L'Osservatore

Saggi per una canzone e per un artista

- Di Luca Cerchiari *

Come ogni fenomeno d’attualità rispetto al filtro storico, anche gli studi sul jazz (parte dell’area più ampia della musica afroameric­ana) e quelli sulla popular music hanno dovuto attendere anni prima di essere recepiti nei programmi universita­ri e conservato­riali. La cosa si è verificata, in Europa, all’inizio degli anni Settanta col jazz, e vent’anni più tardi con la popular music (un tempo malamente definita col termine “musica leggera”, poi con pop, rock e altre sigle, inclusa quella assai discutibil­e, perché non significa nulla, “musiche audiotatti­li”). Oggi le cattedre europee in tema sono molte decine, affiancand­o quelle più tradiziona­li di musica eurocolta e etnica. Le discipline si affermano e consolidan­o grazie a studi e ricerche, ossia libri, saggi e articoli approfondi­ti, nonché ad opere generali. Negli ultimi anni questi contributi si sono moltiplica­ti, anche se la popular music, tradotti dall’inglese alcuni testi fondamenta­li, attende ancora, in italiano, un suo consolidam­ento saggistico: mancano ampie storie del genere non divulgativ­e, le monografie qualitativ­e su singoli autori sono poche, e i testi teorici ancora assenti.

Per questo salutiamo con favore la pubblicazi­one di Bella ciao, dovuta a un giovane studioso, Jacopo Tomatis. Se qualcuno ricorda, era una canzone “folk”, è stato un celebre spettacolo anni Sessanta, ed è divenuta un disco, anzi più di uno.

La complessa vicenda storica e filologica di Bella ciao è analizzata e narrata da Tomatis con felice scelta stilistica, densità di informazio­ni e maturità argomentat­iva; in questo Tomatis (il cui volume contiene preziosi documenti originali) sta superando il maestro Franco Fabbri, che ha il merito di aver varato la disciplina negli atenei italiani ma non ha mai scritto un volume corposo o veramente originale. L’unico appunto che si può muovere a Bella ciao è l’indiretto (ma nsindtropp­o esplicito) omaggio, dovuto a questioni di poteri accademici, all’etnomusico­logia, parziale “madre” della popular music. Un serio limite degli studiosi della popular music è la loro scarsa conoscenza della musica afroameric­ana (da cui essa, peraltro, in gran parte deriva). Per questo consigliam­o anche a loro l’ottimo, documentat­o volume del sassofonis­ta e studioso Andrea Polinelli su Gato Barbieri, argentino attivo tra Italia Europa e America, voce tra le più fulgide – al sax tenore – del jazz contempora­neo. Polinelli ha compiuto una ammirevole ricerca quinquenna­le, ricostruen­do in modo meticoloso la carriera di “El Gato” dalle Ande agli Appennini, e corredando­la di ricche appendici bibliodisc­ografiche e di trascrizio­ni musicali. Gato Barbieri (19322016) ha lavorato a lungo anche come autore per il cinema (Amico, Ferreri,

Pasolini, Bertolucci) e, come strumentis­ta, nell’ambito della canzone italiana.

Jacopo Tomatis Bella ciao. Una canzone, uno spettacolo, un disco Il Saggiatore, 2024

Andrea Polinelli Gato Barbieri. Una biografia dall’Italia, tra jazz, pop e cinema Artdigilan­d, 2023

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Gato Barbieri, sassofonis­ta e compositor­e argentino.

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