“Tele & altre visioni”: per iniziare…
Su invito di Manuela Camponovo, responsabile del settore Cultura, inizio oggi la mia collaborazione con “L’Osservatore Magazine”. Conosco Manuela da molto tempo. Negli anni in cui ho lavorato al “Giornale del Popolo”, redazione Cultura, è stata il mio diretto superiore. Non sono mancate le divergenze, i punti di contrasto. Ma non ho potuto che ringraziarla per la fiducia, la correttezza e la libertà. Se ho accettato il suo invito è perché una certezza la tengo ben salda: qui nessuno cederà mai al demone dei divieti, delle messe al bando, del silenziamento coatto.
Come si può evincere dal titolo della rubrica, «tele & altre visioni», il mio compito consisterà nel tornare a condurre un corpo a corpo con l’offerta della tv, locale, nazionale e internazionale. La critica televisiva è, in breve, estetica e analisi, scena e retroscena. Non è mai agiografia anticipata. Per questo agita e irrita i personaggi più suscettibili, e solitamente ininfluenti, del piccolo schermo. Poi, è vero, ogni critico ha il proprio registro linguistico, le proprie preferenze personali. Io amo il genere seriale (specialmente americano e inglese). Lo amo per un semplice motivo: è la dimostrazione manifesta che la televisione ha una capacità e una forza espressiva estranee ad altri mezzi. La formula
della serialità la diversifica dal cinema, rimette in moto meccanismi del racconto ottocentesco, ha inventato un nuovo tipo di scrittura. Ho un debole per La7, terzo polo generalista italiano vocato all’approfondimento tagliato sul dibattito. Ho profonda ammirazione per il direttore del TG Enrico Mentana, di cui apprezzo enormemente le maratone garibaldine. Adoro i documentari storici, culturali, scientifici e naturalistici trasmessi in abbondanza su ARTE, National Geographic Channel e ZDF. Preferenze personali, solo preferenze personali. Nello spazio di «tele & altre visioni» ci sarà posto per la predilezione e per molto altro. Esiste una quota di nostalgici che non va disconosciuta né ignorata.
Ovvio ricordarlo, in questa mia prima rubrica: a dispetto delle cassandre, la televisione è viva, vivissima. Il televisore non è più il focolare domestico, il totem adorato posto sopra a un mobiletto nel salotto di casa, ma è diventato tanti device connessi in rete. In tempi di abbondanza di canali e piattaforme, di convergenza e crossmedialità, la televisione la si può seguire quando e come si vuole (sul televisore ma anche sul computer, sul tablet, sul telefonino), senza più preoccuparsi di dover rispettare i normali tempi di programmazione. La tv ha dunque subìto un cambiamento radicale e si è trasformata in una tv smontabile, ma non ha smesso di essere un habitat di interessi e aspettative, di gusti e disgusti e, in quanto tale, continua a creare discorso, online e offline. Segnalazioni, proteste, chiarimenti, riflessioni. Se lo vorrete, cari lettori, potrete dire la vostra. “L’Osservatore Magazine” è aperto al dialogo.