Altri doppi sensi. Ho ancora capito male? (parte 2)
A grande richiesta e dando seguito a quanto pubblicato un paio di settimane fa, ecco una nuova manciata di brani dai testi ‘erroneamente compresi’. Attenzione: l’articolo presenta (naturalmente) contenuti espliciti. Fate voi...
Ben prima del Cavaliere, l'Italia è sempre stata terra di fraintendimenti. Anche in musica, sin dai tempi di Papaveri e papere (Sanremo 1952) riferita – si disse – agli alti papaveri democristiani. I doppi sensi, spesso floreali, spesso sessuali, spuntano proprio in quegli anni: è del 1953 La Pansé, marcetta dalla richiesta insistente («Me la dai? Me la dai? Me la dai la tua pansÈ?).
Quello spirito goliardico rivivrà, swingato, nell'Arbore de Il clarinetto («Strumento un po' particolare che ha bisogno di accompagnamento»). Con la censura capace di porre i sigilli a
E lucevan le stelle, rea di contenere «le belle forme» di Tosca, e Resta cu’mme’ di Modugno («Nun me ' mporta d'o passato, nunme 'mporta 'e chi t'avuto», un affronto alla verginità), come non ricorrere al doppio senso in
Finché la barca va per narrare di chi si faceva andare bene «un fidanzato di Cantù», ma «voleva averne uno anche in Cina »?
Imperatori e imperativi
Premesso che i complottisti vedono allusioni sessuali in tutto – anche in Grande, grande, grande di Mina – imperatrice del doppio senso è Rettore, il suo scettro è il Kobra («Nobile servo che vive in prigione»). Imperatore è invece Cristiano Malgioglio: nata in Tunisia da fatti realmente accaduti, Gelato al cioccolato è storia d'amore «omo» fattacantareadartista «etero». Al bravo Malgioglio si devono anche l'imperativo Sbucciami («Qui, senza te, io sbatto in aria i miei cioè») e, in piena esplosione femminista, Ho fatto l’amore con me, cantata (?) da Amanda Lear («Domani sera cerco te, giorni feriali voglio me»). Di altro autore, lampi dell'arte di arrangiarsi appaiono nell'altro imperativo Comprami, cantato (?) da Viola Valentino («Se non sai andare lontano dove non ti porta la mano»).
Tra il dichiarato e il sottinteso vi sono la canzone poliamorosa Pensiero stupendo, dove a scrivere di un mÈnage a trois per Patty Pravo è Ivano Fossati, e un paio di opere dal finale imprevedibile: con classe e accento italo-americano, la sorpresa è cantata nel 1977 da Fabio Concato in A Dean Martin («Quanto pelo hai sul petto, ora che ti guardo meglio sembri proprio un ometto»); un anno dopo, Renato Zero cadrà dal fico in Sbattiamoci («Non potevi dirmelo, anche tu, che ti chiami Massimo? » uno scherzo pessimo»).
Gingilli rock
Se in Whole lotta love i gemiti di Robert Plant dei Led Zeppelin dicono tutto, gli AC/ DC dicono e non dicono in Girls got rhythm («Le ragazze hanno il ritmo»): ma non quello dellamusica, bensì il «backseat rhythm», il ritmo dei sedili di dietro... Nel 1972 Chuck Berry cantava My ding- a-ling («Il mio gingillo»); gingillo che per George Formby, nel 1933, eraunukulele da tenere in mano («With my little ukulele in my hand», la Decca impose un nuovo testo); in Rosie di Jackson Browne (1977), il gingillo è quello di un fonico che ci prova con una tizia, che però sceglierà il batterista; così, al fonico, non resterà che immaginarla.
Negli anni Duemila l'importanza della mano verrà celebrata in Touch of my hand di Britney Spears (2003), ma quando il mondo avrà già osannato Cindy Lauper, che nel 1983 in She bops confutava, una volta per tutte, il tema della cecità.