SICUREZZA A PROVA DI BOMBA
«Non c’è nessun cloud, è solo il computer di qualcun altro», si usava dire in ambito informatico per raccomandare prudenza rispetto alla tecnologia della nuvola. Dopotutto, se posso raggiungere i miei dati ovunque, forse chiunque altro può raggiungerli, era l’assunto. Oggi le cose sono molto cambiate, e la recente spinta alla dematerializzazione degli asset aziendali potrebbe addirittura essere il modo migliore per proteggere le nostre informazioni da occhi indiscreti. «Sono finiti i tempi dei data center nello scantinato dell’azienda», spiega Alessio Di Benedetto, senior regional presales manager per l’europa di Veeam, azienda internazionale specializzata nella protezione dei dati e nella gestione delle emergenze. «Tenere i dati nel cloud oggi equivale a tenere i nostri risparmi in banca, anziché sotto il materasso: c’è qualcuno che si assume la responsabilità di proteggerli e che ha la possibilità di farlo con risorse e tecnologie che le singole aziende non potrebbero permettersi in locale». Tuttavia resta il rischio del lock-in, ovvero la difficoltà di sciogliere il sodalizio con un provider qualora la dipendenza dai suoi servizi diventasse troppo preponderante. «Per evitarlo serve una pianificazione di ampia portata, dove il cloud diventa uno degli strumenti dell’azienda, senza prescindere dall’importanza di mantenere dei backup e il potere di trasferire i propri beni altrove», ragiona Di Benedetto: «Appoggiarsi a strutture esterne, oggi è quasi una scelta obbligata, ma non deve diventare una rinuncia al controllo delle informazioni della nostra azienda». Di certo, è un valido aiuto nell’alleggerire i pensieri di manager e responsabili informatici: secondo l’ultimo rapporto annuale di Cisco su privacy e sicurezza dei dati, il 60% delle aziende non si considera pronta ad affrontare da sola le sfide poste dagli obblighi per la protezione dei dati. Tuttavia, lo studio evidenzia un trend positivo negli investimenti nel settore: a fronte di un 87% dei clienti che si dichiara preoccupato per la privacy, oggi il 90% delle aziende utilizza le metriche di valutazione della robustezza dei sistemi per tenere aggiornato il management.
Il nesso dunque non è solo tecnico, ma anche culturale. E in questo, il 75% delle organizzazioni (il 71% in Italia) vede un concreto valore di business.
«Certamente è necessaria attenzione sulle scelte che si fanno e su dove decidiamo di trasferire i dati dell’azienda», osserva Stefano Zanero, professore associato in Computer Security al Politecnico di Milano: «Ma una migliore gestione tramite il cloud si traduce in maggiore efficienza e, di conseguenza, in una crescita della fiducia dei clienti».
Tuttavia, nel futuro delle aziende resta l’onere di riorganizzare e rendere più efficienti le decisioni strategiche prese nell’ultimo anno e dettate dall’emergenza sanitaria. «Non abbiamo ancora passato il guado, ma occorrerà che le aziende sviluppino un ulteriore ragionamento per riorganizzare – o per consolidare – il loro percorso di transizione», aggiunge Zanero: «In questo, il cloud più giocare un ruolo strategico, perché i prodotti di un grande vendor sono quasi sicuramente migliori di qualsiasi soluzione fatta in casa».