A proposito di come si danno le notizie
Da un po' - ascoltando le notizie potrebbe capitare di sentire: «Beh, per comprendere bisogna - come dire? - attendere». Cioè: non si accorgono che parlano ancora un po' all'antica (inelegante dire «capire» e «aspettare»), proprio mentre ci tengono tanto a mostrarsi popolareschi: far finta di improvvisare, come riflettendo a vo
ce alta, forse al bar, «beh, come dire?»; inventarsi le domande-risposte col corrispondente (che così perdi anche il filo del racconto), fingendosi all'oscuro del fatto, uomo della strada trovatosi per caso un microfono davanti; i «ben arrivati» e i «come senz'altro ricorderete». Insomma, il nome della cosa nella nostra lingua padre: infofiction. Il cognome? Fake. E c'è di peggio. «Cosa è successo e cosa si può prevedere succederà, ce lo dice …». Fino al «successo» può darsi, ma come fa a dirci il «succederà»? Ci sono davvero i... Locarno-Monti per i fatti di domani e dopodomani? E soprattutto, perché? Non ne stanno succedendo abbastanza da raccontare? Che il prodotto venga spacciato regolarmente anche su carta e dagli schermi renderebbe necessaria una buona diagnosi; una pista: non sarà che per scacciare l'ansia del futuro si scappi nel delirio di onniscienza?
Ma il veramente grave arriva quando nell'affrontare l'oggi-domani si guarda da un'altra parte. Dalle due capitali - non da chi prevede, ma da chi fa - messaggi forti e chiari: «La Russia di Putin è in marcia, ha invaso l'Ucraina e sta seminando il caos in tutta Europa e oltre. Se qualcuno in questa stanza pensa ingenuamente che Putin si fermerà all'Ucraina, vi assicuro che non lo farà»; «La Russia è una minaccia reale» e la Svizzera deve basare la sua politica di sicurezza sulla realtà, perché «deve affrontare un mondo che esiste, non un mondo che vorremmo avere». E allora, perché continuare con la routine («Putin cattivo!»)? Il momento esige una corrispondenza stabile sul posto, con almeno le stesse risorse di quelle d'Oltreoceano (spiace, quest'anno, la fine prematura delle primarie: ci mancheranno i reportage dai caucus) e con gli occhi ben aperti. L'altro madornale strabismo oscura la vista sul baratro surriscaldato verso cui stiamo andando - nel nostro piccolo, magari fermi in colonna alla rotonda di Manno. Qui bisogna inventarsi tutto un altro ritmo-respiro della notizia: seguire i sensori sui punti più importanti per il momento solo caldi, registrarne con adeguata frequenza la febbre, dire chi (di noi, di loro) cosa fa e non fa. Avvisare non è certo salvare. Ma si dovrebbe fare quel che si può.
Pier Zanetti
Bigorio