto il mondo, le startup che scommettono sulle linee tipiche dell’ecosistema as a service del cloud – Saas, Iaas, Paas – sono riuscite a raccogliere negli ultimi cinque anni oltre 55 miliardi di dollari solo per quanto riguarda computing, infrastrutture e sicurezza della nuvola. « Il mercato è in fermento e in questo biennio crescerà almeno del 30%», stima Klecha. Eppure, sottolinea, «ci sono nicchie che non sono adeguatamente coperte, grandi opportunità per chi si occupa di temi come l’analisi dei dati industriali. I dati B2B sono la nostra ricchezza e nello studio delle informazioni l’europa può farla da padrone; ma è fondamentale che tutto sia analizzato, arricchito e conservato qui », per evitare di lasciare conoscenze preziose all’estero (anche quando si tratta di paesi amici). « In un mondo che vira sulla nuvola, l’aspetto della sicurezza non può essere secondario», ragiona Klecha. « Per questo abbiamo attivato uno screening tra le startup europee del settore e stiamo lavorando alla costituzione di veri leader di mercato».
Con la promessa di una gestione più sicura dei dati salvati in cloud, in Italia nel 2016 è nata Cubbit, che sta rivoluzionando l’intera infrastruttura tecnologica. « Abbiamo eliminato i data center per sostituirli con una rete diffusa composta dai computer stessi degli utenti », spiega Stefano Onofri, co-ceo di Cubbit. È la sharing economy applicata alla nuvola: « Il concetto alla base del cloud è utilizzare il computer di qualcun altro per archiviare i tuoi documenti. Cubbit, invece di fare affidamento su un pc unico in mano a un player globale, cifra il file e lo spacchetta in 24 pezzi e poi ancora in 36», continua Onofri. « I singoli byte vengono distribuiti sugli apparecchi che fanno parte della rete e che hanno memoria inespressa e gigabyte sottoutilizzati ». Solo il proprietario dei dati ha le chiavi per ricomporre lo spacchettamento e può ottenere le informazioni anche se viene perso per strada parte del codice. Per partire senza un numero di utenti tale da rendere stabile la rete, Cubbit ha lanciato sul mercato gadget grandi come un hard disk da connettere al wi-fi di casa, chiamati Cubbit Cell. «Ciascuno ha il suo storage dedicato, resta acceso e permette alla rete di funzionare. Di fatto è un data center autocostruito dalle persone e per le persone», sottolinea Alessandro Cillario, co-ceo della startup. Con una campagna di crowdfunding, poi evoluta in ecommerce, sono state vendute oltre 3500 Cell in 70 paesi per un milione di raccolta, poi altri 2,5 milioni sono arrivati dall’unione europea, da Techstars, Barclays, Primomiglio e Tim. « Abbiamo in programma un nuovo round per migliorare le nostre soluzioni business e offrire servizi più professionali », rivela Cillario. All’europa, Cubbit è piaciuta perché, aggiunge, è una chiave per «competere con i giganti del settore, in un momento in cui la data sovereignty è un problema sempre più urgente». Ma c’è anche il tema ambientale. «Consumiamo molta meno energia dei data center », dice Onofri: « Per ogni petabyte salvato su Cubbit si risparmiano 40mila chili di emissioni di CO ». 2
Avere un impatto sociale positivo è il cruccio dell’industria del cloud, che ha unito le forze per abbattere i consumi energetici dei data center e investe milioni di dollari per sviluppare soluzioni con felici ricadute sul territorio. Salesforce, tra i leader mondiali del mercato Saas, nel 2020 ha lanciato il suo secondo fondo di impact investing da 100 milioni di dollari, che servirà a finanziare le startup del cloud che possono garantire effetti misurabili su ambiente e società focalizzate su educazione, sostenibilità, diversity e social sector technology. Un primo fondo, da 50 milioni, è partito nel 2017 e ha permesso al colosso di Marc Benioff di investire in 25 startup, « una nuova generazione di imprese capaci di guidare il cambiamento sociale e che hanno potuto far espandere il loro impatto in giro per il mondo».