SETTE TRACCE ’NON COMPRESE‘
1. In your house
(da Seventeen Seconds; 1980). Il freddo incedere in un mondo parallelo, nell'altra casa in cui si può nuotare, vivere altre vite, confondersi con altre persone estraniandosi dalla propria. Cambia tutto quando si esce da sÈ, per sempre.
2. Charlotte Sometimes
(singolo; 1981). Incredibilmente (o per fortuna) mai finita in un lp. Sogno o incubo, voci che riecheggiano, visi che scompaiono e tornano. E lei, Charlotte. Quando tutto cade, quando tutto cambia. Charlotte a volte, ma sempre.
3. Catch
(da Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me; 1987). Il concetto di ‘canzone pop ma signori miei con quanto stile' in tre minuti spaccati. L'inarrivabile Principessa, l'angelo che cade dal cielo e il tentativo di afferrarla, prenderla, amarla, ancor prima di sapere il suo nome.
4. Prayers for Rain
(da Disintegration; 1989). La sofferenza dell'abbandono, la colpa autoinflitta di una mancanza che si fa ogni giorno più insopportabile. Il bisogno della pioggia purificatrice, per scacciare fantasmi e sconforto. La catarsi di una storia (in)finita.
5. A Letter to Elise
(daWish; 1992). La tipica canzone d'amore con una struttura insolita per i Cure, radiofonica come poche, ma quante lacrime, prima dello straziante assolo, al «ho lasciato andare via il sogno, e rotto la promessa di cui ci eravamo illusi».
6. Club America
(daWild Mood Swings; 1996). Testo senza senso e una voce impostata un po' da crooner, da gigione che si diverte a far saltare il pubblico nella tournÈe più fallimentare del disco meno venduto. Eppure che capolavoro, che pezzo trascinante.
7. Bloodflowers
(da Bloodflowers; 2000). Il ritorno ai fiori del male di Disintegration e al dark degli anni '80. La nevicata soave di petali che grondano sofferenza, di «fiori che non muoiono mai», di fiori d'amore e fiori di sangue, di fiori eterni.