Libere associazioni
«Prendevo appuntamenti per fare la ceretta, prenotavo SPA che offrivano trattamenti infrarossi e pulizia del viso e lavaggio del colon»
«Il letargo, un anestetico, un posto ben nascosto»: a tutti nella vita capita di attraversare dei momenti in cui ci si vorrebbe lasciare andare a una lunga quiescenza, ben rappresentata dalla triade iniziale di Cesare Pavese. La giovane protagonista di Il mio anno di riposo e oblio prova a farlo per davvero in un tragicomico tentativo di ibernazione narcotica. Stanca di affrontare la propria vita e le sue conseguenze, con l’intento di rigenerarsi per tornare all’esistenza decide di chiudersi in casa e dormire il più possibile per un anno. Ad un certo punto, però, il mix di farmaci che assume per sedarsi inizia a provocarle dei blackout e la tranquillità spensierata del sonno viene sostituita da una «sorprendente ribellione subliminale» che la porta – in una sorta di stato sonnambolico – a fare cose che sabotano il suo piano di alienazione. Allontanarsi da sè è anche l’atteggiamento esistenziale di BoJack Horseman, il cavallo antropomorfo al centro dell’omonima serie animata. Ex star della TV degli anni Novanta con l’ossessione per le vecchie puntate della pacchiana sitcomche lo aveva reso celebre, rimpiange il successo ormai tramontato e per colmare il suo vuoto interiore ingerisce quantitativi industriali di cibo spazzatura e sostanze psicotrope. «Non mettere nel libro che uso tranquillanti da cavallo, ah-ah. Uso solo piccole dosi per dormire la notte e una dose molto molto più pesante per superare la giornata», dice alla ghostwriter a cui affida la sua biografia provando ad amputarne le parti più scomode.