laRegione - Ticino 7

Incontri Nathalie Codina

La sicurezza era una catena Vivere in capanna è libertà

- di Lorenzo Erroi

Non voleva scendere a compromess­i che «mi allontanas­sero dai miei sogni». Nathalie Codina lo dice quasi sottovoce, come se avesse paura di suonare sentenzios­a, ma con una determinaz­ione solare nello sguardo. È una ragazza minuta, le sue mani sottili accarezzan­o il pancione che accoglie una figlia. Quelle parole rispondono alla mia prima domanda: come ci sei finita, a fare la «capannara»?

Perché prima di salire a Quarnei, aggrappata in cima alla Val Malvaglia, Nathalie aveva un posto di lavoro a Lugano come assistente di direzione, conquistat­o subito dopo la laurea in lettere. «Una vita stabile, una casa, uno stipendio fisso: tutto quello che credevo di desiderare». Pian piano, però, si è accorta che «non faceva perme. È proprio la sicurezza che mi spaventa: vincola lamia creatività, incatena tutti imiei slanci alle cose, al sistema ». Allora prima di tutto è volata via, in Messico. « Avevo voglia dimondo. Sentivoche­c’eraaltroda­esplorare». E così «durante il viaggio mi sono resa conto che non si trattava di trovarsi un’altra carriera, ma di essere felice nello scegliere e nel fare quello che poi mi sarebbe capitato, a prescinder­e dalla stabilità. Qualunque cosa avessi trovato, mi avrebbe dovuto permettere di non viverlo comeunapar­entesi quotidiana, obbligata, separata daimiei interessi».

Immagini oniriche

Intendiamo­ci: non è una con la testa sulle nuvole, Nathalie. Per capirlo basta vedere la praticità dei suoi capelli tagliati cortissimi e l’attenzione con la quale pesa le parole. Ed è proprio quel pragmatism­o che l’ha avviata su una nuova strada: quella che l’anno scorso l’ha condotta a quella capanna di piode, sasso e larice a oltre duemilamet­ri.

« Al primo sopralluog­o c’era ancora la neve, sarà stato aprile o maggio: la capanna si scorgeva già dal sentiero, tutt’attorno non si vedeva traccia di civiltà. Spuntava dal promontori­o innevato comeunfung­o nato da un sogno». Una metafora quasi shakespear­iana; d’altronde Nathalie ha studiato anche letteratur­a inglese.

Il sogno, a essere precisi, è anche quello dei volontari della Società Alpinistic­a Bassa Blenio (Sabb) che «l’hanno costruita tra il 1995 e il 1999 col loro sudore e con le loro grandi mani, coi materiali del posto. Un’impresa titanica, di gente che dedica tutta la vita allavalle. E cheancorac­iaiuta intutto, vengono perfino su a servire il minestrone e a lavare i piatti!». Come fondamenta­le per questo percorso è stato il supporto della famiglia, «che nonmi ha mai fatto pressioni per farmi aderire ad altri modelli». Fra l’altro «l’origine della mia famiglia è malvaglies­e, per cui per me è stato come tornare all’origine e allo stesso tempo, paradossal­mente, scoprire una cultura che non conoscevo».

Su in capanna è salita col compagno Nicolò, cuoco di formazione. E con lui condivide tutti gli aspetti della gestione: l’accoglienz­a, l’organizzaz­ione, le pulizie, il servizio dei pasti che in alta stagione prende tutta la giornata. E cosa ci sarebbe, di creativo? «Il fatto di poter esprimere te stessa in tutto, da come servi un dolce a come decori l’ambiente. La possibilit­à di accogliere gli altri come a casa tua». Ma anche l’ispirazion­e che viene «dal silenzio assoluto e dalla libertà di essere indipenden­ti. E poi l’incontro con persone che vengono su con la voglia di parlare, di conoscersi: il momento serale, quando si cena tutti insieme, è bellissimo».

Tre cuori e un tetto

La capanna conta 8-900 pernottame­nti a stagione, non troppi ma neanche pochi, per la stragrande maggioranz­a escursioni­sti dalla Svizzera tedesca. Ma sono belle anche le giornate di pioggia, quando magari non passa nessuno, e si può «tirare il fiato» dopo giornate che iniziano alle tre di mattina e finiscono alle undici di notte. « Allora accendo la stufa, mi faccio un tè, mi leggo tanti libri». Da Elsa Morante a PhilipRoth, daBeppe Fenoglio a Jonathan Franzen. Continua anche a fare la traduttric­e, d’altronde. «E poi mangio, mangio tanto», anche se non si direbbe. « Abbiamoi formaggi d’alpe, i salumi, le carni della zona, faccio le torte…». Una vita che è un piacere fare incoppia: «IoeNicolò ci compensiam­o a vicenda: lui è più emotivo, intuitivo. Io più razionale, pratica ». Poi certo, «quando si è molto stanchi può anche capitare un battibecco. Ma succede di rado».

Senonché presto saranno in tre. Ma è un coraggio senza incoscienz­a, quello diNathalie. La gravidanza non la trattiene dal fare la seconda stagione in vetta, ma si è anche organizzat­a per il parto e quel che ne seguirà. Eppure il fatto di diventare mamma non la frena: « All’inizio pensavo che avrei rivoluto un po’ di sicurezza. Poi invecemi sono resa conto che aspettare una figlia mi dà ancora più forza, ancora più voglia di esplodere increativi­tà».

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