laRegione - Ticino 7

Amanda Pizzagalli

Unamission­aria a capo di un’azienda

- Di Sara Rossi Guidicelli

Non so se sia stato più emozionant­e vedere come mi guardava mia madre mentremi battezzavo oppure guardare lei mentre si battezzava. Amanda Pizzagalli, cresciuta fino ai 20 anni come cattolica, ha scoperto per caso la religionep­rotestante evangelica e si è convertita; prima lei, poi sua madre. Pensava che volessi intervista­rla solo sul suo percorso da apprendist­a a direttrice di una ditta di pavimentaz­ioni e si sorprende che invecemi interessi anche il suopercors­oreligioso.

Ma è difficile scindere l’uno dall’altro, perchÈ Amanda Pizzagalli comincia a parlare di sÈ stessa così: «Lavoro per Cogesa dal 2006, anche se nel mezzo sono partita 3 anni a studiare tedesco; l’anno scorso ho preso la posizione di presidente del Consiglio di amministra­zione. Come fanno sempre le donne, all’inizio pensavo di rifiutare perchÈ non mi sentivo all’altezza... Poi però ho pregato molto e il Signore mi ha detto che era la cosa giusta e che mi avrebbe guidata. Così ho sentito che non portavo tutto il fardello da sola sulle mie spalle e ho accettato. Nella mia vita accade proprio questo: arrivo fino a un certo punto, poi quando sono giunta sulla soglia delmio limite, arrivaLui».

Percorso religioso

Dopo un’infanzia segnata da un’educazione cattolica, è seguita l’adolescenz­a e come accadeamol­ti ancheAmand­a si è allontanat­a dalla Chiesa. Per caso poi un giorno ha accompagna­to una cugina a un culto evangelico. «Non ne avevo nessuna voglia, ma ha insistito e allora ci sonoandata. Sonoentrat­anel tempio e mi ha colpita subito il modo spontaneo di pregare e di stare insieme. Io ero credente perchÈ me lo avevano insegnato, ma non avevo nessun dialogo con il Signore. Lì ho visto persone che vivevano davvero quello che stavano

facendo, e quello che stavano facendo era cercare Dio. La mia vera fede è cominciata lì, era arrivato il miomomento; dopo un annomi sono battezzata di nuovo, questa volta con consapevol­ezza». Era il 2010, aveva21 anni.

I suoi genitori hanno accettato la conversion­e della figlia e dopo qualche tempo la mamma e la sorella l’hanno seguita: «Ora mia madre organizza eventi benefici per raccoglier­e fondi e acquistare beni primari destinati alle persone che non ce la fanno ad arrivare a fine mese, e mia sorella è una sua grande aiutante».

Da un culto all’altro

I protestant­i evangelici, mi spiega, hanno la stessa fede dei cattolici, ma hanno un rapporto diverso con le figure ecclesiast­iche e hanno i pastori che si sposano. Durante il culto si canta molto e si suona; chiunque può dire: «Ho portato una canzone» oppure «ho una parola da dire». Il luogo è un grande salone con il posto per il culto, una saletta con unamaestra che tiene i bambini durante la funzione, la cucina e i bagni. La loro comunità, basata a Lugano, ha una coppia di sposi che la guida. «» come se avessimoun­pastoreeun­apastora, cioè una famiglia che conduce il culto e tiene unito il gregge. Ci vuole l’uomo per l’equilibrio e la donna per la tenerezza. Secondo noi una coppia con figli è l’ideale per capire tutti i problemi di ogni membro».

La vita ha più senso

Amanda è diventata responsabi­le del Gruppo Giovani, che all’inizio consisteva in quattro persone. «Ho iniziato a studiare teologia anche per questo: volevo capire come attirare i giovani alla fede, mostrare loro che se sei credente tutto il creato è pieno di senso. Ho l’impression­e che nei Paesi più benestanti ci sia meno spirituali­tà, come se i soldi potessero davvero dare il benessere. Ma il soldo è un ottimo servo e un pessimo padrone». Amanda ha organizzat­o il culto del venerdì, dedicato ai ragazzi, in cui si prega e si parla di paure, di sogni, di fede e delle difficoltà della vita. Si legge il Libro come un testo spirituale, ma anche come un manuale pratico di vita. Si va in viaggio missionari­o. « Adesso siamo 30 ragazzi», annuncia.

Mentre lavorava, prima di diventare direttrice, Amanda aveva fatto la maturità serale e poi si era iscritta a Teologia all’Università di Como. Ora ha da poco concluso la sua tesi, in cui racconta dei duecento Locarnesi riformati che nel 1555 dovettero fuggire in esilio verso Zurigo, perchÈ in Ticino le famiglie protestant­i venivano perseguita­te. In questo inizio di primavera è stata a Gerusalemm­e e lì ha cercato di non sentire i mercanti della Via Dolorosa, quelli cheda ogni parte cercanodi venderti una croce, una boccetta di acqua santa, una kippah, una mano di Fatima. « Avevamo una guida che ha preso la chitarra e ha cominciato a suonare. Abbiamo percorso tutta la strada cantando. Era una metafora della vita. Attraversa la vita cantando e per te sarà più facile».

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