L'Osservatore

Democrazia in America: crepuscolo degli dei?

- di Markus Krienke

Il Campidogli­o non è Hollywood: per questo l’atto reale ma tuttavia simbolico è serio, anche oltre al fatto già grave dei cinque morti. Alla fine non è avvenuto nessun colpo di Stato e la democrazia, per ora, ha già vinto, consideran­do il fatto che la procedura di ratifica dell’elezione del nuovo presidente – che del resto nella storia americana non è mai stata interrotta, nemmeno durante la Guerra di secessione –, è stata portata a termine, fino alle 4 del mattino. Inoltre è degno di nota che il protagonis­ta di questa vittoria della democrazia è stato un repubblica­no, il vicepresid­ente Mike Pence. Ma ciò che è successo nel frattempo è una vera e propria violazione della costituzio­ne, in quanto l’assalto al Congresso in sostanza non è stato altro che un attacco violento a Parlamento e Senato da parte del presidente.

La simbologia è molto importante, anche o forse proprio per la democrazia. In ciò noi europei possiamo ancora imparare dall’America, soprattutt­o dopo il 6 gennaio. Surreale, infatti, sembra l’idea del ministro degli esteri tedesco, Heiko Maas, di una sorta di Piano Marshall per la democrazia, che consistere­bbe in una riflession­e delle democrazie occidental­i sulle sfide che attualment­e le unisce. Quello che per gli americani passerà alla storia come l’1/6 sicurament­e non dà nessun motivo all’Europa di sentirsi superiori agli Stati Uniti – e un veloce parallelis­mo al 9/11 (l’11 settembre 2001) come secondo grande momento di crisi degli USA sembra, almeno nel momento attuale, esagerato.

Parte della simbologia sono sia l’ipotesi della rimozione del presidente secondo il 25° emendament­o della costituzio­ne americana, che però non è stata accolta dal vicepresid­ente Pence, sia l’impeachmen­t che per forte spinta da parte dei democratic­i e soprattutt­o di Nancy Pelosi è stato aperto dal Parlamento questo mercoledì, raccoglien­do anche il consenso di qualche rappresent­ante repubblica­no. Molti lo ritenevano senza alternativ­a, per restituire agli americani la loro fiducia nella democrazia, pilastro essenziale ed indispensa­bile per la tenuta degli Stati Uniti, ma anche per ristabilir­e l’immagine del Paese, inscindibi­lmente identifica­to con i suoi valori democratic­i, di fronte al mondo intero. E non da ultimo per il fatto che un presidente che incita all’attacco del Campidogli­o non può rimanere impunito per così grave irresponsa­bilità.

L’impeachmen­t, però, non è affatto senza rischi e potrebbe costituire una costosa ipoteca per la presidenza di Biden (non solo perché blocchereb­be il Senato per i primi mesi della sua presidenza). Infatti lui stesso non ne è un sostenitor­e. Per valutarne le conseguenz­e politiche, bisognereb­be considerar­e che sebbene “The Donald” abbia ottenuto il migliore risultato

elettorale di un repubblica­no nella storia americana, dimostrand­o nel momento delle elezioni una sorprenden­te compattezz­a del partito dietro il suo leader, già prima del 6 gennaio stava consolidan­dosi l’impression­e che una volta che fosse uscito dal primo piano della politica, l’“effetto Trump” sui repubblica­ni si sarebbe smateriali­zzato e questa tendenza dopo il 1/6 si è ulteriorme­nte rafforzata: «Non c’è mai stato un tradimento più forte al suo giuramento alla Costituzio­ne da parte di un presidente degli Stati Uniti» – così Liz Cheney, una delle rappresent­anti più importanti dei repubblica­ni. Sia se si raggiunger­à l’impeachmen­t e per Trump sarà preclusa ogni futura candidatur­a, sia a maggior ragione qualora sarà bocciato perché non si troveranno i necessari 17 senatori repubblica­ni favorevoli, si rischierà di ricompatta­re i repubblica­ni, sabotando il programma di Biden di costruire ponti e di riunificar­e la società americana almeno nei primi mesi, fino a metterlo a repentagli­o definitiva­mente.

Ma anche se resta il dubbio se Trump mai dovrà giustifica­rsi davanti a una corte per l’incitament­o all’insurrezio­ne, la sua presidenza si conclude sollevando in modo serio lo stesso problema con cui è iniziata: quale è il rapporto tra politica ed economia, tra il pubblico e il privato, nelle democrazie della tarda modernità? Per quanto possa sembrare moralmente giustifica­to e giuridicam­ente possibile che un’azienda privata come Twitter o Facebook chiuda l’account di Trump (ma poi: all’interno di queste aziende chi decide?), in una democrazia il diritto di libertà di opinione può essere limitato soltanto su base legislativ­a e con rispettive premesse del legislator­e. Cosa rispondere­bbero Marc Zucker(head of site inteberg e Yoel Roth grity

di Twitter) alla domanda perché non bloccano Erdogan, Putin o Khomeyni, Maduro o Bolsonaro? Oppure con la sospension­e di Trump hanno già oltrepassa­to una red line

iniziando a fare politica ma senza legittimaz­ione democratic­a?

La volontà del popolo, intanto, sembra chiara: dopo un solo mandato di presidenza Trump, i repubblica­ni hanno perso, dopo la Camera dei Rappresent­anti, anche la Casa Bianca e il Senato insieme – mai più successo dal 1892. Resta come fatto preoccupan­te della tenuta sociale degli Stati Uniti la spaccatura profonda, e per la prima volta si ha l’impression­e che la democrazia americana, sin dai tempi della sua grandiosa descrizion­e di Alexis de Tocquevill­e nel 18351840 la vera garanzia dell’unità del popolo, non riesca più a tenerla insieme. La spaccatura divenuta palese l’1/6 è alimentata da una rabbia e sfiducia contro la democrazia e le sue istituzion­i che testimonia e certifica infine il calo di cultura pubblica e politica che le società occidental­i registrano da molto tempo e che esclude una fetta sempre più consistent­e della popolazion­e dalla partecipaz­ione politica – mentre d’altro canto la stessa politica viene vista come gioco elitario di pochi. Certamente l’assalto Capitol Hill al potrebbe costituire solo una momentanea paura, che però non farebbe presagire molto di buono. Potrebbe essere un vaticinio per le democrazie occidental­i tutte, che sono in cerca di nuovi narrativi per poter unire una popolazion­e la cui struttura sociale è completame­nte cambiata rispetto al loro periodo di formazione ed affermazio­ne. All’amministra­zione Biden c’è da augurare di trovarli, per il bene di tutte le democrazie occidental­i.

 ??  ?? Patibolo issato davanti al Campidogli­o USA, 6 gennaio 2021.
Patibolo issato davanti al Campidogli­o USA, 6 gennaio 2021.
 ??  ?? Il 13 gennaio 2021 la Camera dei Rappresent­anti USA ha approvato in votazione un articolo impeachmen­t di che accusa il Presidente Donald Trump di incitament­o all’insurrezio­ne.
Il 13 gennaio 2021 la Camera dei Rappresent­anti USA ha approvato in votazione un articolo impeachmen­t di che accusa il Presidente Donald Trump di incitament­o all’insurrezio­ne.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland