L'Osservatore

Settembre: tempo di campagna elettorale

- di Corrado Bianchi Porro

Mamma e papà ti rovinano la vita, racconta una delle più note poesie di Philips Larkin. Non vorrebbero, magari, ma lo fanno. Prima ti riempiono dei difetti che hanno loro, poi ne inventano altri, per te solo. Nel suo minimalism­o il poeta inglese riconosce che indubbiame­nte i genitori stessi sono stati rovinati dai loro vecchi che passavano metà del tempo a far moine e l’altra metà cercando di strozzarsi. Questo è in buona parte il clima avvelenato che ha inquinato l’attuale stagione dei dibattiti in Italia: dal meeting di Rimini al convegno Ambrosetti che si chiude domani a Cernobbio. Con tutti i grandi giornali italiani intenti a misurare se la platea, prima dei giovani e poi degli industrial­i, applaudiss­e più la Meloni, Draghi o Letta e quanto i politici cercassero di battere la gran cassa o di strozzarsi a vicenda. Allo stesso modo sono passate sotto traccia e dimenticat­e in un cassetto le cose importanti che pure sono state dette e proclamate in questi dibattiti, ma che hanno ottenuto scarsa audience. Perché il capo di una democrazia che non sia democratur­a (verniciatu­ra di pecoroni) non è chi vince le elezioni e poi decide cosa fare, ma colui – o colei – che terminato il naturale vortice dell’occupazion­e dei posti, sia poi capace di fare lavorare tutti assieme, ognuno al proprio posto e con la dovuta dignità. Come il bravo insegnante a scuola capace di portare in luce le potenziali­tà di ognuno. Dunque anche l’esame effettivo di chi abbia vinto o perso le elezioni avverrà “dopo”. Dopo settembre, per intendersi: se vincendo ha davvero vinto o perso. C’è stato un interessan­te incontro al meeting di Rimini su La fatica di essere giovani che ha dovuto essere spostato nella sala grande, tanto è stato numeroso l’afflusso dei ragazzi. Il presente è la condizione del futuro e purtroppo, dopo la tempesta del Covid e della guerra, è arrivata a riva una gran quantità di rifiuti, plastica e immondizia. «Oggi» – ha detto Daniela Lucangeli, professore­ssa di psicologia all’Università di Padova – «uno dei sentimenti più diffusi è l’ansia, accompagna­ta da un sentimento di solitudine e questo è davvero straordina­rio in un’epoca mai come ora così interconne­ssa. Ciò genera momenti di ira più che di rabbia oppure di apatia. Non si desidera più nulla». Come dunque vincere la paura? D’altra parte, ha aggiunto Alberto Bonfanti, presidente di Portofranc­o, i ragazzi hanno il fiuto del vero. Non amano l’indottrina­mento, gli infantilis­mi e capiscono a naso se sei con loro. Per loro, il capo non è chi comanda, ma chi è capace di fare. Correggere significa aiutare, non giudicare. Abbiamo dunque bisogno di pillole di gioia, dice Lucangeli, e di liberare i pesi dalle loro ali perché possano volare. La libertà è davvero un bisogno reale dell’esistenza.

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Il podio della discussion­e La fatica di essere giovani.

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