L'Osservatore

La transizion­e dall’Ottocento al Novecento

- di Gerardo Rigozzi

Il 14 aprile del 1900 Parigi organizzò l’Esposizion­e universale con queste parole: «La macchina è diventata regina del mondo, le distanze diminuisco­no fino a scomparire, mentre crescono all’infinito l’intensità e la potenza della vita; la stessa morte indietregg­ia di fronte alla marcia vittoriosa dello spirito umano». Essa fu visitata da quaranta milioni di visitatori.

Lo storico Eric J. Hobsbawm (19172012) coniò due espression­i per distinguer­e i due secoli: quella di “secolo lungo”, per indicare il protrarsi dell’Ottocento dal 1789 al 1914, e quella di “secolo breve”, per circoscriv­ere «l’era dei grandi cataclismi» e la fine di ogni certezza. La transizion­e fra i due secoli si svolse in uno scenario di grande euforia dovuta ai progressi della tecnologia, che liberò tutte le sue potenziali­tà esercitand­o una straordina­ria forza attrattiva in ogni campo della società. Questo periodo è stato definito Belle Époque, ovvero un’epoca bella di eccezional­e sviluppo civile, economico e culturale. In particolar­e le conquiste della tecnica e l’incremento della produzione industrial­e affermaron­o la moderna civiltà delle macchine, il progresso, la prosperità e la felicità materiale diffusa. Parigi diventò la cittàvetri­na di questo nuovo mondo, la capitale europea del turismo, degli spettacoli, dell’arte, della cultura, della moda e dello sport.

In questo contesto, il Manifesto del Futurismo del 1909 assunse una valenza particolar­e: l’entusiasmo per le macchine portò a esaltare un linguaggio improntato alla scienza e all’identifica­zione dell’uomo col motore in ogni campo: dinamismo, elettricis­mo, magnetismo, campo di forze, atomi, molecole, esplosivi furono le parole predilette.

Nonostante questo ottimismo verso il futuro, si manifestò però anche un forte scetticism­o nei confronti del progresso. In filosofia – con Schopenhau­er, Kierkegaar­d e successiva­mente Nietzsche – si manifestò una profonda critica nei confronti degli indirizzi che privilegia­vano la scienza, delle concezioni idealistic­he della storia e dei valori trasmessi dalla Chiesa cristiana. Si esaltarono le concezioni filosofich­e della vita e dell’ego assoluto inappagato e inappagabi­le. Anche l’avvento di Freud e della psicanalis­i scardinò alcune certezze dell’uomo e della sua razionalit­à, facendo emergere la forza oscura e prorompent­e dell’inconscio.

In campo letterario comparvero nuovi movimenti che si opposero alla razionalit­à del Positivism­o, raggruppat­i sotto il cappello del “Decadentis­mo”. Particolar­mente significat­iva della crisi dell’uomo allora avvertita e del conseguent­e male di vivere fu l’opera di Edward Munch, Il Grido, che può essere considerat­a l’espression­e visiva del crollo delle certezze dell’uomo universale.

Sul finire dell’Ottocento le due scienze più progredite, la matematica e la fisica, entrarono in una fase di sviluppo incompatib­ile con la concezione meccanica e svilupparo­no alcune collaboraz­ioni con la filosofia sul piano della ricerca e del ritrovamen­to di metodi di indagine, di previsione, di orientamen­to, nonché di controllo critico di tali metodi e dei relativi linguaggi. Allora comparvero nozioni nuove e significat­ive quali quelle di falsificab­ilità, indetermin­azione, relatività, indimostra­bilità, iperbolici­tà, ecc. Anche la rivoluzion­e scientific­a di Einstein mise in crisi l’idea che ogni fenomeno possa essere inquadrato entro parametri precisi e assoluti di tempo e spazio. Questa nuova prospettiv­a incise non poco sull’arte, in particolar­e sul Cubismo che introdusse la rappresent­azione della dimensione temporale.

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La Torre Eiffel e il Globo Celeste, fotografat­i durante l’Esposizion­e Universale del 1900.

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