Scrittura: i rituali aiutano la creatività
La creatività deve essere supportata da metodo, costanza e qualche rituale, come testimoniano anche alcuni autori di prosa e poesia ticinesi.
Come fanno gli scrittori a esercitare, sollecitare, canalizzare l’estro creativo? Ecco che cosa ci ha detto Alberto Nessi: «Talvolta prendo un appunto, per strada, in un bar, su un treno. Oppure mi viene un’idea di notte, mi alzo e la annoto su un foglio, per non lasciare che si perda nel buio: è un piccolo “tesoro notturno” (ma non in senso bancario...), per me. Il mattino, poi, la riprendo e tento di elaborarla letterariamente. Ma laprima cosa che faccio, ilmattino, è leggerequalchepagina, in prosa o in poesia, di buona letteratura: è il miomodo di scaldare il fornello dellacreatività. Poivadonelmiostudio, accanto alla casa dove abito, e cerco di continuare i lavori in corso. Ogni tanto alzo gli occhi per guardare, dalla finestra, il verde della vegetazione: gli alberi mi danno forza, sono un esempio di vitalità».
Abbiamo chiesto a Yari Bernasconi come si scrive una poesia. «Ecco il problema: si tratta ogni volta di un’avventura diversa. È quasi impossibile programmare la scrittura, organizzando con anticipo i tempi di composizione e di ispirazione. Difficile insomma parlare di “rituali”. La realtà è sempre meno romantica – ma anche più sorprendente – di quello che vogliamo immaginare. Certo, ogni tantomiritrovo comunque davanti al computer con gli appunti raccolti nell’ultima settimana sul solito taccuino rilegato (sempre uguale, semprequello), e alloranonpuò mancare il caffè. Rigorosamente amaro, cortoenerocome lapece». Tommaso Soldini non è «persona di molte manie», ma ha anche lui i suoi riti: «Mi piace scrivere di mattina, magari all’alba, per tre, quattro ore di fila, quando tutti dormono. Se non è possibile, allorami accontento di essere all’aperto, lontano da qualsiasi collegamento a internet, dalla radio, dai televisori, se possibile anche dai computer. Mi piace l’idea (...) di scrivere amano sui quaderni quadrettati rettangolari, quelli che trovi nei grandi magazzini a pochi franchi, perché mi danno la possibilità di misurare riga per riga la fatica, mi permettono di trovare subito il passaggio chemi ero dimenticato, di prendere nota delle nuove idee. I miei libri li ho scritti quasi tutti così, spesso al bar, in una piazza affollata, con le cameriere che passano veloci, i vassoi alti tra le mani. Non sento che le voci dei miei personaggi quando tutto va bene, sono distratto dalla vita degli altri, invece, quando la concentrazione si fa fiacca; allorami sembra bello guardare la gente che beve, litiga o amoreggia dietro un bicchiere. Avolte, se proprio le cose non funzionano, trascrivo le conversazioni che sento, così, tantoper».
Ma c’è anche chi, come Fabio Pusterla, dice: «Non ho, credo, rituali di nessun tipo, e scrivo quando posso, non quotidianamente.» O Daniele Bernardi: «Non ho particolari abitudini se non
(come tanti) quella di portare con me un quaderno per gli appunti - poi, a dipendenza dei momenti, mi metto alla tastiera e scrivo, riscrivo e correggo. Tutto qui».
RITUALI AL FEMMINILE
Secondo Virgina Woolf, occorre «una stanza tutta per sé». Una sua omonima contemporanea, Virginia Helbling, riesce a scrivere senza avere spazio e tempo protetti. «Vivendo in una famiglia numerosa ho imparato a farlo sempre e ovunque. Con la TV accesa, i bambini che giocano, parlano o urlano. Però mi capita di dire: “Da questo momento in avanti crolli pure il mondo ma è assolutamente vietato diremamma”. Perché se vengo interpellata troppe volte perdo il filo del discorso. Non è che funzioni a dire il vero: ma mi accontento se le richieste si riducono del cinquanta per cento. Due calcoli. Un giorno ho contato dal mattino a sera il numero di “mamma” pronunciato dai miei [sei] figli. Erano circa 250. Su 12 ore sono circa 20 “mamma” all’ora, uno ogni tre minuti. Se per scrivere posso contare su delle apnee da “mamma” di almeno sei minuti navigo a vele spiegate».
E Claudia Quadri racconta: «Fin qui i miei rituali sono stati più “necessari” che fobici o segreti, del tipo: i figli, tutto a posto? Sono occupati in attività non troppo pericolose? Il cagnaccio è uscito e ha mangiato, così starà tranquillo per qualche ora? Quando scrivo bevo grandi quantità di tè verde e bianco e caffè d’orzo – ma in realtà anche quando non scrivo – e quando ho bisogno di chiarirmi le idee interrompo le sessioni di scrittura e faccio una passeggiata. E il cane, quando lo chiamo per uscire penserà: ma cosa vuole? L’ho portata fuori prima, non doveva starsene tranquilla per qualche ora a scrivere?».