Incontri Nathalie Codina
La sicurezza era una catena Vivere in capanna è libertà
Non voleva scendere a compromessi che «mi allontanassero dai miei sogni». Nathalie Codina lo dice quasi sottovoce, come se avesse paura di suonare sentenziosa, ma con una determinazione solare nello sguardo. È una ragazza minuta, le sue mani sottili accarezzano il pancione che accoglie una figlia. Quelle parole rispondono alla mia prima domanda: come ci sei finita, a fare la «capannara»?
Perché prima di salire a Quarnei, aggrappata in cima alla Val Malvaglia, Nathalie aveva un posto di lavoro a Lugano come assistente di direzione, conquistato subito dopo la laurea in lettere. «Una vita stabile, una casa, uno stipendio fisso: tutto quello che credevo di desiderare». Pian piano, però, si è accorta che «non faceva perme. È proprio la sicurezza che mi spaventa: vincola lamia creatività, incatena tutti imiei slanci alle cose, al sistema ». Allora prima di tutto è volata via, in Messico. « Avevo voglia dimondo. Sentivochec’eraaltrodaesplorare». E così «durante il viaggio mi sono resa conto che non si trattava di trovarsi un’altra carriera, ma di essere felice nello scegliere e nel fare quello che poi mi sarebbe capitato, a prescindere dalla stabilità. Qualunque cosa avessi trovato, mi avrebbe dovuto permettere di non viverlo comeunaparentesi quotidiana, obbligata, separata daimiei interessi».
Immagini oniriche
Intendiamoci: non è una con la testa sulle nuvole, Nathalie. Per capirlo basta vedere la praticità dei suoi capelli tagliati cortissimi e l’attenzione con la quale pesa le parole. Ed è proprio quel pragmatismo che l’ha avviata su una nuova strada: quella che l’anno scorso l’ha condotta a quella capanna di piode, sasso e larice a oltre duemilametri.
« Al primo sopralluogo c’era ancora la neve, sarà stato aprile o maggio: la capanna si scorgeva già dal sentiero, tutt’attorno non si vedeva traccia di civiltà. Spuntava dal promontorio innevato comeunfungo nato da un sogno». Una metafora quasi shakespeariana; d’altronde Nathalie ha studiato anche letteratura inglese.
Il sogno, a essere precisi, è anche quello dei volontari della Società Alpinistica Bassa Blenio (Sabb) che «l’hanno costruita tra il 1995 e il 1999 col loro sudore e con le loro grandi mani, coi materiali del posto. Un’impresa titanica, di gente che dedica tutta la vita allavalle. E cheancoraciaiuta intutto, vengono perfino su a servire il minestrone e a lavare i piatti!». Come fondamentale per questo percorso è stato il supporto della famiglia, «che nonmi ha mai fatto pressioni per farmi aderire ad altri modelli». Fra l’altro «l’origine della mia famiglia è malvagliese, per cui per me è stato come tornare all’origine e allo stesso tempo, paradossalmente, scoprire una cultura che non conoscevo».
Su in capanna è salita col compagno Nicolò, cuoco di formazione. E con lui condivide tutti gli aspetti della gestione: l’accoglienza, l’organizzazione, le pulizie, il servizio dei pasti che in alta stagione prende tutta la giornata. E cosa ci sarebbe, di creativo? «Il fatto di poter esprimere te stessa in tutto, da come servi un dolce a come decori l’ambiente. La possibilità di accogliere gli altri come a casa tua». Ma anche l’ispirazione che viene «dal silenzio assoluto e dalla libertà di essere indipendenti. E poi l’incontro con persone che vengono su con la voglia di parlare, di conoscersi: il momento serale, quando si cena tutti insieme, è bellissimo».
Tre cuori e un tetto
La capanna conta 8-900 pernottamenti a stagione, non troppi ma neanche pochi, per la stragrande maggioranza escursionisti dalla Svizzera tedesca. Ma sono belle anche le giornate di pioggia, quando magari non passa nessuno, e si può «tirare il fiato» dopo giornate che iniziano alle tre di mattina e finiscono alle undici di notte. « Allora accendo la stufa, mi faccio un tè, mi leggo tanti libri». Da Elsa Morante a PhilipRoth, daBeppe Fenoglio a Jonathan Franzen. Continua anche a fare la traduttrice, d’altronde. «E poi mangio, mangio tanto», anche se non si direbbe. « Abbiamoi formaggi d’alpe, i salumi, le carni della zona, faccio le torte…». Una vita che è un piacere fare incoppia: «IoeNicolò ci compensiamo a vicenda: lui è più emotivo, intuitivo. Io più razionale, pratica ». Poi certo, «quando si è molto stanchi può anche capitare un battibecco. Ma succede di rado».
Senonché presto saranno in tre. Ma è un coraggio senza incoscienza, quello diNathalie. La gravidanza non la trattiene dal fare la seconda stagione in vetta, ma si è anche organizzata per il parto e quel che ne seguirà. Eppure il fatto di diventare mamma non la frena: « All’inizio pensavo che avrei rivoluto un po’ di sicurezza. Poi invecemi sono resa conto che aspettare una figlia mi dà ancora più forza, ancora più voglia di esplodere increatività».