laRegione - Ticino 7

Azzurro Sessantott­o

- di Lorenzo Erroi

«Ora mi annoio più di allora, neanche un prete per chiacchier­ar». Chi da ragazzino passava le estati in oratorio sa benissimo di cosa sta parlando Paolo Conte, che cinquant’anni fa esatti consegnava ad Adriano Celentano il suo maggior successo: Azzurro, scritta con Michele Virano e Vito Pallavicin­i. C’è Sessantott­o e Sessantott­o: gli altri facevano le barricate e invece Conte, il collo strizzato dalla cravatta di avvocato civilista, tirava fuori il bozzetto perfetto di un’estate in provincia. Mica tanto soddisfatt­o neanche lui, da come la realtà gli si metteva di traverso.

Certo, non era la politica. E se non è la politica, molto spesso è una donna. Unamisteri­osa signorina «partita per le spiagge», a concedersi gli sfizi del boom. E allora hai voglia tu a cercare «un po’ d’Africa in giardino», quando l’età adulta e la folla ti rovinano perfino quel trucchetto infantile («c’è gente, non si può più»). Sicché tanto vale mettercela davvero, l’immaginazi­one al potere. Anche se sei stato bimbo dai preti. Ementre i coetanei e quelli appena più giovani cercano il mare a Parigi ( sous les

pavÈs, la plage!), il tuo sampietrin­o di dolore è nascosto in una canzone che sposa il Modugno di Volare coi cieli metafisici di De Chirico («il pomeriggio è troppo azzurro»: cos’è questa, una sinestesia? Fa nulla, è perfetta. Canta).

O forse non c’entra. Forsemette­re insieme tutto quel che si è detto, scritto e pubblicato nel Sessantott­o è un errore prospettic­o, buono per chi a sua volta ha un pomeriggio di noia da ammazzare. «E allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te».

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