Come vivremo di nuovo insieme
La Biennale Architettura 2021, a Venezia fino a novembre, lancia la sfida di rivoluzionare il modo di abitare: non solo le nostre case, ma anche le città. Partendo da tre lezioni che la pandemia ci ha lasciato: la necessità di ripensare i servizi dopo l’esplosione del digitale, il rinnovato bisogno di socialità e un cambiamento più rapido di qualsiasi piano urbanistico
Mentre in molti sono convinti di essere già nel “dopo” pandemia, la Biennale Architettura 2021, in agenda a Venezia fino a novembre, pone una domanda determinante per il nostro futuro: Come vivremo insieme? Da oltre un anno, tanti provano ad ammaestrarci su come saranno il mondo, le città e l’economia nel post pandemia. È scattata l’ansia di un certo “riformismo” (welfare, sanità, lavoro, urbanistica...), che rischia di farci ricadere, ancora una volta, nella perversione del “futuro automatico”. Sappiamo ormai che il dopo più prossimo sarà più simile al durante che al prima; ma pensare al dopo saltando il durante significa consegnarsi all’oroscopo o ad affascinanti fughe dalla realtà. Lo sguardo del durante ci aiuta a cogliere alcuni anticipi di futuro rispetto al nostro vivere e abitare le città e i territori. Se nella fase di lockdown abbiamo dovuto ripensare la casa per dormire come luogo della scuola, del lavoro e del tempo libero, in quella di graduale riapertura siamo chiamati a reimmaginare la città dove le famiglie sono in cerca di una migliore qualità contestuale, sociale e relazionale. È un paradosso che mentre l’offerta, incentivata dalle politiche pubbliche, si è spostata sulla qualità dell’immobile, c’è una domanda in nuce in cerca di connessioni, socialità, servizi digitali, infrastrutture ecologiche e nuova mobilità. In questo senso il Superbonus del 110%, oltre a sostenere la “città delle pietre”, dovrebbe essere concepito come un sostegno alla “città delle anime”, grazie all’innesco di progettualità a più larga scala e a regia pubblico-privata, orientate a rigenerare l’edificio-contesto e interi spicchi di città. Alcune conoscenze che derivano da questi mesi di pandemia saranno molto più utili a riprogettare insieme i nostri territori. La prima riguarda la fortissima accelerazione digitale, che ragionevolmente sarà irreversibile. Le evidenze sulle operazioni online, sugli acquisti e sui pagamenti elettronici, sul traffico internet non tanto in download ma soprattutto in upload (caricamento di documenti, fatture, scambio di email, videocahiamate...), sfidano banche, negozi, imprese e amministrazioni locali a riprogettare tempestivamente i servizi e la propria esistenza. In questo caso, non conta solo il “gap infrastrutturale”, benché siamo ancora distanti dalla gigabit society promossa dall’europa, ma la capacità di orientarci tutti – nessuno escluso – all’utilizzo di servizi facili, utili e semplici. Il secondo ambito di apprendimento riguarda la forte domanda attesa di socialità. La città diffusa, in parecchi casi dispersa, spesso produce isolamento e non agevola l’impronta ecologica.