Pensieri al caffè
La nera bevanda, molto più che un passatempo: è un pensiero che si anima e risveglia corpo e mente.
Più di due secoli fa Voltaire diceva: « Bevo quaranta caffè al giorno per essere ben sveglio e pensare, pensare, pensare a come poter combattere i tiranni e gli imbecilli ». Glifacevailcontrocanto Honorè de Balzac quando nel Trattato sugli eccitanti moderni scriveva: « Il caffè giunge nello stomaco e tutto si mette in movimento: le sue idee avanzano come battaglioni di un grande esercito sul campo di battaglia ». Dichiarazioni d’amore per quello che fino al Seicento era conosciutocome il «vino degli Arabi» e che forse già Omero aveva provato nel momento in cui scriveva di una bevanda nera e amara, capacedieccitareefortificare. Dichiarazioni d’amore per un connubio, quello tra idee magari ardite e caffè, che accompagnaunpo’ tutta la storia del pensiero europeo moderna. Senza il « divino caffè il cui gusto rimane tutto il giorno in bocca », come recitava Rimbaud, probabilmente l’Illuminismo sarebbe stato diverso, meno rivoluzionario e iconoclasta. Sarebbero mancate pagine di libri e versi di poeti. Bach non avrebbe scritto con umorismo tutto particolare La cantata del caffè in cui un padre rimprovera alla figlia le troppe tazze della nera bevanda ingurgitate. Non ci sarebbero stati quei mera- vigliosi luoghi di ritrovo per letterati e pensatori che sono stati i «Caffè»: « Non si potrebbe scrivere una pagina di storia né politica né letteraria né artistica dell’Ottocento senza citare il nome di un Caffè » ha affermato lo scrittore Piero Bargellini, perché in quei luoghi il caffè accendeva le fantasie e inebriava le menti. Lo si beve, infatti, perché « mette in movimento il sangue, fa sgorgare gli spiriti motori, caccia il sonno » (Balzac), spinge a socializzare, ci fa ingannare le attese in sua nobile compagnia. Lo si può amare, considerarlo « balzamo del cuore e dello spirito », comeaffermava Giuseppe Verdi. A noi piace pensarlo e definirlo al modo di Talleyrand, uomo che fu principe, rivoluzionario francese, vescovo, libertino e poi reazionario fino all’osso. Pensando un poco a se stesso, egli definì il caffè, « nero come il diavolo, caldo come l’inferno, puro come un angelo, dolce come l’amore ». Niente di più, nulla dimeno.