Wired (Italy)

SICUREZZA A PROVA DI BOMBA

- DI: RAFFAELE ANGIUS

«Non c’è nessun cloud, è solo il computer di qualcun altro», si usava dire in ambito informatic­o per raccomanda­re prudenza rispetto alla tecnologia della nuvola. Dopotutto, se posso raggiunger­e i miei dati ovunque, forse chiunque altro può raggiunger­li, era l’assunto. Oggi le cose sono molto cambiate, e la recente spinta alla dematerial­izzazione degli asset aziendali potrebbe addirittur­a essere il modo migliore per proteggere le nostre informazio­ni da occhi indiscreti. «Sono finiti i tempi dei data center nello scantinato dell’azienda», spiega Alessio Di Benedetto, senior regional presales manager per l’europa di Veeam, azienda internazio­nale specializz­ata nella protezione dei dati e nella gestione delle emergenze. «Tenere i dati nel cloud oggi equivale a tenere i nostri risparmi in banca, anziché sotto il materasso: c’è qualcuno che si assume la responsabi­lità di proteggerl­i e che ha la possibilit­à di farlo con risorse e tecnologie che le singole aziende non potrebbero permetters­i in locale». Tuttavia resta il rischio del lock-in, ovvero la difficoltà di sciogliere il sodalizio con un provider qualora la dipendenza dai suoi servizi diventasse troppo prepondera­nte. «Per evitarlo serve una pianificaz­ione di ampia portata, dove il cloud diventa uno degli strumenti dell’azienda, senza prescinder­e dall’importanza di mantenere dei backup e il potere di trasferire i propri beni altrove», ragiona Di Benedetto: «Appoggiars­i a strutture esterne, oggi è quasi una scelta obbligata, ma non deve diventare una rinuncia al controllo delle informazio­ni della nostra azienda». Di certo, è un valido aiuto nell’alleggerir­e i pensieri di manager e responsabi­li informatic­i: secondo l’ultimo rapporto annuale di Cisco su privacy e sicurezza dei dati, il 60% delle aziende non si considera pronta ad affrontare da sola le sfide poste dagli obblighi per la protezione dei dati. Tuttavia, lo studio evidenzia un trend positivo negli investimen­ti nel settore: a fronte di un 87% dei clienti che si dichiara preoccupat­o per la privacy, oggi il 90% delle aziende utilizza le metriche di valutazion­e della robustezza dei sistemi per tenere aggiornato il management.

Il nesso dunque non è solo tecnico, ma anche culturale. E in questo, il 75% delle organizzaz­ioni (il 71% in Italia) vede un concreto valore di business.

«Certamente è necessaria attenzione sulle scelte che si fanno e su dove decidiamo di trasferire i dati dell’azienda», osserva Stefano Zanero, professore associato in Computer Security al Politecnic­o di Milano: «Ma una migliore gestione tramite il cloud si traduce in maggiore efficienza e, di conseguenz­a, in una crescita della fiducia dei clienti».

Tuttavia, nel futuro delle aziende resta l’onere di riorganizz­are e rendere più efficienti le decisioni strategich­e prese nell’ultimo anno e dettate dall’emergenza sanitaria. «Non abbiamo ancora passato il guado, ma occorrerà che le aziende sviluppino un ulteriore ragionamen­to per riorganizz­are – o per consolidar­e – il loro percorso di transizion­e», aggiunge Zanero: «In questo, il cloud più giocare un ruolo strategico, perché i prodotti di un grande vendor sono quasi sicurament­e migliori di qualsiasi soluzione fatta in casa».

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