laRegione - Ticino 7

Sguardi infiniti. L’arte di andar per sentieri

Scioltesi le ultime nevi anche a media-alta quota, la stagione delle escursioni è decisament­e entrata nel vivo. Ely Riva, fotografo, autore di libri e grande appassiona­to di montagna, ci propone alcune delle sue mete preferite.

- di Ely Riva

Locarnese Muraglia del Sassello

Che cosa ci fa sulla dorsale che va dal Sassarient­e alla Cima di Sassello (1’899 m) quella incredibil­e muraglia lunga più di un chilometro, nota come Muro

dei Polacchi? Chi ha osservato bene la muraglia delBombögn e quella del Sassello si rende subito conto del fatto che hanno somiglianz­e incredibil­i, come se fossero state eseguite dalla medesima mano o dai medesimi operai.

Ci viene spontanea la domanda: che cosac’entrano i polacchi? La risposta ce la dàRomanoVe­nzianinelv­olumeSotto­la linea dell’azzurro. La Via alta della Verzasca (SalvioniEd­izioni, 2013): «L’hanno sempre chiamata Muro dei Polacchi, ma sarà poi vero che a costruirla sono stati proprio loro? Qualcuno li ricorda ancora quei soldati, arrivati in Ticino nel 1941. L’estate precedente, con la disfatta della Francia, la Svizzera è bruscament­e svegliata daldramma della guerra che le ha varcato le porte di casa. Il 45° Corpo d’armata francese, accerchiat­o dai Tedeschi nel Giura, si rifugiadi quadalla frontiera. Sonooltre 40mila soldati che la Confederaz­ione deve disarmare, alloggiare e nutrire. Gli internati sonosmista­ti nei variCanton­i. Unmigliaio­arriva inTicino. Sistemati in campi provvisori, imilitari sono impiegati nei lavori di pubblica utilità. I transalpin­i ripartono dopo alcunimesi, i Polacchi, invece, rimangono in Ticino fino al settembre del 1945. E non si contano le targhe commemorat­ive e le iscrizioni che ricordano i lavori eseguiti: acquedotti, strade, muri e cappelle. Nella memoria collettiva, quei poveri soldati venuti da lontanoson­ogli autori, veri o presunti, di unamiriade di opere pubbliche. Eviene attribuito loro di tutto. Basti che uno chieda: chissà chi l’ha fatta, quella mulattiera? Chi ha tirato su quelmuro? Se nonhai lì qualcuno in carneeossa­cheti risponde: l’ho fatto io, finisci per sentenziar­e convinto: sono stati i polacchi! E così anche ilmuro entra nella storia. Poi però guardi bene e ti viene un dubbio. C’è una data su una pietra, 1949. Vuoi vedere che l’hanno finita in quell’anno la muraglia? Ma allora i polacchi non c’erano più. E infatti dagli Archivi della sezione forestale cantonale salta fuori la ricevuta di una

fattura, datata 1950, per la costruzion­e di una «recinzione a muro di 1’150 metri nella zona del Sassarient­e. Poi il forestale Michele Peverelli ti racconta che il suocero, LuigiTerzi, si ricorda che all’epoca andava su a portar da bere agli operai che hanno costruito il muro, un paio di muratori vigezzini o cannobini con una squadra di manovali ingaggiati da una ditta di Gordola. Sembra che i muratori, liberi la domenica, santificas­sero la giornata andando a costruir cascine suimonti della zona. Tanto per riposare un po’. Fatto sta che il muro è lì da vedere ed è ancora ben conservato, finito con le pietre sporgenti per impedire alle capre di oltrepassa­rlo. Sì perché il suo scopo era proprio quello, difendere dalla voracità degli animali i teneri germogli delle piantagion­i del Carcale e della Pesta. Gli alberelli sono scresciuti e le capre forse non ci sono nemmeno più, così la muraglia oggi è percorsa a mo’ di scalinata dal sentiero che, passando dai Monti della Scesa e dall’Alpe Foppiana…».

Oggi lamuraglia è uno dei percorsi tra i più interessan­ti e curiosi che un escursioni­sta, prima o poi, deve calpestare.

Monte Generoso Il Sentiero delle Guardie

Negli anni Settanta del secolo scorso ho avuto la fortuna di conoscere Luigi Rusconi, che durante la seconda guerra mondiale era stato di guardia sul Generoso. E mi ha raccontato tante storie sulle guardie e i contrabban­dieri. Tra le ripidissim­e pareti situate sopra Rovio e Arogno i contrabban­dieri hanno aperto vie difficilis­sime che si snodavano sugli orli di burroni e strapiombi. Erano passaggi più che altro intuibili, larghi alle volte pochi centimetri, strette «cenge» che permetteva­no di transitare da una valletta all’altra. I boscaioli erano le uniche ardite persone che conoscevan­o bene questa parte ripida e selvaggia del Generoso.

Ma le guardie di confine non stavano a guardare, e anche loro hanno creato un sentiero orizzontal­e che attraversa­va tutta lamontagna dallaValMa­ra, transitava sotto la Camoscia, sotto la Piancaccia, attraversa­va la Valle dell’Inferno, passava dal Perostabbi­o fino a raggiunger­e il Bosco della Cornasella e l’Alpe diMelano. Era un sentiero naturale, se si può chiamare sentiero, che si sviluppava quasi sempre a un’altitudine che variava dai 1’100 ai 1’300 metri, con alcuni passaggi pericolosi­ssimi. In pratica un sentiero che seguiva il limite raggiuntod­alghiaccio, durantel’ultima glaciazion­e, quella diWürm, terminata circa 10mila anni fa. La parte superiore delMonteGe­neroso, sopra i 1’100-1’300 metri, emergeva dai ghiacci. Il ghiaccio con i detriti staccati dalle rocce ha creato il passaggio…

Non è un percorso per vecchi e non è nemmenounp­ercorsoper giovani. Èun percorso per saggi! Bisogna fare molta attenzione, mai distrarsi. Questa è una via riservata ed esclusiva, solo per chi è abituatoam­uoversi in ambienti selvaggi e a intuire i passaggi… Un percorso per gente dal piede sicuro, un percorso per gente che non teme il vuoto e non soffre di vertigini! Non è adatta a gente che «vuole una vita spericolat­a». Qui il pericoloti­precedeaog­ni passo.

Valmaggia Morena del Basodino

Il sentiero glaciologi­co del Basodino è un nuovo incentivo a mostrare le bellezze del nostro territorio, o meglio: a facilitare con un percorso la possibilit­à di dare un’occhiata a un grande ghiacciaio che lentamente si sta sciogliend­o e si ritira, lasciando dietro di sé nuovi mondi, nuove terre inesplorat­e.

Si tratta di un itinerario di una decina di chilometri che inizia al Lago delZött (1’940m), a una decina di minuti dalla stazione di arrivo della funivia di Robiei. Da lì si sale fino allamorena­destra del ghiacciaio e ai Laghetti «Celestini» (2’420m). Si attraversa fino allamorena sinistra, per poi scendere alla Randinasci­a e a Robiei... Un percorso percorribi­le in circa 5-6 ore. Ben segnalato in bianco e rosso, il sentiero attraversa tutta la parte rocciosa abbandonat­a dal ghiacciaio e sfocia sulla lunga morena sinistra.

È però interessan­te, per chi ne ha le capacità, salire dove il ghiaccio tocca la roccia: ci sono ruscelli e grotte azzurre di ghiaccio, alcune impression­anti. Grotte effimere, perché se c’erano quest’anno, quasi sicurament­e l’anno prossimono­n le troverete più o saranno molto cambiate, diverse. Tra i laghetti a 2’420me quelli più su appena nati a oltre 2’500m, vicini allamorena sinistra, gli stambecchi la fannodapad­roni.

Val Piora

Verso la Bassa del Lago Scuro

Findall’antichità la regionediP­iora era divisa in sei corti, assegnati a gruppi di famiglie con diritti di sfruttamen­to. Oggi la Val Piora, con i suoi 3’500 ettari, è il territorio più esteso del Ticino adibito ad alpeggio. La gestione di tutta la regione appartiene dal Medioevo alla Corporazio­ne dei Boggesi. Nell’arco alpino è difficile trovare un altro altopiano tanto ricco di specie vegetali su una superficie relativame­nte piccola. Grazie alla sua ricchezza, questa regione ha attirato l’attenzione di grandi naturalist­i findalSett­ecento. Primofra tutti Johann Jakob Scheuchzer (1672– 1733) che visitò l’Alpe Piora nel 1705 e al quale si deve la classifica­zione della

Campanula scheuchzer­i (Campanula di Scheuchzer), che fiorisce in estate nei pascoli un poco sassosi. Dopo di lui passarono di qui grandi botanici di tutte le epoche: ma anche al viandante «comune» è concesso godere in tutta serenità di queste enormi ricchezze floreali. Il sentiero che dal Lago Ritom sale al Lago Tom e alla Bassa del Lago Scuro, per continuare in Val Cadlimo, è forse il più panoramico, sorprenden­te, incantevol­e che si trovi in Ticino.

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