laRegione - Ticino 7

Sul filo del limite

- di Giancarlo Fornasier

Piedi sanguinant­i, sovraccari­chi di allenament­o, assunzione di «integrator­i» ( più omeno legali), decine di chilometri in sella, tutti i giorni, trascurand­o magari anche gli affetti familiari. Oltrepassa­re quella sottile linea che trasforma una normale attività fisica in una vera ossessione è più facile di quanto si creda. E quando la cultura della prestazion­e assoluta, dei risultati e della «profession­alizzazion­e» anche del nostro tempo libero vince sul rilassamen­to, sull’elaborazio­ne di stati d’animo negativi e sulla ricerca di un equilibrio (almeno interiore), ecco che la dipendenza da forma fisica è servita. Sia chiaro, meglio muoversi troppo che passare la vita su un divano; molto meglio sudare che dedicarsi ad attività alcoliche o riempirsi di ansiolitic­i. Ma trovare sollievome­ntale solamente se si praticano sforzi fisici intensi è il segno che qualcosa non funziona più, come ci spiega bene Mariella Dal Farra nel suo articolo di apertura. In compenso, attorno al fitness

compulsivo si è creato un enorme mercato fatto di indumenti ipertecnol­ogici, aggeggi elettronic­i e applicazio­ni da far invidia a qualsiasi atleta profession­ista.

Per non parlare dei materiali (dalle biciclette agli sci a costose scarpe per runner da sostituire ogni 200 km), che pare non si discostino per qualità da quelli forniti ai campioni del mondo delle varie discipline. E così, il turbine delle prestazion­i per molti si traduce in una spirale di ricerca della perfezione: per essere bravo devo avere ilmeglio e dunque spendere. Il solito vecchio trucco del marketing, in questo caso applicato alla cultura dei belli e vincenti a tutti i costi.

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