Il mito oltre il misticismo
Il mito è quel nulla che è tutto. / Ulisse che qui approdò / poiché non c’era, cominciò ad esistere. / Senza esistere ci bastò. / Per non essere venuto, venne / e ci creò.
Il Festival della Bellezza quest’anno parla dell’arte in luoghi d’arte: dal Teatro Romano di Verona, al tempio di Segesta, alle Grotte di Catullo a Sirmione, o al Vittoriale. Il tema verte su Miti e Tabù. Cosa sono i miti? L’ha spiegato Igor Sibaldi, che continuerà l’analisi a Negrar, l’8 settembre. Scrittore, filosofo e slavista, Sibaldi ha tenuto quest’anno la lectio
magistralis al premio Chiara. Il mito appartiene a un’altra libertà, più reale della nostra, ha detto. Nella nostra civiltà la conoscenza che viene dal mito è rifiutata. Nel cristianesimo ci fu un periodo mitico, dal fondatore (quel Capricorno che litigava con tutti) fino a tre secoli dopo. Ne uscirono tantissimi miti. Si chiamavano Vangeli: centinaia. Alla fine del terzo secolo vennero proibiti: niente più racconti. S’era formato il Canone: vietato aggiungere altro alle storie su Gesù. Inizia il periodo mistico. Mito in greco, significa
discorso. Raccontare cosa ho scoperto e mi piace. Il mistico invece significa esser chiusi. Ha già i misteri, la spiegazione. Come la scienza. Quello che c’è da sapere, già lo si sa. Non si tollerano miti. La scienza è mistica: non racconta. Il mito è immaginazione e racconto. Età mitiche sono l’Egitto, la Grecia, la Cabalà, un modo di pensare tipico in ambiente ebraico. Alla metà del Settecento si chiude in Europa il periodo d’oro, quando si aggiunsero alla cultura Russia, USA e Australia. Inizia la civiltà occidentale che ora si sta disaggregando. L’abbiamo visto col Covid: un addestramento al sentimento di odio è tipico prima di grandi catastrofi. Come con gli ebrei. Le grandi guerre son sempre precedute da un periodo di addestramento all’odio. Col Covid, odio lui perché si è (o non si è) vaccinato. La nostra è divenuta una civiltà mistica. Con certezze chiuse, che non permettono sortite nell’immaginazione. È una civiltà del noi rispetto a quella dell’io precedente. Iniziata con la rivoluzione francese e la diffusione degli ismi. Parte col libro I dolori del giovane Werther: un tizio che si innamora a sproposito e si uccide. Forma di morte simbolica il suicidio. Ho contro tutti e non mi sento parte di noi. Il nemico è sempre l’io. La mistica richiede fede e obbedienza. Non racconta nulla: tutto è già detto. Devi solo meravigliarti del fatto che sai tutto pur se restano misteri che non conoscerai mai.
Il mito è l’esatto contrario. È libero. Racconta. Cosa? Ciò che stai immaginando. Dante, oltre a lavorare di fantasia, scrive. Il mito non viene scritto. Nelle
civiltà mitiche non importa la scrittura. I miti greci non sono scritti in volumi. Quelli che abbiamo son tarde raccolte, come fiabe della nonna. Prima dei poemi di Ulisse c’erano solo i vasi, con la scritta: Achille, Ettore. Se non appartenevi al gruppo, non sapevi chi fossero. Il mito è voce. Cosa di più fragile? Un incidente e tutto si perde. Il mito invece dura millenni. Tutti sapete di Edipo senza aver letto nulla. È quello che ammazza il papà. E Pinocchio? Racconta bugie. Il mito, quando passa dal centro di una civiltà alla periferia, diventa favola o barzelletta. La favola è un mito. Della barzelletta non si conosce l’autore. L’hai solo sentita raccontare e la ripeti uguale. Ce ne sono alcune che risalgono ai tempi di Cesare, come quelle narrate dai taxisti di Roma: Quali sono le tre cose bianche che ha un negro? I denti, le palme delle mani e… il padrone. Si è conservata intatta. Il mito – a differenza della barzelletta – non fa ridere. Produce Meraviglia e Commozione. Si muove dentro qualcosa. La chiameremo “x”: nessuno sa cosa sia. L’incognita. Esempio: il mito di Edipo. Trascinato per i tendini e abbandonato nel deserto. Edipo vuol dire dai piedi dolci per le cicatrici. Cresce poi, va a Tebe e trova ad un incrocio un tipo rissoso che non vuol dargli la precedenza. Litigano ed Edipo lo uccide. Arriva a Tebe, apprende che il re è morto: era quello. Edipo fa cose importanti a Tebe e sposa la moglie di quel re. Era sua madre. È l’inizio del mito. Dentro di te c’è meraviglia. La mamma? Qualcosa si muove dentro. È grossa… Gli antichi non tenevano a bada i sentimenti. Parliamo di Collodi: rarissimo caso di autore di miti, di cui si conosce il nome. Personalità complicatissima di cui nulla si sa. Il fratello, quando l’autore muore per un colpo, cerca tra le sue carte e brucia tutto. Non si sa perché. Restano le correzioni sulla bozza di stampa. Il fratello ha distrutto tutto. La mia teoria, dice Sibaldi, è che fosse ebraista. È uno dei testi più esoterici e cabalisti mai visti. Collodi crea un mito. Non c’era Pinocchio prima. La commotio? Un pezzo di legno nella bottega di un falegname, parla. Stupore. Entra un amico: litigano e il falegname, atterrito dal legno, lo regala. L’amico falegname ne tira fuori un burattino. Lo porta a scuola, il burattino disobbedisce e conosce il gatto e la volpe. A ogni frase sei sempre più stupito. Il falegname che diviene papà di Pinocchio è Geppetto, diminutivo di Giuseppe falegname. Un pezzo di legno? Come quello su cui morì Gesù? Un legno che parla? Gli ultimi istanti di Gesù sono su un pezzo di croce e ora il legno riprende vita. Interrogativi che non puoi nascondere. Pian piano trovi le fila. Non serve a niente. Perché la cosa più importante è lo stupore. La bella bambina dai capelli turchini? L’unica figura femminile è una morta. Un fantasma. Come mai? Mediti. Vuol diventare un bambino come tutti gli altri, un burattino. Anch’io sono un burattino, mi faccio muovere da persone cui obbedisco. Un burattino vuol diventare come gli altri e non sa da dove viene. Il papà vuol fermarlo e non ci riesce. Il bambino lo ritrova nella “bocca di un pesce”. Chi è il pesce? In greco è ichtùs, acròstico di Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. Il fattore “x”, l’incognita. Ciò che non sappiamo e amiamo immaginare.