L'Osservatore

Diritto all’aborto: il dibattito si riaccende

- di Pietro Ortelli, insecondab­attuta@osservator­e.ch re della Sera Corrie

La regolament­azione dell’aborto nei paesi dell’Occidente continua ad essere argomento divisivo, e le tensioni sono riesplose recentemen­te per la nota sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti del 24 giugno scorso che, contro precedenti sentenze, ha stabilito che il ricorso all’aborto non è un diritto costituzio­nale. Le reazioni sono state enormi anche in Europa, con preoccupat­i allarmi rilanciati dalla grande stampa, nel timore che questa decisione – che secondo alcuni riporta indietro di cinquant’anni l’orologio della storia – potesse avere ricadute planetarie, rimettendo in discussion­e le «conquiste» degli ultimi decenni.

Ancora più recentemen­te, la questione è tornata in primo piano in Italia, durante la campagna elettorale, e poi in seguito alla vittoria di Giorgia Meloni. Martedì la premier francese Elisabeth Borne ha dichiarato che la Francia, dopo il risultato delle recenti elezioni, starà attenta al rispetto dei diritti umani e del diritto all’interruzio­ne della gravidanza in Italia, quantunque in quel Paese sia in vigore una legge, la 194, che nessuno pensa di abolire né tra i politici del centrodest­ra né tra le figure eminenti del mondo cattolico.

Infatti, il giorno dopo, il cardinal Ruini, lungamente presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in una notevole intervista sul

ha dichiarato: «spero che la legge 194 sia finalmente attuata anche dove dice che lo Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio». (Fra l’altro, nella stessa intervista, alla domanda su cosa si aspettino dal nuovo governo i cattolici risponde: «Preferirei dirle quello che mi aspetto io. Mi limito a un punto solo, ma decisivo e con un sacco di implicazio­ni. Il nuovo governo metta al centro dell’attenzione il crollo demografic­o, che dura da molti anni e che solo da poco tempo la politica ha preso in consideraz­ione, ma in maniera radicalmen­te insufficie­nte»).

In realtà, le posizioni che oggi si fronteggia­no, dato che una regolament­azione dell’aborto che lo depenalizz­a entro certi termini è stata accettata praticamen­te ovunque in Europa, sono quella di coloro che continuano a considerar­lo un male, l’interruzio­ne di una vita, e ritengono che il ricorso all’aborto debba essere limitato, e che il feto richieda protezione giuridica, e quella di coloro che lo consideran­o invece il risultato del diritto della donna di disporre del proprio corpo: prospettiv­a nella quale i diritti del nascituro sono inesistent­i.

Sono questi, in sintesi, i contenuti del confronto innescato dalle rispettive culture di riferiment­o: da una parte l’aborto è un male perché sopprime una vita, dall’altra l’aborto è il diritto della donna di disporre del proprio corpo. Questo rende difficile l’approdo a leggi non divisive, che tuttavia sono possibili.

La strada non può essere quella di ancorare nelle Costituzio­ni – come qualcuno vorrebbe fare in Europa per proteggers­i dal rischio, a mio parere inesistent­e, di temute retromarce – il diritto all’aborto: infatti negli USA tale diritto ha comportato in qualche Stato la sua estensione fino al nono mese, e in molti fino a oltre le 25 settimane, e comunque in tutti, prima della sentenza della Corte suprema, ben oltre quanto consentono la maggior parte delle leggi in Europa.

Questo, nella canea che si è scatenata dopo quella sentenza, lo hanno ricordato in pochi, invece proprio questo è il punto: là si era oltre il limite che viene indicato non solo dalla concezione cattolica, ma dalla semplice ragione. L’aborto che si spinge così in là nel tempo è l’uccisione di un essere umano pienamente riconoscib­ile come tale.

In Svizzera l’aborto non è un diritto della donna, ma è depenalizz­ato, ossia non è reato nei limiti previsti dalla legge (12 settimane e «pericolo di grave danno fisico o di grave angustia psichica»); in Italia, la legge 194 disciplina l’accesso all’interruzio­ne volontaria della gravidanza, ma prevede consultori, strutture di sostegno per le donne che rinunciano ad abortire, riconosce il diritto all’obiezione di coscienza per il personale sanitario.

È di fatto un “compromess­o”, poiché legalizza l’aborto entro limiti definiti (12 settimane) e nello stesso tempo accoglie misure che vanno nel senso di una tutela della maternità e della vita umana dal suo inizio: per questa legge l’aborto non è il diritto della donna di disporre del proprio corpo.

Sottoposta a referendum abrogativo rimase in vigore perché furono respinte entrambe le alternativ­e in votazione: il ritorno a un regime di penalizzaz­ione da una parte, e l’adozione di una legge assai più radicale e senza le misure di sostegno alla maternità dall’altra.

La legge, come è ovvio, non soddisfa pienamente né il mondo cattolico né la cultura laica più radicale in materia, e critiche alla sua applicazio­ne provengono da entrambe le parti, ma solo le ali estreme di entrambi gli schieramen­ti scalpitano: parte dei tradiziona­listi per abrogarla, parte dei progressis­ti perché non consente un ricorso all’interruzio­ne della gravidanza sufficient­emente libero e spedito, fra l’altro a causa degli obiettori di coscienza troppo numerosi.

La posizione morale cattolica, per la quale l’aborto non è mai lecito, non è tuttavia inconcilia­bile, sul piano legale, con l’accettazio­ne di soluzioni che depenalizz­ino l’aborto entro termini definiti – si ragiona in termini di male minore, consideran­do anche il rischio rappresent­ato dall’aborto clandestin­o – ma è inconcilia­bile con la cultura che considera l’aborto un diritto della donna che non trova alcun contrappes­o nel diritto del nascituro di vivere, e a causa di questa inconcilia­bilità non è ben tollerata da chi la considera una palla al piede.

Si avverte infatti oggi una certa insofferen­za, da parte della cultura dominante in importanti ambiti del potere politico e mediatico, verso interferen­ze considerat­e fastidiose, e rispetto alle quali si sviluppa abbastanza rapidament­e una notevole potenza di fuoco.

(Nota bene: non avrei votato per Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, tuttavia considero insopporta­bili uscite come quella di Elisabeth Borne, e in generale ogni tentativo di delegittim­azione pregiudizi­ale dell’esito non gradito di una votazione popolare).

 ?? ??
 ?? ?? Il cardinale Camillo Ruini.
Il cardinale Camillo Ruini.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland