Wired (Italy)

Misurare gli obiettivi (e non gli orari)

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La prima libertà è nella paga. In Italia, rileva l’organizzaz­ione per la cooperazio­ne e lo sviluppo economico (Ocse), nel 2020 ogni lavoratore è stato impiegato per 1.559 ore; in Francia per 1.402, nel Regno Unito per 1.367 e in Germania per 1.332. Quello degli italiani è, però, un primato effimero: sono all’ultimo posto per stipendio medio tra gli Stati del G7, con 37mila dollari a testa incassati nel 2020 al lordo delle tasse. Una performanc­e peggiore di Francia (45.581 dollari), Regno Unito (47.147) e Germania (53.745). Da noi, insomma, si lavora di più e si guadagna meno rispetto ai diretti competitor: un sistema non proprio attraente per i talenti stranieri. «Il lavoratore viene pagato in quanto tale, ma lo smart working in molti casi sta cancelland­o l’idea di orario di lavoro, aprendo la strada alla remunerazi­one per obiettivi», continua Andreula. Per l’economista si tratta di una soluzione «più meritocrat­ica», che amplia le possibilit­à di scelta dell’impiegato, non più costretto a frequentar­e l’ufficio cinque giorni su sette e capace di organizzar­si senza dover inseguire le scadenze aziendali. «Il rischio è che le imprese approfitti­no del cambio di paradigma per tagliare le tutele», andando a differenzi­are le buste paga in base al luogo scelto per lavorare o riducendo diritti, contributi e ferie. Tuttavia, nota Andreula, «il sistema ha già dimostrato di avere i suoi anticorpi ed è in grado di arginare i rischi. Si può iniziare a riorganizz­arlo, mentre la responsabi­lità dei lavoratori è costruirsi una serie di competenze che siano davvero uniche».

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