Ma che ci fate qui? Yor Milano si racconta
Yor Milano si racconta
Oltre mezzo secolo di carriera, dalla radio al piccolo schermo, dal teatro alla commedia dialettale. Sempre con il sorriso sulle labbra e quel desiderio innato di fare divertire e sorridere il pubblico. Compiuti gli 80 anni, il 29maggio torna in scena con una serata al LAC di Lugano: ma il suo cassetto è ancora pieno di nuove idee e progetti.
Sembra un incipit di basso giornalismo, ma è la verità: entrare in casa di Yor Milano, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, è come ritrovarsi sul palco di un suo spettacolo. Non solo perché la gestualità, le battute, lo sguardo stralunato dell’enfant
terrible restano gli stessi; ma anche perché fra la sala nella quale ci troviamo e la cucina si genera un viavai da commedia degli equivoci, con la moglie Silvana che lo aggiorna sui messaggi di auguri, e coglie l’occasione per fare il controcanto ai racconti del marito. Guardandolo con quella paziente tenerezza che è il sintomo di un amore irreversibile, chiaramente ricambiato. E senza rinunciare all’ironia. Come quando gli chiedo se è stata dura tirare su cinque figli, e al «per niente» di Yor si accoda subito la voce di Silvana: «Eh certo, perché non ci seimai!». O quandolui si lamentaperchénonricordaun nome– «ogni tanto l’età si fa sentire!» – e lei loconsola: «Guardachesei sempre stato così…». Salvo sentirsi dare della «zurighese» quando gli rinfaccia di essere disordinato. Poi squilla il telefono, unaltrobuoncompleanno, e Yor tuona nella cornetta: «Sto benissimo caro, non vuole andare male!». È una casa in cui gli affetti seguono il canovaccio dell’allegria, e verrebbe voglia di farsi adottare.
Il palco, un vecchio vizio
L’occasione per incontrare Yor è anche quella del suo «ultimo spettacolo» – dobbiamocrederci? – che andrà in scena al LAC martedì 29maggio. Silvana lo sgrida subito, perché «la gente non ha ancora capito cosa farai quella sera, devi spiegarglielo». Ma lui non rinuncia alle allusioni sibilline: «Farò quello che so fare, e che forse il pubblico ticinese non conosce». E svicola subito a parlar d’altro.
Forse sarà proprio questo, lo spettacolo: un divertito divagare sulle tracce dei ricordi, riscoprendo le molte facce di un’esperienza artistica. Perché Yor Milano non è solo «quello delle commediedialettali», ma ancheunmusicista, rumorista, ventriloquo, direttore di crociera. Direttore di crociera!? «Eh sì, ho fatto anche quello. Ho iniziato alla fine degli anni Sessanta, organizzavo gli spettacoli e l’intrattenimento. Un viaggio costava diecimila franchi, era pieno di signori. Ho conosciuto anche Juan Carlos di Spagna, per esempio. Ho imparato a divertire un pubblico che parlava dieci lingue diverse». Musica, pantomime, versi (se lo incontrate in giro, chiedetegli di farvi il cavallo con la carrozza: «Sono l’unico al mondo che riesce a fare due rumori contemporaneamente»; riesce a essere autoironico anche nel vantarsi). È durante una crociera sulla famosa Achille Lauro che ha incontrato Silvana, portata a Cure gliadopododici anni «da pendolari dell’amore».
Ci sarà lamusica, al LAC, questo è certo. Quella dei 40 elementi della Castagnola Big Band, ma anche quella che Yor ha imparato sulle ginocchia dei genitori – lui violinista, lei contrabbassista – in un’infanzia nomade ai quattro angoli della Svizzera. Tanto che sembrerà paradossale, ma è nato a Delémont e in Ticino ci è arrivato solo a 12 anni. «Mia madre era di Milano, ma mi parlava in francese. Così sono cresciuto bilingue, e quando sono tornato scrivevo l’italiano come se fosse francese, coi que al posto dei che ». E non è stato facile ambientarsi nella scuola bigotta dell’epoca: «Suonavo in giro, e all’epoca questo bastava per farti una cattiva reputazione. Se ero troppo esuberante mi dicevano: ‘Non siamo in una sala da ballo’. Mi hanno massacrato, come tanti ragni davanti a una piccolamosca».
La musica nel sangue
Ovviamente, non poteva bastare qualche professore ingrugnito a tenere lontano dalla musica uno come lui, che se la porta perfino nel nome: «Yor lo ha pescato mia nonna, cantante lirica. È il tenore protagonista nell’Iris di Mascagni, un’opera stupenda ambientata in Giappone». Milano, invece, è un cognome d’arte: «Quello vero è Pasquali, maquandofacevoletournée in Europa suonavamale, lo storpiavano tutti». Dalle prime esibizioni adolescenziali a fianco del padre – che suonava anche nell’o rchestra Radiosa, nel 1958– Yor è infatti passato adalcunedelle piùstrepitose band dell’epoca. Come quella di Luc Hoffmann, giunto qui per esibirsi alla leggendaria Romantica. «Facevano jazz di tutti i tipi, ma glimancava la canzone italiana». Voce, batteria, intrattenimento. Prima a Melide, poi in tutto il continente. «Epensare che alla fine la Romantica l’hanno buttata giù: è emblematico».
Non è che sia sempre stato tutto un successo, sia chiaro: «Una voltamimisi in testa di mettere insieme un quartetto. Ma musicalmente facevamo talmente schifo che il gerente di un club di San Gallo, il Trischli, ci cacciò dopo due serate. Fu un’umiliazione terribile». Salvo poi ripartire con un altro quartetto da Capo San Martino, «col campeggio pieno di ragazze svedesi e danesi, che attiravano i giovanotti locali a sentirci». E via ancora, stavolta con un’orchestra italiana «insieme a Nanni Jannello, unottimopianista che disse di no ad Aznavour perché aveva paura di volare. Nel 1966, alla Rsi, le trasmissioni venivano sospese dalle 9 alle 11. Sono riuscito a farmi dare quello spazio e inventai Radiomattina, una trasmissione informale, nella qualemi rivolgevo alle casalinghe e agli automobilisti come se fossi seduto accanto a loro. Avevo ascoltatopermesi Europe 1, dove Maurice Biraud spopolava e io adattai la formula in italiano, per primo in assoluto in lingua italiana».
L'arrivo alla commedia
«Ma il grande successo lo fece Il mi
crofono in tasca, scherzi telefonici che facevo sotto le vesti di un improbabile ‘Signor Hüttliman’ che parlava con un forte accento svizzerotedesco; mi ricordo cheuna volta, erava mosotto Natale, chiamai cinque hotel di Lugano,
chiedendo se potevano ospitare gratis una coppia di profughi. ‘ Lei è incinta, non pozzono pacare, ma lui è falegname, può aiutare se afete qualke porta ke cigòla…’. Nessuno capì l’allusione, e soprattutto nessuno li prese». Partecipò poi al nuovissimo varietà Rai Non Stop di Enzo Trapani. Eppure non si può dire che il pubblico italiano abbia saputo apprezzare Yor Milano: «Era una comicità di gusto francese che apprezzavano molto i colleghi, come Massimo Troisi ed Enrico Beruschi, ma non il pubblico». Meglio, molto meglio lo schermo svizzero, conquistato a partire dal 1968. Quando le fiction si chimavano ancora sceneggiati. «Bisogna ringraziare Vittorio Barino, uno dei grandi della tele, che seppe dare spazio a progetti del tutto nuovi. E che poi è diventato autore di quasi tutte le nostre commedie, insieme a Marta Fraccaroli, senzamai fare un solo flop. Producemmo perfino due puntate di Arsenio Lupin per la televisione francese». E poi le tombole, il
Superflip della domenica, una serie innovativa come Boxershorts. Programmi che hanno segnato l’immaginario di un’epoca (frase fatta, d’accordo, ma quando ci vuole ci vuole).
La tradizione nel Tepsi
E poi al LAC ci sarà anche il dialetto,
ça va sans dire. Quel dialettocheYorha contribuito a tenere vivo attraverso il Tepsi ( Teatro popolare della Svizzera italiana), ibridandolo con i grandi testi della commedia internazionale e dimostrando così che «la radice popolare non ha limiti né confini». Un messag- gio che ha spiazzato alcuni, forse perché scombina le categorie ideologiche correnti, proponendo l’idioma di «casa nostra» come veicolo di unmessaggio universale. Unmodo per far capire che tradizione non significa chiusura, che «il bello di una società multiculturale è che ognuno cimette del suo: e noi ticinesi ci possiamo mettere anche il nostro dialetto». Senza mai dimenticare quella leggerezza che, come notava Italo Calvino, è la cifra inconfondibile della vera cultura. Ma questa storia la conoscete, anche se l’appuntamento del LAC sarà una buona occasione per ricordarsene in modo originale. Lasciamoci stupire.