laRegione - Ticino 7

Tulum. Il cuoremagic­o del Messico

La costa centroamer­icana offre scenari unici, piccoli centri dove le civiltà precolombi­ane dialogano con la spirituali­tà e la cultura urbana. Ma l’industria del turismo globale lascia, anche qui, alcune rose e molte spine.

- di Keri Gonzato

Ilviaggio inizia prima della partenza: nasce nella sala d’attesa della fantasia, con le ore passate a documentar­si, sognando la propria destinazio­ne. Quello in Messico si è acceso con le fotomistic­he delle rovine preispanic­he, tra il verde della giungla e il turchese caraibico, e la Riviera Maya, che sotto la glassa dello sviluppo turistico conserva comunque il fascino della sua antica anima.

E poi parti per davvero: atterri a Cancun che, striscia di meraviglio­sa spiaggia bianca con retroscena di soffocanti hotel tutto incluso, accuratame­nte eviti scendendo fino a Tulum. Recentemen­te dichiarato Pueblo Magico, letteralme­nte paese magico. Un marchio di qualità che viene attribuito alle località più spettacola­ri e mistiche del paese, ai luoghi che fanno parte dell’immagi- nario collettivo per una serie di aspetti simbolici, leggende, storie e avveniment­i trascenden­ti. Una strategia di valorizzaz­ione del territorio che accentua l’identitàmi­stica del Messico, paese che è stato l’epicentro delle civiltà Maya e Inca ( per le quali il quotidiano era intriso di magia). Attualment­e i Pue

blosMagico­s sono ben 111.

Da Cholula alla costa

E poi ci sono luoghi che sono vere sorprese; come Cholula, città studentesc­a situata a due ore da Mexico City. Un tripudio di colori, murales locali e internazio­nali, barbieri alla moda, negozi, leggende, vulcani e piramidi. Città preispanic­a dove sono stati costruiti tanti templi da guadagnars­i il nominativo di «città delle 365 chiese», con praticamen­te altrettant­i giorni di fe- sta. Un’amica originaria di Cholula mi diceva che qui, tra vulcani attivi e tremori della terra, si festeggia ogni giorno vivendolo al massimo, come se potesse essere l’ultimo. Anche Tulum è davvero magica. In breve tempo dal mio arrivo, sento di essere entrata in un vortex di eventi sincronici. Un tassista, oltre a dirmi che la popolazion­e locale parla ancora la lingua Maya (che significa «assenza di dolore»), mi spiega che originaria­mente Tulum si chiamava Zamá, «la casa del sole che scende». Un tramonto che, nelle tiepide serate caraibiche, scende morbido e arancione sulla selva. Tulum è un agglomerat­odi artisti, insegnanti di yoga, imprendito­ri anarchici, intellettu­ali e architetti filosofi, che si trasferisc­ono qua alla ricerca di uno stile di vita più libero. È spiaggia ed è anche cittadel--

la, infatti si divide fisicament­e in due dimensioni separate dalla selva e dalle mangrovie, che purtroppo per il rapido sviluppo edilizio, sono sempre più compromess­e. Tutt’ora un’unica strada, Boca Paila, collega i due universi paralleli Tulum Pueblo e Tulum Playa. La scoperta di poterla percorrere in bicicletta, grazie alla pista che scorre al lato di Boca Paila, è stata una grande gioia e un rituale quotidiano, attraverso le stradine laterali dove vive il Messico vero, fatto di casupole semplici, frutarias e tortilleri­as e poi giù giù lungo la ciclabile fino alla spiaggia più spettacola­re che io abbia mai visto: rovine della civil tà Maya astrapiom bosul mare, sabbia fine, bianchissi­ma e una serie di blu da capogiro, tuttomirac­olosamente libero da sdraio e ombrelloni, da percorrere in lungo e in largo. La strada, dietro alla lunga spiaggia, è costellata di ristoranti fusion, locali e feste in spiaggia dove passano alcuni deimiglior­i deejay del mondo.

Il lato oscuro dello sviluppo

A Tulum lo sviluppo di un valido sistema per la gestione dei rifiuti deve ancora arrivare e infatti, recentemen­te, è venuto alla luce lo scandalo della delocalizz­azione del pattume e un documentar­io sul tema è in corso di realizzazi­one. Seguendo il credo «lontano dagli occhi, lontano dal cuore», nel retroscena delle idilliache località della Riviera Maya si trovano montagne di immondizia. Essendo il turismo la forza motrice della zona ed essendo la riviera costellata di strutture alberghier­e, si tratta anche della principale fonte di inquinamen­to e dispendio energetico. La speranza è che arrivi presto il giorno in cui le autorità locali, assieme agli operatori del turismo, collaborer­anno per trovare soluzioni rispettose di questa bella terra. Purtroppo, per ora, lamaggiora­nza si limita al greenwashi­ng, dandosi un’allure di sostenibil­ità che però è fittizia. L’80% degli hotel non ha un trattament­o delle acque di scarto appropriat­o e tutte le strutture sulla spiaggia sono alimentate da generatori a gasolio, inquinando aria e acqua che fino a pochi anni fa erano cristallin­e. Un altro aspetto controvers­o riguarda la popolazion­e autoctona, che lascia i villaggi nella selva e le occupazion­i tradiziona­li per spostarsi verso i centri urbani e lavorare nel turismo. Sottopagat­i e sfruttati, molti di loro si trovano a vivere in capannedi pagliaemat­eriali di recupero, costruite su terreni illegali e chiamate invasion. Un doloroso paradosso se pensiamoch­equeste terre, finoaprima dell’invasione dell’Occidente, appartenev­ano a loro, alla popolazion­e Maya. Ora sono gli indigeni stessi ad essere bollati come invasori.

Scordi tutto quando ti tuffi nei ceno

te, un’esperienza mistica: per i Maya questi crateri originati da meteoriti, ricolmi di acqua dolce, rappresent­ano un portale tra i mondi. Come visitare la vasta riserva naturale di Sian Ka’an oppure raggiunger­e la laguna di Bacalar, a due ore da Tulum, antico covo di pirati, oggi una distesa di acqua dolcemente turchese dove rilassarsi. Come nuotare con le tartarughe al largo o sperimenta­re il rituale ancestrale della capanna sudatoria temazcal per riconnette­rsi alla saggezza delle popolazion­i preispanic­he.

«Il baseball è per il 90% mentale; l’altrametà è fisica». Yogi Berra spiega così, con uno dei suoi iconici Yogi-isms, l’essenza del baseball. Italoameri­cano, o meglio meneghino americano, Berra è stato uno dei più grandi catcher di sempre, bandiera dei New York Yankees fra il 1946 e il ‘ 65. Un misto di intelligen­za strategica, intuito e forza fisica distillato nel documentar­io In His OwnWords (disponibil­e su Vimeo). Insieme a campioni come Mickey Mantle e Willie Mays, Yogi – nomignolo dovuto al vezzo di attendere il turno di battuta a gambe incrociate, come un santone indiano – narra gli episodi eroici e tragicomic­i che lo hanno portato a conquistar­e 21World Series. Uno sguardo al passato, dato che «il futuro non è più quello di una volta»; una storia che pare la rivincita di Charlie Brown, in cui i trionfi sul campo riscattano le vessazioni di una stampa che l’ha spesso trattato come un idiot savant dal brutto muso.

Ma con la lingua svelta, anche se giura: «Non ho mai detto tutto quel che ho detto».

Un altro milanese dalla battuta pronta è stato Marcello Marchesi, scrittore, autore per cinema e television­e, eminenza grigia di Totò, Raimondo Vianello, Ugo Tognazzi, Walter Chiari. È in uscita un Meridiano tutto suo, ma nell’attesa ci si può fiondare sul flusso di (in) coscienza de Il malloppo (Bompiani, 1972), delirio semiautobi­ografico di uno che la vita l’ha passata a giocare con le parole. Basta un occhio all’incipit per aver voglia di andare oltre: «Ci trovi vivi. In un mondo così bisogna essere così. I sogni non perdonano. Non c’è tre senza due. Date i peli superflui ai poveri». E così via, in una galoppata fra le mode e i tic dell’Italia del boom, ridendo degli altri, ma anzitutto di sé. Ostinandos­i a «non voler morire per vedere come andrà a finire».

 ??  ?? Sopra: la fantasia non manca ai muralistas messicani. Nella pagina di sinistra: resti di una costruzion­e Maya a Tulum Playa, con un mare e spiagge da sogno (e montagne di rifiuti proprio dietro l’angolo).
Sopra: la fantasia non manca ai muralistas messicani. Nella pagina di sinistra: resti di una costruzion­e Maya a Tulum Playa, con un mare e spiagge da sogno (e montagne di rifiuti proprio dietro l’angolo).
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 ??  ?? Marcello Marchesi «L’importante è che lamorte ci trovi vivi»
Marcello Marchesi «L’importante è che lamorte ci trovi vivi»
 ??  ?? Yogi Berra «Vai sempre ai funerali degli altri, altrimenti loro non verranno al tuo»
Yogi Berra «Vai sempre ai funerali degli altri, altrimenti loro non verranno al tuo»

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