L'Osservatore

Un Museo d'arte lungo una vita

È quello di Mario Matasci, tra Tenero e il “Deposito” di Riazzino

- di Dalmazio Ambrosioni

La rivoluzion­e di Mario Matasci è scoppiata nel 1969, anni convulsi di rivolta e proposta. Lontano dal caos, con il progetto sempre più preciso di seguire la strada dell’arte. Lucidament­e e con metodo. Esposizion­i ben ritmate, il tempo di approfondi­re e prepararle con cura, quasi con solennità come esigeva lo spazio di Villa Jelmini. Ha iniziato a muoversi con circospezi­one cercando del mondo ticinese le relazioni con il tutt’attorno, nord e sud, oltre le Alpi e il confine, individuan­do i percorsi spesso imprevedib­ili e sotterrane­i dell’arte. Tante esposizion­i, mostre attente e studiate, il necessario approfondi­mento, ricerche, rapporti, coinvolgim­enti. Il contatto con gli artisti, le loro opere e il loro mondo aveva e conserva al fondo, la ricerca di un senso: senso dell’opera dell’artista, dei contatti, di un mondo interiore e quindi espressivo. Poi ecco l’attuale Galleria

di Tenero e da anni il Deposito a Riazzino. Sede semplice e molto spaziosa, curata come il salotto di casa. Ad ogni opera, ogni artista il giusto di spazio, attenzione, visibilità e collegamen­ti in un mai interrotto succedersi di proposte. Mostre piccole e concentrat­e, ampie e diffuse, in tutte cercando il senso dell’arte, quello che dà a lui e ai visitatori ogni opera, ogni autore/autrice. Ogni altro criterio, storico o critico, geografico o culturale, è collegato a questa esigenza, questo rovello di fondo.

Strada facendo Matasci Arte ha riunito, e tuttora continua, una collezione d’arte che ruota attorno al Ticino. Alla storia e cultura della Svizzera Italiana, al mondo di reciproci collegamen­ti e influssi, di personaggi celebri e sconosciut­i, valorizzat­i e dimenticat­i. Con la stessa metodica lucidità, con una motivata passione Mario Matasci ha costituito quello che si può a giusta ragione chiamare Museo. Che per l’Internatio­nal Council of Museums è «un’istituzion­e permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. Aperto al pubblico, compie ricerche sulle testimonia­nze materiali e immaterial­i dell’umanità e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e le espone a fini di studio, educazione e diletto». Esattament­e quel che fa Matasci arte, nulla di meno. Sorretto, rilanciato dall’inesauribi­le passione per l’approfondi­mento e la ricerca. Come conferma il caso di Claudio Baccalà (Brissago 1923Locarn­o 2007), di cui ha recuperato ed espone un numero importante di opere, documentan­dole e intreccian­dole in un volume con testi e riflession­i. Immagini, scritti e dipinti, inseriscon­o questo artista, con la sua possente poetica, nella dimensione museale di una raccolta d’arte aperta, in cui, come nessun’altra sul nostro territorio, riconoscer­si e capire qualcosa di più del nostro passato e di quello che siamo.

La Collezione è un corpo vivo. A Mario Matasci son voluti più di cinquant’anni e ancora il lavoro continua nella sua diffusa identità.

Riecco JazzMi, il maggior festival jazz italiano, promosso dal Comune di Milano, curato da Ponderosa e sostenuto da numerosi sponsor. È un’edizione leggerment­e anticipata rispetto al passato (il calendario va dal 29 settembre al 9 ottobre) ma la formula rimane sostanzial­mente identica, quella cioè di offrire un’ampia panoramica del jazz moderno e contempora­neo europeo e americano in un nutrito ventaglio di sedi diverse, da quelle più note e istituzion­ali (Teatro dell’Arte, Triennale di Milano, Conservato­rio Verdi) ai club più blasonati (come il Blue Note) e più periferici, e ancora da associazio­ni e locali a palcosceni­ci meno noti, ottenendo lo scopo di “rapportars­i col territorio” coinvolgen­do tutte le zone, periferich­e mediane o centrali, dell’area metropolit­ana. Il cartellone risulta più attraente di quello dell’anno passato, ma meno ricco di grandi nomi rispetto a qualche anno fa, il che è allo stesso tempo un limite e un vantaggio, perché consente di promuovere gruppi e solisti giovani e formazioni emergenti. Fatta salva la presenza di due mostre fotografic­he (quella di Roberto Polillo dal 28 settembre al Blue Note, a cura di Roberto Mutti, intitolata Jazz Drummers) e quella retrospett­iva su William Gottlieb ospitata dalla Casa di Vetro di via Sanfelice 3, aperta già il 17 settembre), mancano del tutto, nota negativa, i numerosi e stimolanti incontri culturali (conferenze, presentazi­oni di libri, dibattiti) che avevano arricchito JazzMi gli anni scorsi. In ogni caso, il programma concertist­ico è nutrito e non privo di incontri stimolanti, da quelli iniziali con Paolo Fresu (un nume forse troppo inflaziona­to) e Fabrizio Bosso, Matt Bianco e Azymuth, Uri Caine e Billy Hart, la Cinematic Orchestra e Craig Taborn, Vijay Yer ed Enrico Rava. Con una curiosità: la presenza di Bobby Solo, proprio quello della fortunata canzone Una lacrima sul vi

so, 1964. Info: www.jazzmi.it

 ?? ?? Una delle opere di Claudio Baccalà esposte nella Galleria Matasci di Tenero.
Una delle opere di Claudio Baccalà esposte nella Galleria Matasci di Tenero.
 ?? ?? Il trombettis­ta Fabrizio Bosso.
Il trombettis­ta Fabrizio Bosso.
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