Il colloquio? Lo fa l’intelligenza artificiale
I grandi archivi di dati, sempre più diffusi, stanno aprendo la strada all’utilizzo dell’intelligenza artificiale come strumento per analizzare esperienze passate e statistiche dei potenziali candidati in fase di assunzione. Le aree nelle quali il machine learning potrebbe portare i maggiori risultati nei prossimi anni sono l’identificazione dei profili più adatti e la scrematura di domande e cv, rileva un’indagine del 2019 di Oracle. Tuttavia, «la principale barriera per l’adozione dell’ia è il budget, seguita dalla scarsità di Hr competenti in quest’area», evidenzia lo studio. Solo il 40% del personale che si occupa di risorse umane dichiara, in un sondaggio all’interno della stessa ricerca, di essere moderatamente in confidenza con le tecnologie per l’individuazione di nuovi talenti, e questo limita il ricorso al machine learning o ad altre automazioni nella selezione del personale. Complici anche i social network, l’automazione offre comunque grandi opportunità in termini di riduzione dei tempi in fase di sourcing – cioè la ricerca dei profili adatti – e di screening, ovvero durante la valutazione preventiva delle performance e delle capacità di base dei candidati. Questo vale soprattutto quando è il momento di elaborare le singole candidature e di favorire un più rapido turn over dei posti vacanti. «La tecnologia può fare molto per semplificare alcuni meccanismi di selezione, ma per quanto riguarda l’italia nell’85% dei casi il lavoro si trova ancora attraverso il passaparola», avverte Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis e presidente di Assosomm (Associazione italiana delle agenzie per il lavoro). «Le variabili nell’individuazione di un candidato sono troppe e troppo complesse per essere elaborate tramite un’intelligenza artificiale, che può al massimo risultare utile per scartare una candidatura. A valle del processo occorre ancora il tocco umano e l’esperienza, che può andare oltre lo sterile dato matematico», conclude l’esperto. A integrazione, possono venire in aiuto «i questionari e gli assessment compilati per ogni candidato, con i quali si cerca di intercettare anche le soft skill di ciascuno», osserva Sonja Caramagno, coach della International Coaching Federation ed esperta proprio nel rafforzamento delle soft skill. «Però, per quanto le metriche aiutino, è improbabile che nel futuro qualcosa possa sostituire la consuetudine del colloquio di lavoro, che resta uno strumento indispensabile per conoscere la persona e leggerne il carattere ben al di là delle statistiche».