laRegione - Ticino 7

Dignità analcolica

Come sarebbe la vita senza bibite, sciroppi, succhi e beveroni vari? Meno briosa, meno colorata, meno saporita e dolce. E molto, molto meno varia.

- Scrive Roberto Roveda

L’analcolico ha la sua ragion d’essere, soprattutt­o se è in bottigliet­ta vitrea, senza metalli e plastiche attorno. Puòessere « biondo che fa impazzire il mondo », come nella pubblicità del Crodino, oppure « l’altro modo di bere scuro », come si diceva del chinotto. Può essere « con tutte quelle, tutte quelle bollicine », come canta Vasco Rossi oppure liscio e naturale. Comunque sia, è parte di noi e alimenta il nostro immaginari­o. Dopo averci dissetato, naturalmen­te. Riflettiam­oci sopra e senza neanche citare la famosa cola di Atlanta che, tra parentesi, ha pure dato il colore a Babbo Natale. Rimaniamo alle nostre latitudini e pensiamo a quanti giorni della nostra vita ci ricorda lo «champagne dei poveri», insomma la gazzosa o gazosa o gassosa che dir si voglia. Oppure il chinotto, che i marinai liguri usavano per combattere lo scorbuto e che noi da ragazzi usavamo per combattere più modestamen­te la sete dopo una partita all’oratorio oppure nei bar di paese. Lo ricorda bene Stefano Benni nella sua Favola della fine del mondo: « dai paesi poveri i disperati cercavano

BOLLICINA TICINESE

di sbarcare nei paesi ricchi. Alcuni trovavano un’accoglienz­a di destra, un calcio nel didietro e via, altri un’accoglienz­a di sinistra, un calcio nel didietro e un chinotto ».

L’INFINITA VARIETÀ

Insomma, il chinotto era proletario calumet della pace come la limonata era quotidiani­tà con cui accompagna­re la frittata per il protagonis­ta di Sostiene Pereira di Tabucchi. E, la limonata, la bibita primordial­e, quella che piace a tanti e che sta sullo stomaco a tanti altri ancora. Una bibita nata per dividere tanto che Raymond Carver le ha intitolato un racconto, Limonata appunto, in cui un padre e un L’analcolico nostrano è naturalmen­te la gazosa, prodotta e commercial­izzata ancora oggi da una decina di ditte nel cantone. Giunta in Ticino alla fine dell’Ottocento, si è affermata come bevanda tipica dei giorni di festa in famiglia. Originaria­mente veniva preparata in casa facendo fermentare l’acqua zuccherata a cui si aggiungeva poi succo di limone, dimandarin­o oppure della menta. Oggi la fermentazi­one non si usa piùma sono rimasti i gusti tradiziona­li accanto ai quali i gazosat, i fabbricant­i di gazosa, hanno aggiunto nel tempo il lampone, il mirtillo, il sambuco fino ad arrivare al moscato. Tradiziona­le è rimasto l’imbottigli­amento che si affida ancora inmolti casi alle classiche bottiglie in vetro dalle forme riconoscib­ilissime e al tappo con lamacchine­tta. Più che una bibita, insomma, la gazosa è ormai un’icona del Ticino. figlio sono irrimediab­ilmente separati prima da lei e poi dalla vita: « Ecco cos’era andato lì a comprare Jim Senior, qualche arancia e le mele, altro che limoni per fare la limonata, limoni, per carità! Li detestava lui i limoni – ora più che mai – ma a Jim Junior la limonata piaceva, gli era sempre piaciuta. Voleva la limonata ». Come quasi sempre in Carver il dissidio sarà incomponib­ile e le cose finiranno male ma forse sarebbe bastato non essere troppo radicali. Puntare su una cedrata Tassoni, quella che Mina definiva con voce anni Settanta « per voi e per gli amici »: gialla anch’essa, lievemente aspra, ma tanto, tanto più dolce da evitare tragedie! Oppure farsi trascinare nell’universo delle spume dai tanti colori, del ginger amaro e del sambuco a tratti quasi stucchevol­e.

C’è poi chi preferisce la quiete liquida senza gas e allora la scelta diventa veramente infinita come mostra l’incontenib­ile mix fluorescen­te che ci assale in ogni supermerca­to. E se si va, infine, sul classico una nostrana Rivella basta e avanza per evitare tragedie e sentirsi ancora ai tempi del boomeconom­ico.

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