Caso 1MDB, chieste pene detentive fino a dieci anni
L'inchiesta è iniziata nel 2015 e ha ramificazioni internazionali. / Secondo la procuratrice federale Alice de Chambrier esiste un pericolo di fuga concreto dei due uomini d'affari ginevrini, uno di origine saudita e l'altro britannica, per questo è stata
Dieci anni di reclusione per il principale imputato, Tarek Obaid, CEO di Petrosaudi, e nove per il secondo imputato, Patrick Mahony, già responsabile finanziario della stessa società e di fatto braccio destro di Obaid. Il caso è quello del processo in corso al Tribunale penale federale di Bellinzona per le malversazioni ai danni del fondo sovrano malesiano 1MDB. Il danno ammonterebbe a 1,83 miliardi di franchi. Le accuse nei confronti dei due manager rientrano nella complessa inchiesta che il Ministero pubblico della Confederazione conduce sulla distrazione di investimenti del fondo sovrano 1MDB che costò anche la perdita di reputazione dell'allora BSI. La Svizzera indaga dal 2015 sull'intricata vicenda con ramificazioni internazionali che il Ministero della giustizia degli Stati Uniti ha qualificato come «il più grande caso di cleptocrazia di tutti i tempi». Concetto riassunto anche dalla procuratrice federale Alice de Chambrier rivolgendosi alla Corte: «Questa è la frode del secolo, messa in atto da uomini che danno l'impressione di essere brave persone, ma che in realtà sono manipolatori calcolatori e arroganti, senza scrupoli e oscenamente avidi». I due uomini sono accusati - tra le altre cose - di amministrazione infedele, truffa aggravata, corruzione di funzionari pubblici stranieri e riciclaggio di denaro. Per entrambi la procuratrice Alice de Chambrier ha chiesto anche la detenzione di sicurezza perché c'è un elevato rischio di fuga. Vi è, a suo dire, la possibilità che i due si sottraggano a una condanna: fino alla sentenza avranno infatti diverso tempo per riflettere sulla pena detentiva e per lasciare la Svizzera. Ricordiamo che i due imputati sono entrambi cittadini svizzeri in possesso anche della cittadinanza saudita il primo e britannica il secondo.
Tarek Obaid avrebbe incassato personalmente da questa truffa almeno 572 milioni e altri 150 milioni grazie agli investimenti fatti a beneficio dei due imputati con il denaro rubato, secondo la procuratrice, che valuta invece i guadagni di Patrick Mahony in almeno 55 milioni di franchi.
I due uomini di affari, secondo la procuratrice, hanno usato il fondo 1MDB come macchina per rastrellare tonnellate di denaro, quasi l'1% del PIL della Malesia, che si era fortemente indebitata per finanziare il fondo. Il denaro sottratto è stato «sperperato in modo indecente, affittando jet e yacht privati, acquistando gioielli ed edifici nei migliori quartieri di Londra e Ginevra e persino finanziando un padiglione “Obaid” alla Mayo Clinic» negli Stati Uniti.
Oltre a questo la procuratrice ha chiesto che i beni sequestrati in Svizzera (circa 192 milioni di franchi, oltre a immobili bloccati in Svizzera e a Londra) vengano confiscati e restituiti al fondo sovrano malese 1MDB. È stata pure avanzata richiesta di un risarcimento di oltre due miliardi di dollari, corrispondente alle somme sfuggite ai sequestri. Gli imputati dovrebbe infine accollarsi i costi del procedimento, pari a 83.000 franchi, oltre alle spese di Ministero pubblico e Confederazione.
«Il più grande caso di cleptocrazia di tutti i tempi», fu definito dal Dipartimento di giustizia degli USA
Quelle licenze fantasma
L'accusa, inoltre, non crede assolutamente alla dichiarazione di Tarek Obaid, che ha affermato di essere stato incaricato di missioni segrete per i più alti livelli del potere saudita e che ora non può parlare di queste missioni per motivi di sicurezza. Per quanto riguarda i giacimenti petroliferi che Petrosaudi sosteneva di possedere, uno di essi - quello in Argentina - assomigliava a «un pascolo di bestiame», è stato detto dalla procuratrice Muriel Jarp che ha sostituito la collega de Chambrier citando un testimone. La joint venture in cui partecipava il fondo sovrano malese - ha sostenuto ancora - non ha mai posseduto una licenza per sfruttare un gigantesco giacimento petrolifero in Turkmenistan, contrariamente a quanto dichiarato nel contratto con il fondo. L'avvocato Lezgin Polater, che difende gli interessi di 1MDB, ha parlato di «metodi degni della criminalità organizzata».