Dignità analcolica
Come sarebbe la vita senza bibite, sciroppi, succhi e beveroni vari? Meno briosa, meno colorata, meno saporita e dolce. E molto, molto meno varia.
L’analcolico ha la sua ragion d’essere, soprattutto se è in bottiglietta vitrea, senza metalli e plastiche attorno. Puòessere « biondo che fa impazzire il mondo », come nella pubblicità del Crodino, oppure « l’altro modo di bere scuro », come si diceva del chinotto. Può essere « con tutte quelle, tutte quelle bollicine », come canta Vasco Rossi oppure liscio e naturale. Comunque sia, è parte di noi e alimenta il nostro immaginario. Dopo averci dissetato, naturalmente. Riflettiamoci sopra e senza neanche citare la famosa cola di Atlanta che, tra parentesi, ha pure dato il colore a Babbo Natale. Rimaniamo alle nostre latitudini e pensiamo a quanti giorni della nostra vita ci ricorda lo «champagne dei poveri», insomma la gazzosa o gazosa o gassosa che dir si voglia. Oppure il chinotto, che i marinai liguri usavano per combattere lo scorbuto e che noi da ragazzi usavamo per combattere più modestamente la sete dopo una partita all’oratorio oppure nei bar di paese. Lo ricorda bene Stefano Benni nella sua Favola della fine del mondo: « dai paesi poveri i disperati cercavano
BOLLICINA TICINESE
di sbarcare nei paesi ricchi. Alcuni trovavano un’accoglienza di destra, un calcio nel didietro e via, altri un’accoglienza di sinistra, un calcio nel didietro e un chinotto ».
L’INFINITA VARIETÀ
Insomma, il chinotto era proletario calumet della pace come la limonata era quotidianità con cui accompagnare la frittata per il protagonista di Sostiene Pereira di Tabucchi. E, la limonata, la bibita primordiale, quella che piace a tanti e che sta sullo stomaco a tanti altri ancora. Una bibita nata per dividere tanto che Raymond Carver le ha intitolato un racconto, Limonata appunto, in cui un padre e un L’analcolico nostrano è naturalmente la gazosa, prodotta e commercializzata ancora oggi da una decina di ditte nel cantone. Giunta in Ticino alla fine dell’Ottocento, si è affermata come bevanda tipica dei giorni di festa in famiglia. Originariamente veniva preparata in casa facendo fermentare l’acqua zuccherata a cui si aggiungeva poi succo di limone, dimandarino oppure della menta. Oggi la fermentazione non si usa piùma sono rimasti i gusti tradizionali accanto ai quali i gazosat, i fabbricanti di gazosa, hanno aggiunto nel tempo il lampone, il mirtillo, il sambuco fino ad arrivare al moscato. Tradizionale è rimasto l’imbottigliamento che si affida ancora inmolti casi alle classiche bottiglie in vetro dalle forme riconoscibilissime e al tappo con lamacchinetta. Più che una bibita, insomma, la gazosa è ormai un’icona del Ticino. figlio sono irrimediabilmente separati prima da lei e poi dalla vita: « Ecco cos’era andato lì a comprare Jim Senior, qualche arancia e le mele, altro che limoni per fare la limonata, limoni, per carità! Li detestava lui i limoni – ora più che mai – ma a Jim Junior la limonata piaceva, gli era sempre piaciuta. Voleva la limonata ». Come quasi sempre in Carver il dissidio sarà incomponibile e le cose finiranno male ma forse sarebbe bastato non essere troppo radicali. Puntare su una cedrata Tassoni, quella che Mina definiva con voce anni Settanta « per voi e per gli amici »: gialla anch’essa, lievemente aspra, ma tanto, tanto più dolce da evitare tragedie! Oppure farsi trascinare nell’universo delle spume dai tanti colori, del ginger amaro e del sambuco a tratti quasi stucchevole.
C’è poi chi preferisce la quiete liquida senza gas e allora la scelta diventa veramente infinita come mostra l’incontenibile mix fluorescente che ci assale in ogni supermercato. E se si va, infine, sul classico una nostrana Rivella basta e avanza per evitare tragedie e sentirsi ancora ai tempi del boomeconomico.