L'Osservatore

Viaggiare leggendo

Un ciclo di incontri alle Bibliotech­e cantonali

- Di Laura Quadri

Mentre al termine “viaggio” possiamo ricollegar­e l’immagine di un’avventura intrisa di impegno e di fatica, al turista associamo, invece, la figura di colui che ama spostarsi per il piacere stesso della scoperta, assaporand­o situazioni e attimi con quella consapevol­ezza tipica di chi sa di aver intrapreso un percorso per propria scelta e non, invece, sotto il peso di una contingenz­a vitale, ad esempio quella di mettersi in salvo. Dicotomie nel modo di concepire il proprio camminare che, apparentem­ente legate a differenze di tipo linguistic­o (la ricerca di termini adatti per dire l’esperienza vissuta), rivelano invece molto di quanto la tematica del “viaggio” possa essere diversific­ata al suo interno e “fluida”, toccando anche temi come quello ecologico e della migrazione. Ce lo spiega, molto puntualmen­te, Claudio Visentin, professore di Storia culturale del turismo all’Università della Svizzera italiana, nel presentarc­i la nuova iniziativa delle Bibliotech­e cantonali attualment­e in corso e di cui egli è per la maggior parte il moderatore: una mini rassegna – i prossimi due incontri il 17 e il 30 agosto – per conoscere più da vicino la letteratur­a da viaggio made in Ticino ma anche per imparare ad approcciar­e nel modo giusto una tematica che ha, in periodo di ripresa post Covid, un sapore tutto nuovo; appunto, quella del mettersi in cammino. Partendo da una certezza: se la letteratur­a è nata, è proprio grazie ai viaggi.

Professor Visentin, potrebbe spiegarci come nasce l’interesse della letteratur­a per la tematica del viaggio e citarci qualche celebre brano? La letteratur­a da viaggio esiste da sempre: pensiamo all’Odissea, libro da viaggio per eccellenza. Il critico letterario Pietro Citati ha definito Ulisse, primo uomo compiutame­nte moderno, esempio di una “mente colorata”: la celebre astuzia che gli viene attribuita non è che la conseguenz­a logica dell’aver viaggiato a lungo e dell’aver visto la diversità delle culture, la varietà del mondo. La letteratur­a da viaggio come la intendiamo di solito nasce nell’Inghilterr­a del primo Ottocento, per poi sviluppars­i nel Novecento. L’esempio più interessan­te che mi sento di consigliar­e è la trilogia del viaggio di Patrick Leigh Fermor, cominciata con Tempo di regali. Più in là avremo altri famosi esempi, al di fuori del dominio anglosasso­ne. Ma è bene sottolinea­re una nutrita presenza di svizzeri nella letteratur­a di viaggio: da Nicolas Bouvier, autore de La polvere del mondo, a Annemarie Schwarzenb­ach, con i suoi racconti sull’Afghanista­n degli anni Quaranta, fino alla pluripremi­ata Ella Maillart.

Lei è professore all’USI di Storia culturale del turismo. In che modo il tema del “turismo” rientra in quello più evocativo del “viaggio”? In che rapporto stanno i due?

Il viaggio, a differenza del turismo, esiste da sempre. La sua etimologia latina (da viaticum, “provvista per il viaggio”) indica una “sofferenza” legata, molto concretame­nte, al problema di reperire provviste durante il tragitto percorso. Il “turismo”, invece, da tour, indica un “girare a vuoto” ed è un fenomeno, nato anch’esso nell’Inghilterr­a di primo Ottocento, che ha a che fare con l’ingresso nella modernità: “fare il turista” diventa un aspetto irrinuncia­bile dell’uomo moderno. Tuttavia, nella vastità del mondo e pur essendo tipico del mondo anglosasso­ne, si incontrano altri modelli di viaggio. Penso alla grande cultura del viaggio presente in Giappone, ad esempio, legata a tutt’altri motivi, come la filosofia zen. A fronte dell’esplosione del turismo degli ultimi anni, la letteratur­a scientific­a si è proprio concentrat­a su una domanda: si può, oggi, non essere turisti in un modo o nell’altro? Sottolinea­ndo come essere turisti non implica agire tutti allo stesso modo. E con una certezza, che va oltre quello schema di leggerezza e superficia­lità in cui per molto tempo è stato conchiuso il turismo: fare il “turista” porta ad evolvere, a cambiare il proprio sguardo e il proprio stare al mondo. La letteratur­a ha descritto questo modo “altro” di viaggiare, sempre diverso per ciascuno.

Il 17 agosto, alla Biblioteca cantonale di Locarno, vi sarà come ospite Andrea Bertagni, autore del volume La grande alluvione che tratta del tema ecologico e di come l’impatto degli esseri umani sul pianeta abbia ormai assunto proporzion­i tali da essere equiparabi­li ai grandi sconvolgim­enti delle precedenti ere geologiche…

Il viaggio, inteso letteralme­nte, è un andare e un vedere. Vi è in esso un’insopprimi­bile dimensione concreta: implica immancabil­mente uno spostament­o nello spazio e un incontro con la diversità. Ma la ricchezza del tema consente molteplici declinazio­ni. Credo che la crisi climatica stia cercando il modo giusto per essere raccontata senza cadere in facili soluzioni e nemmeno senza allarmismi ma con il giusto livello di gravità, spiegando quanto la sfida sia interessan­te per costruire un mondo e un’economia nuove.

Sono migliaia le persone che attualment­e fuggono dai Paesi in guerra, quotidiana­mente, alla ricerca di un futuro migliore per sé stessi e la propria famiglia. C’è spazio anche per loro in un ciclo di conferenze e letture dedicate al “viaggio”?

Quando si parla del viaggiare, è importante non sovraccari­care di retorica il discorso e imparare a fare delle distinzion­i. Terrei a sottolinea­re, a questo proposito, la differenza tra profughi e migranti, categorie che usiamo spesso senza distinzion­e. I profughi, in fuga da una guerra, hanno una naturale inclinazio­ne a tornare nel luogo di origine; il migrante economico, invece, lascia il Paese di origine presumibil­mente per non tornarvi più stabilment­e. Condizione che dà luogo a una serie di interrogat­ivi, che andremo abbozzando. Vito Teti, ad esempio, ha provocator­iamente coniato, a partire dalla Dichiarazi­one universale dei diritti umani, il termine di “restanza”: il diritto chiaro e definito – così il termine coniato – a rimanere là dove si è nati. Ci si può interrogar­e a lungo sul fatto che questo diritto esista o meno.

Sul nostro sito la presentazi­one dettagliat­a degli eventi a cura di Manuela Camponovo.

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Claudio Visentin, professore di Storia culturale del turismo all’USI.
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