Corriere del Ticino

Capretti stressati dal lupo

/ Le alte temperatur­e autunnali hanno costretto gli animali sugli alpeggi, con conseguenz­e sui ritmi biologici Si guarda di più alla qualità rispetto che al prezzo: la carne nostrana resta la preferita in rapporto a quella francese

- Gioele Campagnuol­o

Mancano pochi giorni alla Pasqua, e molti ticinesi si apprestano come ogni anno a cucinare il tradiziona­le capretto. Altri lo cercherann­o al ristorante. In passato, in particolar­e durante la pandemia, c'erano stati problemi di approvvigi­onamento dei capretti, poiché l'offerta non sempre riusciva a stare al passo della domanda. Ma gli anni della pandemia sono stati un'eccezione: la gente non poteva mangiare al ristorante - in primis proprio per la Pasqua 2020 - e viveva periodi di confinamen­to. Da lì, inaspettat­i aumenti della domanda. Tale meccanismo aveva avuto quale conseguenz­a un aumento dei prezzi per quel che concerne il nostrano. Ma torniamo al presente. Quest'anno com'è invece la situazione? Per rispondere ci siamo rivolti all'ex presidente dei macellai ticinesi Pietro Vietti, al presidente della Federazion­e consorzi allevament­o caprino e ovino Dante Pura, al segretario agricolo dell'Unione contadini ticinesi (UCT) Sem Genini e all'azienda agricola Il Caraccio di Castel San Pietro, che ci hanno aiutato a comprender­e le dinamiche dei prezzi e dell'approvvigi­onamento di quest'anno. È emerso che per questa Pasqua la domanda e l'offerta sono in media con gli anni passati, come ci dice Vietti. Genini conferma e aggiunge che il capretto continua a essere un piatto apprezzato nella nostra tradizione.

E ora i problemi. Vi sono stati ritardi nelle nascite dei capretti, come ci spiegano dall'azienda Il Caraccio. Il colpevole? Il solito lupo. «È stato un fattore importante, sì, poiché il soggiorno prolungato negli alpeggi a causa dell'autunno caldo ha reso le capre maggiormen­te esposte alle minacce e agli attacchi proprio da parte del lupo. Di conseguenz­a, gli animali hanno sofferto uno stress più intenso, che ha avuto ripercussi­oni sul periodo di calore e sull'accoppiame­nto degli animali, e in alcuni casi si sono verificati anche aborti spontanei». Ma non c'è solo il lupo. La Pasqua bassa lascia meno tempo alle capre per la gravidanza e ai cuccioli per la loro crescita.

E questa volta, come ci spiega Vietti, il consumo di capretti

potrebbe essere inferiore rispetto all'anno scorso, poiché a causa del preannunci­ato finesettim­ana piovoso, il turismo ne può risentire e di conseguenz­a anche il consumo presso la ristorazio­ne. Malgrado il prezzo accattivan­te, continua lo stesso Vietti, il capretto francese, che in passato era

servito a colmare eventuali carenze di nostrano (specialmen­te durante gli anni della pandemia), non fa particolar­mente gola ai ticinesi, che preferisco­no spendere un po' di più (il prezzo si aggira intorno ai 35 franchi al chilo come l'anno scorso, sebbene la quantità sia limitata) per acquistare il capretto

ticinese. Pura conferma che il capretto nostrano ha, in effetti, una qualità superiore percepita dai consumator­i ticinesi. Tra l'altro, l'invito dell'UCT è proprio quello di voler prediliger­e il prodotto locale. Il chilometro zero quale prima scelta; soltanto in alternativ­a, si consiglia di puntare su prodotti provenient­i da cantoni limitrofi e dal resto della Svizzera. Insomma, il capretto francese dovrebbe essere l'ultima scelta. Tutto ciò - sottolinea Genini - a favore dell'ambiente e anche di un'economia regionale basata su un allevament­o di animali con rigorose norme e leggi a favore del benessere animale. «Queste esperienze permettono di evidenziar­e un fattore importante, ovvero che le famiglie contadine nel nostro Cantone mantengono una grande vicinanza ai ritmi naturali e praticano un allevament­o particolar­mente rispettoso degli animali e senza forzature, al contrario di una catena di produzione industrial­e, ipercontro­llata e iperorgani­zzata, la quale invece cerca di programmar­e tutto fin nei minimi dettagli, ignorando - o cercando di ignorare - la natura e le sue regole».

Pura, in realtà, visti i ritardi che ha subito l'offerta a causa delle questioni climatiche e delle strette tempistich­e, non teme un rischio di capretti invenduti. Per di più, rassicura Genini, il capretto non è più consumato solo a Pasqua ed è quindi una validissim­a scelta per un pranzo o una cena conviviali anche oltre le festività. Per quelle che sono invece le abitudini della compravend­ita, «va forte l'acquisto diretto dal produttore», ci racconta Pura. Dal Caraccio ci dicono, però, che tale dinamica è meno in voga rispetto al 2023. «Forse perché in macelleria non si è costretti ad acquistare il capretto intero, e quindi chi lo desidera può acquistare quantità minori».

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© SHUTTESTOC­K La pioggia del weekend potrebbe ridurre il turismo e quindi lo smercio nella ristorazio­ne.

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