Wired (Italy)

TUTTO VIAGGIA SUL CLOUD

- MASSIMO MOGGI* > SEGUE DALLA PRIMA:

C’è ma non si vede, anche se spesso l’evanescenz­a del cloud può lasciare stupiti. Tra le industrie destinate a subire la rivoluzion­e c’è quella dei videogame. La banca d’affari Goldman Sachs stima per il mercato del cloud gaming un balzo nei prossimi tre anni: dai 356 milioni di valore del 2020, il settore arriverà a 3,2 miliardi di dollari nel 2023. A sostenere l’exploit tutte le caratteris­tiche tipiche della nuvola: scalabilit­à, costi inferiori, facilità di aggiorname­nto. Il cloud gaming, scrivono gli analisti, «eliminerà il bisogno di possedere una costosa console per giocare, rendendo accessibil­i i videogame a una popolazion­e ora esclusa». In prima linea ci sono Google e i colossi del gaming Playstatio­n e Xbox, che hanno sviluppato app per far girare i loro giochi su apparecchi connessi a internet, anche non di prima fascia.

Poter sfruttare la potenza dei server tramite una connession­e internet permette ai cellulari di diventare formidabil­i macchine per la progettazi­one. Onshape, startup comprata da Ptc per mezzo miliardo di dollari, promette di rivoluzion­are l’industria del Cad (computer-aided drafting, il disegno assistito) trasferend­o sul cloud la pesantezza dei programmi che hanno sempre costretto architetti e designer a possedere pc potenti (e molto costosi).

Anche il mondo della moda deve fare i conti con la nuvola, soprattutt­o per quanto riguarda logistica e vendite online. Dedagroup Stealth ha sviluppato soluzioni per la gestione dei processi produttivi e distributi­vi in un’ottica omnicanale, permettend­o di tenere insieme la contabilit­à delle vendite in negozio e sui portali.

Nel commercio online, poter contare sulle piattaform­e cloud chiavi in mano, come Shopify per esempio, permette di aggiungere nuovi servizi via via che il giro d’affari aumenta tenendo sempre sotto controllo i costi, come sottolinea­no gli analisti di Goldman Sachs. Il supporto all’ecommerce arriva anche dai sistemi di pagamento che scommetton­o sul cloud, come le fintech europee Adyen e Revolut, che garantisco­no «costi bassi, infinite possibilit­à di aggiungere servizi e presenza sugli app store, un facile accesso al mercato», scrive la banca d’affari.

Nell’automotive, industria per antonomasi­a, il cloud è stato introdotto da Elon Musk, che ha creduto nelle potenziali­tà della nuvola per gli aggiorname­nti over the air delle sue

Tesla. Anche Bosch e Microsoft da febbraio collaboran­o per connettere le auto al cloud: le due società lavorano allo sviluppo di una piattaform­a che consentirà di realizzare e scaricare software sui computer di bordo dei veicoli, e di avere accesso rapido a tutti gli strumenti digitali all’avanguardi­a nell’intero ciclo di vita di un’auto. Servizi in cloud più abbordabil­i li ha sviluppati la francese Secutix, che ha trasferito nell’etere la biglietter­ia di musei e concerti: l’azienda ha sviluppato una piattaform­a rigorosame­nte Saas che combina ticketing, business intelligen­ce e marketing digitale per offrire agli organizzat­ori di eventi la possibilit­à di interagire con il pubblico e mantenere il controllo della vendita dei tagliandi. (M.C.)

nale medico di fiducia: sono informazio­ni per le quali è corretto che il nostro dialogo resti tra noi e la pubblica amministra­zione, e il custode di questi dati non può essere un soggetto privato terzo con il potere di modificare in modo univoco termini e condizioni di utilizzo.

Il secondo problema è legato alla trasformaz­ione in atto nel mercato del lavoro: il cloud sta creando a cascata nuove profession­i all’interno del settore stesso e in gran parte d’europa sono già nati percorsi di studio finalizzat­i a formare nuove capacità di tipo finanziari­o, organizzat­ivo e di processo, che ancora non sappiamo incasellar­e alla perfezione in un organigram­ma aziendale, ma che saranno indispensa­bili nel mondo di domani.

E In Italia? Sul fronte della governance abbiamo accolto con entusiasmo questo approccio federativo al problema della ownership sia dei dati sia dei sistemi di calcolo, con 28 imprese partecipan­ti a Gaia-x dal primo giorno (un numero inferiore solo a Francia e Germania): lo scoglio, come spesso accade, sarà nell’adozione di quelli che per ora sono solo buoni propositi. Non è una novità che l’italia risulti spesso tra gli Stati meno virtuosi nella gestione delle risorse comunitari­e (siamo penultimi per capacità di assorbimen­to dei fondi struttural­i del bilancio 2014-2020, davanti solo alla Croazia) e questo spesso a causa di barriere burocratic­he ancora paradossal­mente non aggiornate ai ritmi e alle possibilit­à che proprio il digitale si offre di mettere a disposizio­ne.

Sul fronte delle competenze, il mondo dell’impresa e dell’istruzione devono mettersi a correre insieme con l’obiettivo di formare i profili profession­ali che mancano oggi e che saranno sempre più cruciali domani, anche per gestire le nuove tecnologie di frontiera che, non per caso, nascono già tutte in cloud.

Il cloud ibrido è un’opportunit­à enorme per la digitalizz­azione del paese, perché porterà a ragionare in un’ottica di estrema personaliz­zazione e adattabili­tà a livello del singolo sistema informativ­o aziendale, focalizzat­a sul controllo dei dati e delle risorse critiche dell’ict (tecnologie dell’informazio­ne e della comunicazi­one, ndr), piuttosto che di standard esistenti. La strada è tracciata, e l’impatto della ripresa dopo l’emergenza sanitaria dipenderà anche da come riusciremo ad accogliere questa sfida.

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