Corriere del Ticino

Una sentenza discutibil­e che condanna la Svizzera

- Tito Tettamanti

Ovviamente tra diverse autorità (poteri) è facilmente prevedibil­e che vi siano contrasti di opinioni specie a proposito delle relative competenze. Ad esempio per l'applicazio­ne di leggi è noto che vi siano tra i giudici due correnti di pensiero. Quella che ritiene che l'emanazione delle leggi è d'esclusiva competenza del potere politico e di conseguenz­a il compito del giudice è l'applicazio­ne delle stesse con un'intelligen­te interpreta­zione. L'altra corrente di pensiero reclama per il giudice la possibilit­à di adeguare le leggi all'evoluzione della società, anzi vede nella giurisprud­enza praticamen­te una forma per tener conto dei cambiament­i nella compagine sociale. Dimentico volutament­e il sistema della Common Law applicato nel mondo anglofono.

Ritengo la volontà di allargare il campo di competenza dei giudici pericolosa anche perché si sostituisc­ono all'autorità legittima, parlamento ed eventualme­nte popolo.

Le riflession­i che precedono mi sono state suggerite da una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) con sede a Strasburgo che ha condannato la Svizzera per violazione dei diritti umani nell'ambito ambientale. La denuncia al tribunale è opera di un'associazio­ne di signore svizzere di età avanzata che sostengono che da noi il riscaldame­nto del clima danneggia la loro salute e le espone ad un maggior pericolo di morte. La realtà è un'altra, questa associazio­ne è stata voluta e sostenuta da Greenpeace, la quale ha pure finanziato i notevoli costi della causa, stimabili tra i 750.000 ed 1 milione di franchi. Greenpeace è una ONG nota per la sua aggressivi­tà ed i metodi poco ortodossi. In un caso che mi concerneva l'ho fatta condannare penalmente.

Quindi di fatto è Greenpeace che ha querelato e ottenuto la condanna della Svizzera. Il redattore capo del Nebelspalt­er ha demolito il fondamento della querela con statistich­e che dimostrano che la Svizzera ha ridotto le immissioni pro capite di CO2 tra il 1990 e il 2021 del 37,4 contro la riduzione dell'UE di solo 31,8. Parimenti che il Tribunale ha grossolana­mente dimenticat­o che è difficile sostenere l'aumentata esposizion­e al pericolo di morte quando la longevità delle donne negli ultimi anni è aumentata e si attesta oggi attorno agli 86 anni. Infine è singolare un'accusa al riscaldame­nto quale origine di decessi quando studi provano che quelli degli anziani causati dal freddo sono 10 o più volte numerosi. Su questi aspetti fondamenta­li trovo l'agire del Tribunale piuttosto distratto.

Ma la distrazion­e è facile da comprender­e quando si esamina il curriculum dei giudici molti dei quali nel passato hanno militato e lavorato per associazio­ni impegnate a cambiare il mondo, anche per quanto concerne la problemati­ca del clima, spesso con atteggiame­nti estremi e battaglier­i. Nulla di male, era loro buon diritto, un'ottima premessa per sedere sul banco dell'accusa ma non su quello di chi giudica. Il giudice svizzero della Corte europea dei diritti dell'uomo, membro del Partito socialista, non fa mistero del suo zelo a favore della causa climatica e nelle sue funzioni senza eccezioni condanna sempre la Svizzera. Rispettiam­o le sue convinzion­i ma è ovviamente un giudice di parte. Come mai ci troviamo con un simile tribunale chiarament­e partigiano di certe cause? In virtù dell'abile attivismo di ONG e associazio­ni che piazzano giudici che condividon­o le loro sensibilit­à, facilitati dalla disattenzi­one dei politici (i parlamenta­ri del Consiglio d'Europa) che li nominano.

Concludend­o, una sentenza discutibil­e per una causa nella quale Greenpeace si fa rappresent­are da signore svizzere, un tribunale in parte costituito da giudici di parte (clima) che disattende fatti statistici inconfutab­ili. La difesa della Svizzera è stata affidata a un funzionari­o dell'Ufficio federale di giustizia che però da tempo si era candidato a membro della stessa Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), vale a dire il tribunale giudicante, e poi effettivam­ente eletto nella settimana successiva alla sentenza quale rappresent­ante del Liechtenst­ein. Il fatto di non volersi urtare con i futuri colleghi può aver influito?

Ma la constatazi­one più amara è un'altra. In Svizzera, democrazia semi-diretta, le decisioni politiche le prende il popolo – vedi rifiuto in votazione della legge CO2 – o i giudici di Strasburgo, prevenuti su alcuni temi? La mania di voler essere sempre presenti in gremi internazio­nali ha un prezzo. Lo paga la nostra democrazia.

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