Cartevive, un commiato
Con il nuovo numero della rivista dedicata a temi e soggetti depositati negli archivi e fondi della Biblioteca cantonale di Lugano, ritorna Ennio Flaiano, un caposaldo dei materiali qui conservati, ma come sottolinea nel suo editoriale la conservatrice responsabile Diana Rüesch, ci sono delle ragioni nell’aver tralasciato per un po’ di tempo questo autore: l’aumento dei costi di produzione (che ha anche portato ad una diminuzione di pagine e tiratura) e l’arrivo di altri documenti che hanno arricchito Fondi già esistenti (Bixio Candolfi, Mario Agliati) oppure ne hanno creato di nuovi (Eros Bellinelli) a cui sono stati riservate mostre, edizioni speciali della rivista o pubblicazioni.
I costi di spedizione, sottolinea ancora Diana Rüesch, sono ora stati assunti dalla Fondazione Luisa Flaiano (creata in nome della figlia dello scrittore che era affetta da disabilità). Il narratore, saggista, critico che non cessa mai di essere attuale, sempre citato anche inconsapevolmente, è presente con recensioni e testi relativi al cinema e al teatro, apparsi solo in vecchie riviste degli anni Trenta e Quaranta e mai compresi nella raccolta dei volumi pubblicati, perciò considerati quasi inediti. Altre pagine di questo numero 63 sono dedicate a Pio Ortelli ed Eros Bellinelli.
Ma un altro motivo di questo editoriale attira la nostra attenzione come riprendiamo dalle parole conclusive della conservatrice: «Quello che avete oggi tra le mani è, almeno per la sottoscritta, un fascicolo molto speciale: non perché di un numero extraordinario si tratta, ma poiché è l’ultimo a mia firma. Da ottobre 2022 sarò anch’io parte della nutrita cerchia dei semplici lettori di “Cartevive”, che ha da poco compiuto il suo trentaduesimo anno e, rispetto a me, è poco più di un’adolescente».
Si capisce allora perché Diana abbia qui brevemente percorso la memoria della sua carriera, da quando ha iniziato chinandosi sulle carte di Flaiano e poi ha affiancato Francesca Pino Pongolini su quelle di Prezzolini, fino al 1984 quando proseguì “l’avventura in solitaria”. Non solo ricercatrice filologicamente attenta, precisa, instancabile anche nel riordinare e inventariare, ma il suo compito, come lo ricordo, è stato quello di assistere e aiutare la consulenza degli utenti, magari di frenare e coordinare la loro ostinata insistenza e anche di occuparsi con assoluta discrezione dei titolari dei Fondi (almeno quelli che erano ancora in vita), con compiti che trascendono il lavoro specifico e anche gli orari del ruolo. Ad esempio, facendo da autista a Guido Ceronetti nelle sue incursioni ticinesi, dedicandogli del tempo e accompagnandolo nella mitica e faticosa, insoddisfatta, ricerca di una casa dalle nostre parti, una casa per sé e per le sue marionette sempre procrastinata e infruttuosa. Vicina anche a Rosetta Flaiano, accogliendone le lamentele e la sofferenza degli ultimi anni. Per Diana la ricerca non è mai, come capita, solo un lavoro sull’oggetto, ma è sempre unita all’umanità nei confronti delle persone, siano utenti, donatori in prima persona o parenti e lo mettiamo al presente perché un impegno e una passione di questo tipo, siamo sicuri, non si esauriscono qui.