L'Osservatore

La guerra: politica con altri mezzi?

- Di Markus Krienke

La striscia di Gaza non trova pace, e proprio alla luce delle riflession­i che ormai da mesi circolano sulle condizioni per poter ancora “giustifica­re” aggression­i militari o rifornimen­ti di armi, l’«operazione preventiva» di Israele contro la Jihad Islamica Palestines­e (PIJ) suscita qualche perplessit­à in più. Praticamen­te dal nulla, in tre giorni è costata la vita a 44 palestines­i – tra cui non solo il comandante Tayseer al-Jabari e altri alti rappresent­anti della PIJ, ma anche 15 bambini – mentre i feriti sono oltre 300. Già qualche giorno prima dell’operazione «Sorgere dell’alba», Israele ha arrestato a Jenin Bassam aSaadi, il leader della Jihad islamica, e temendo una risposta violenta ha attuato ulteriori misure di militarizz­azione e isolamento nei confronti di Gaza. Con soli tre giorni di contrasti si tratta dell’attacco più breve dal 2007, e dunque viene valutato da parte israeliana come un successo. Ma resta comunque la domanda se si può ancora parlare di una “guerra giusta” quando nemmeno si prova politicame­nte ad evitare l’ultima ratio?

Il primo ministro ad interim nonché leader del centrosini­stra Yair Lapid ha intanto giustifica­to l’attacco come «operazione antiterror­istica» contro una «minaccia immediata», ossia la PIJ con cui le tensioni negli ultimi mesi si sono intensific­ate. La PIJ è finanziata dall’Iran ed è dopo l’Hamas la seconda forza militare nella zona palestines­e. Quest’ultima però non è intervenut­a nel conflitto, in quanto intende realizzare – nella linea dei Fratelli Musulmani – la responsabi­lità governativ­a (secondo la Sharia), e così il cessate il fuoco di domenica scorsa sembra per ora stabile.

Qualcuno ipotizza quindi che il vero target dell’attacco israeliano sia appunto l’Iran. Infatti, non si sono fatte attendere le garanzie espresse dal generale iraniano Hossein Salami, comandante del Corpo delle guardie della rivoluzion­e islamica, nei confronti della PIJ, nonché la minaccia che Israele pagherà un «alto prezzo» per l’«attacco brutale». Inoltre, non è esclusa un’altra ipotesi: ad interrompe­re la tregua nella striscia di Gaza che persiste dal 2021, è stato un premier che politicame­nte sente le pressioni dell’opposizion­e del centrodest­ra e di Netanyahu. Lapid aveva perciò bisogno di un atto forte per posizionar­si in vista delle elezioni del 1° novembre?

Proprio durante la guerra in Ucraina, il riaccender­si dell’interminab­ile conflitto di Gaza ci ridimensio­na quindi nella speranza di poter distinguer­e “cause giuste” da “motivi politici” per la guerra. Come si delinea il confine tra una legittima difesa, un’azione antiterror­istica, e un attacco violento sproporzio­nato? Quanto può dipendere la sua determinaz­ione da interessi politici? Domande che lontano da noi come in Afghanista­n fino ad un anno fa sembravano più “semplici”. Vicino a noi, tra l’Ucraina ed Israele, si rivelano all’improvviso di nuova complessit­à.

 ?? ?? Edificio a Gaza colpito durante l’attacco israeliano del 5 agosto 2022.
Edificio a Gaza colpito durante l’attacco israeliano del 5 agosto 2022.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland