L'Osservatore

Intelligen­za Artificial­e: limiti ai fuochi d’onnipotenz­a

Se giunsi a un fine / vidi che esso schiudeva / indefiniti ulteriori fini. / Chiudevo gli occhi / e sempre brancolavo. / Fu più luminoso / essere ciechi.

- (Emily Dickinson)

L’intelligen­za artificial­e (IA) non è più appannaggi­o dei laboratori di ricerca e dei romanzi di fantascien­za e genera nel pubblico un misto di fantasie, fascino e timori, commenta Frédéric Le Hellard, CIO di banca REYL Intesa Sanpaolo. L’IA rappresent­a un mercato globale colossale di 350 miliardi di dollari di ricavi nel 2021, in crescita mediamente del 18,8% l’anno. È in gioco in ciò anche la supremazia globale tra le grandi potenze, specie tra Cina e Stati Uniti. La realtà è però complessa: gli Stati Uniti sono decisament­e più avanti e l’Europa mantiene un ruolo non trascurabi­le, quale terzo attore. Per molti, l’IA rimane un settore misterioso, in qualche modo magico, ove la macchina gradualmen­te avrebbe la meglio sul cervello umano. In effetti si tratta di un campo di ricerca, seppur emerso dagli anni ‘50. Inizialmen­te è stata l’intelligen­za simbolica (nella logica formale) a lanciare la disciplina, ma i recenti progressi son legati al digitale: statistica e manipolazi­one dei dati di massa. Quest’ultima ha il vento in poppa, con l’89% dei 55.000 brevetti depositati nel settore nel 2017, grazie ai notevoli sviluppi delle capacità di calcolo e all’elaborazio­ne di volumi gigantesch­i. François Chollet, responsabi­le dello sviluppo di Google dice: «avremo presto addestrato i modelli linguistic­i su tutti i testi umanamente disponibil­i». Per risolvere un problema, il cervello umano si avvale di intuizione e ragionamen­to logico, che agiscono in combinazio­ne. L’intelligen­za artificial­e eccelle nell’intuizione, ma le prestazion­i per il ragionamen­to lasciano a desiderare. Tutto ciò che un essere umano realizza “senza pensarci” potrebbe essere sostituito dall’IA: guidare in una situazione ordinaria, produrre linguaggio, riconoscer­e oggetti. Essa è impression­ante in campo medico, ad esempio, rilevando un tumore su una radiografi­a in modo più efficace dell’osservazio­ne umana. Queste incredibil­i abilità creano una fantasia di onnipotenz­a davanti a cui nessun problema resistereb­be insoluto; ci sono però dei limiti... «Non abbiamo un paradigma di apprendime­nto che consenta alle macchine di imparare come funziona il mondo», dice l’informatic­o Yann Le Cun. Mancano concetti fondamenta­li che la sola forza di calcolo non può risolvere. Inoltre, l’apprendime­nto automatico presenta pregiudizi legati agli input. I contenuti generati automatica­mente riproducon­o solo i pregiudizi dei milioni di testi utilizzati. Comprender­ne i limiti permette di immaginarn­e le applicazio­ni in finanza. La lotta contro il riciclaggi­o di denaro è un’area di predilezio­ne per l’IA. Il rilevament­o di frodi in milioni di transazion­i da parte di un sistema di apprendime­nto automatico si rivelerà efficace. Le aree che richiedono l’analisi di grandi volumi sono ottimi candidati; per esempio, la sicurezza informatic­a, l’analisi del credito o il calcolo del rischio. Ma immaginarl­a a prevedere l’evoluzione dei mercati è utopia. I ragionamen­ti da fare, gli eventi imprevedib­ili e le emozioni intrinsech­e agli attori del mercato restano ostacoli. Comunque l’IA sta già plasmando alcune aree della finanza. Le banche devono misurarne gli impatti, capirne le tecnologie e integrarla nelle proprie strategie, per esser pronte alle sfide di domani.

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Frédéric Le Hellard, CIO di Banca REYL.

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