Davide Bomben
Un ranger per Nonna Africa e un paradiso da difendere
Hala risata tonante e la stazza possente, Davide Bomben, africano per amore, torinese per l'anagrafe. «Quando sto in Europa mi manca tutto, quando sto in Africamimanca solo la pizza». Tutto è diventato chiaro da adolescente, ma il seme era già stato piantato molto prima. «Da quando ho 3 anni mio padre mi ha regalato un viaggio africano all'anno. Lui è il fondatore di un importante tour operator specializzatoper l'Africaemi portavaconsÈper sperimentare i posti nuovi. Era l'avventura, la scoperta, perme è diventata la vita vera. Quando ero a casa tutto mi sembrava noioso e prevedibile».
A tu per tu con la natura
L'incontro che gli ha cambiato la vita è avvenuto a 12 anni, nello Zimbabwe, in un orfanotrofio per rinoceronti. «Ci hanno permesso di accarezzare una rinocerontessa di due tonnellate. All'epoca io ero piuttosto minuto e ho allungato la manina per grattarle la pancia. Dopo un po' lei si è mossa, si è alzata e fissandomi ha fatto per incamminarsi; io ero pietrificato, convinto chemi avrebbe schiacciato e che quindi era giunta la mia ora. La rinocerontessa ha fatto un giro intorno a me e poi si è adagiata a terra, appoggiando molto dolcemente l'altro fianco alla miamano, come per chiedermi di continuare... Non so se avete mai sentito com'è la pancia di un rinoceronte, ma io per tutto il giorno poi non sono più riuscito a parlare».
Quella sera a cena Davide ha ripreso la parola e ha annunciato a suo padre che voleva diventare un ranger. Il padre gli ha fatto solo una domanda: sei sicuro di voler studiare molto e imparare a usare le armi? AltrochÈ. Il ranger, mi spiega Davide, non è solo una guida naturalistica, ma è difensore
delle specie animali attaccatedaibracconieri. «Nei grandi parchi africani ogni giorno si combatte una guerra che pochi conoscono. » una guerra fatta di imboscate e agguati per arrestare i bracconieri che uccidono, mutilano e avvelenano. Contro di loro si batte un piccolo gruppo di uomini, i ranger, che passano i giorni e le notti nella savana cercando di fermarli. Io sono uno di loro». Poi aggiunge che però non è questa la guerra più efficace per combattere il bracconaggio. «Bisogna farla, ma la soluzione vera è la guerra alla povertà. Il bracconiere è uno che vede i suoi figli morire di fame. Non lo convinci a cambiare mestiere parlandogli dei diritti degli animali, perchÈunaltromestiere lui nonce l'ha. Ameno che...».
È tutto un mondo
A meno che l'Africa non diventi come nei sogni di Bomben: un luogo di turismo, con tanto lavoro per la gente locale. Allora sì chenascerà il valoreper l'animale vivo e che sarà più conveniente fare il meccanico, il cameriere, il ristoratore, la guida turistica. «InAfrica c'è il paradiso. Ci sono paesaggi, tramonti, animali che da altre parti non esistono e che danno un'emozione che altrove è impossibile provare. InAfrica non scopri unpaesesolo, ma lanatura tuttaintera: c'è il deserto caldo più grande del pianeta, ci sono popolazioni che non hanno quasimai visto uno straniero e che ti accolgono con generosità; ci sono più stelle che da noi e il buio di notte è perfetto, così che l'unica cosa che ti stanca durante il viaggio sono le emozioni». Ma l'Africa non è facile da scoprire da soli. Nonci sono cartelli o libri che ti indicano dove trovare l'elefante che si abbevera quella sera, o a che ora è più bello guardare quellamontagna, o come approcciare tale tribù... « Andarci con una guida significa fare davvero un viaggio esperienziale, in cui senti l'aria, il vento, il caldo in un altro modo; in cui esci dalla tua comfort zone, vai lontano da tutto ma vicino a te stesso. In cui vedi i nove cambiamenti di colore del deserto al giorno. In cui capisci il paese in cui sei. Per me in Africa devi andarci con qualcuno che la conosce; se vai con un autoctono non si limiterà a mostrarti le cose, ma te le spiegherà; ti spiega perchÈ il leone ruggisce in un certo modo, o perchÈ quel branco di elefanti si è spostato, ti farà incontrare la gente del posto...».
Il ritmo del cuore
Quando Bomben è a Torino, scrive libri sull'Africa; ne ha già pubblicati una quindicina. «Stare in Africa significa vivere a ritmo del cuore», conclude. «Il mal d'Africa è che ci pensi sempre; è che quando sei nel traffico e alzando la testa vedi i piccioni in volo, a te sembrano uno stormo di ibis sacri; è che quando sei sotto la doccia, per un attimo, il suono dell'acqua che ti scroscia addossa ti porta alle cascate... L'Africa è come lanonna, noncipuoi stare sempre, però quando entri a casa sua ti sembra che il mondo da esplorare sia un po' più grande».